Ogni festival cinematografico ha il suo cult, ovvero il film che – per i motivi più svariati – colpisce l’immaginario degli spettatori e s’impone nella memoria, indipendentemente dalle sue qualità artistiche. La Mostra del Cinema di Venezia ci ha abituati a cult pregevoli (basti pensare a Killer Joe, Locke, Anomalisa e persino Spring Breakers), ma non è necessario che l’opera sia del tutto convincente per acquisire una fama “di culto”. Presentato ieri sera nel Concorso Ufficiale, La región salvaje di Amat Escalante (premio per la Miglior Regia a Cannes 2013 con Heli) è un film bizzarro e imperfetto, certamente discutibile, ma che merita di essere visto per il suo coraggio nell’amalgamare registri diversi e per lasciarsi piacevolmente scioccare dalle sue immagini più spiazzanti. Vediamo cosa dice la sinossi ufficiale, utile per introdurci nell’incubo fanta-erotico del regista messicano:
Alejandra, giovane madre lavoratrice, cresce due figli insieme al marito, Ángel, in una piccola città messicana. Suo fratello Fabian è infermiere nell’ospedale del luogo. La loro vita di provincia è sconvolta dall’arrivo della misteriosa Veronica. Sesso e amore possono essere molto fragili in talune regioni in cui esistono forti valori familiari, ipocrisia, omofobia e maschilismo. Veronica convince queste persone che nel vicino bosco, in una capanna isolata, c’è qualcosa che non appartiene al mondo terrestre e che potrebbe essere la risposta ai loro problemi. Qualcosa alla cui forza essi non sanno resistere e che devono subire per non scatenarne l’ira.
Questo riassunto cita la presenza di un’entità extraterrestre, e non ha torto: già nella prima inquadratura, La región salvaje mostra un asteroide sospeso nello spazio, e poi stacca sul corpo nudo di una giovane donna in preda all’orgasmo, sul materasso di una stanza lurida. L’inquadratura si allarga, e vediamo l’estremità di un tentacolo che si ritrae dal sesso della donna, la cui condizione è esausta ma quasi estatica. L’elemento fanta-horror desta subito molte domande, soprattutto perché Escalante lo relega sullo sfondo, dipanando una trama enigmatica che intreccia omofobia e inquietudine: il cineasta gioca sugli spazi claustrofobici delle abitazioni e sull’atmosfera opprimente della foresta, insidiosa e mefitica come la Zona di Stalker o l’area infetta di Monsters. La “creatura”, però, torna a palesarsi nel corso del film, ed Escalante svela per gradi sia il suo aspetto sia il suo legame con gli umani, impostato sulla ricerca del piacere: il mostro intrattiene rapporti sessuali con gli uomini e le donne che si presentano nel suo nascondiglio, regalando amplessi di straordinaria purezza. Non è certo un caso che sia un alieno tentacolare, carnoso e rosaceo, pieno di connotazioni sessuali come lo xenomorfo di H.R. Giger. Ovviamente ricopre una funzione metaforica, come spiega il regista nelle sue note:
Alla storia ho aggiunto l’aspetto fantastico/ horror di una “creatura” per dare una rappresentazione simbolica dell’ambigua complessità dell’Es, fonte delle nostre necessità corporali, delle nostre esigenze, desideri e impulsi, soprattutto delle nostre pulsioni sessuali e aggressive.
Nella teoria psicanalitica di Freud, l’Es “rappresenta la voce della natura nell’animo dell’uomo”, e contiene le pulsioni erotiche, aggressive e autodistruttive che incarnano l’eredità dei nostri istinti ancestrali. Spesso li seguiamo a nostro discapito, e infatti i protagonisti di La región salvaje si concedono al mostro nonostante i rischi connessi a questo rapporto: chi resiste alle spinte dell’inconscio (ovvero, al desiderio della creatura) ne esce distrutto, abbandonato e solo. Il mostro, insomma, uccide chiunque gli si opponga, perché l’Es è una forza inevitabile e “scandalosa” con cui dobbiamo fare i conti (d’altra parte, per Freud l’istinto sessuale è una delle fonti primarie dell’energia psichica, quindi non si può farne a meno).
La visione del corpo di una donna avviluppato dalle spire della creatura, impegnati in un amplesso inter-specie, ha un potere di suggestione che supera anche le inevitabili ironie, e non è affatto comune nel cinema fanta-horror: la carica erotica dell’alieno è solitamente confinata entro involucri umanoidi e attraenti (come in Specie mortale e Under the Skin), mentre la metamorfosi mostruosa coincide con la minaccia, l’aggressione e la prevaricazione. Qui il discorso è interamente diverso, poiché il magnetismo dell’alieno si risolve nel piacere che offre, ed è così appetibile da superare persino il disgusto per il suo aspetto esteriore. La ricerca del piacere è una foga che sfocia nell’ossessione, nel masochismo e nell’auto-annullamento. Non c’è dubbio che Escalante veda in Possession un modello fondamentale, anche se La región salvaje resta lontanissimo dal capolavoro di Żuławski: il regista messicano costruisce una storia che vorrebbe essere enigmatica ma risulta per lo più confusa, faticando moltissimo per evidenziare i temi che gli stanno a cuore, in particolare la misoginia e l’omofobia endemiche a questo contesto sociale. L’epilogo brusco e frettoloso non gioca a suo favore, anche se la centralità simbolica del mostro è sufficiente per consigliarne la visione: siamo di fronte a uno scult, più che a un vero e proprio cult, ma l’audacia di Escalante e gli shock che ne conseguono meritano la giusta attenzione, oltre che una sana – magari un po’ sarcastica – discussione tra appassionati.
La región salvaje è stato presentato in Concorso alla 73ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
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