SerieTV ScreenWEEK Originals Recensioni The Doc(Manhattan) is in
Tutto sembrava mettersi contro il povero Philip DeGuere, facendolo passare per un copione e un irresponsabile. Eppure le cose non erano andate così. Benvenuti nel mondo de I ragazzi del computer (The Whiz Kids), l’ennesima serie sfigata ma in fondo bellissima (forse) di cui si occupa questa rubrica, dopo Capitan Power, Street Hawk, Manimal e Automan. Ma chi erano questi ragazzi del computer? Che volevano? E perché in tanti li odiavano e consideravano pericolosi?
Quando I ragazzi del computer debutta sulla CBS, è l’ottobre dell’83. Philip DeGuere stava lavorando da due anni a una serie incentrata su dei giovani hacker, perché il computer era il futuro e tutto il mondo degli sforna-entertainment ci si stava buttando a pesce. DeGuere convince la CBS a mollargli due milioni di dollari per girare il pilota, ingaggia dei consulenti tecnici, fa cose, vede gente. Motivatissimo. Poi però succede questo:
Solo qualche mese prima della messa in onda, arriva al cinema WarGames. E una serie TV con gli stessi temi che segue a ruota dopo una manciata di settimane viene marchiata immediatamente come clone televisivo scrauso. I ragazzi del computer parla di una banda di ragazzini di un sobborgo nei pressi di Los Angeles. Richie Adler è un supergenietto dell’informatica e con vari componenti assembla il computer Ralf. Una macchina senziente con riconoscimento facciale, sintesi vocale e probabilmente un’IA talmente evoluta da rispondere a ogni quesito dell’umanità, compreso il vero motivo per cui esistono le zanzare. Richie, Ralf e gli amici dell’occhialuto smanettone, Ham, Alice e Jeremy, risolvono tutta una serie di casi di frodi e crimini assortiti, perlopiù contro il patrimonio, infiltrandosi in banche dati e sistemi informatici privati e governativi. In pratica aiutano la legge violando la legge. Ma, più che altro, danno da mangiare a un giornalista e un poliziotto incapaci che campano sulle loro scoperte.
Buona parte di quanto si vede è pura fantasia, chiaramente, anche se la presenza di così tanti computer dell’epoca (dall’Apple II a un Commodore Pet) negli episodi ha reso la serie di culto per tutto un popolo di ingegneri e appassionati di informatica. Per i giovani spettatori dell’epoca, I ragazzi del computer fa sognare esattamente come WarGames. E senza la paura di diventare vapore perché quello stronzetto egoista e pasticcione voleva far colpo su una tipa. Richie e gli altri sono dei piccoli precursori di Jessica Fletcher che non portano sfiga, una Scooby-Gang che truffatori e malandrini li smaschera digitando su una tastiera, campioni di una generazione che dal computer vuole e pretende il suo futuro fantascientifico a lungo promesso. E lo vuole ora e subito.
Nei panni di Richie un Matthew Laborteaux che, teletrasportato dalla Casa nella prateria, diventa un idolo delle ragazzine e spopola sulle riviste pensate per quel target. Il collega Todd Porter (Ham), lo segue a ruota. Insomma, piacciono, questi Whiz Kids, un po’ a tutti. A tutti i coetanei, cioè, non agli adulti. La serie viene infatti stroncata dalla critica: la stampa la definisce “disturbante” e “pericolosa”, perché l’idea che questi “giovani criminali” si intrufolino nei sistemi degli enti governativi faceva più paura di una guerra termonucleare scatenata da una partita a un videogioco, a quanto pare.
DeGuere provò a giustificarsi, sostenendo che una produzione con dei ragazzi come protagonisti non doveva essere per forza una roba educativa o diversa da uno dei tanti telefilm d’azione del periodo: “Non penso che un teenager venga più influenzato dal Matthew Broderick di WarGames che dal Tom Selleck di Magnum P.I.“. Beh, baffi a parte.
In questa guerra generazionale Adulti VS Ragazzini, nello scontro in cui le pistolettate vanno bene ma i computer no, sono pericolosi, gli ascolti non vanno benissimo, nonostante il cross-over con Simon & Simon (altra serie prodotta da DeGuere) alla terza puntata. Risultato: la CBS tira giù la saracinesca in anticipo, al 18° episodio, e tutti a casa. La stampa allarmista e preoccupata ha vinto… e sarebbe stata giustamente punita, di lì a poco, con 12 anni di Signora in giallo. “Ridateci Richie Adler, vi prego!!!”, avrebbero supplicato, pentiti, gli stolti.
Troppo tardi, stronzi.
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