Scimmia ne abbiamo per la serie Obi-Wan Kenobi, dopo il teaser di ieri? Qui tanta. Di dimensioni planetarie. Quello che non tutti sanno però di Obi-Wan Kenobi, il primo maestro jedi di Luke Skywalker, l’uomo che ha deciso di fare l’eremita su Tatooine celandosi dietro un nome finto a prova di bomba (Ben Kenobi), è che – come del resto la stessa saga di Star Wars – questo personaggio ha delle origini giapponesi.
È piuttosto noto che tra le molteplici fonti di ispirazione a cui George Lucas ha attinto per creare Star Wars, oltre a Dune di Herbert, a Flash Gordon, Lawrence d’Arabia e a tanto altro, ci fossero anche i film di samurai di Akira Kurosawa. Uno, in particolare: una pellicola del 1958 intitolata La fortezza nascosta (Kakushi-toride no san-akunin, “I tre malvagi della fortezza nascosta”).
I punti di contatto sono tanti, dalle transizioni a tendina orizzontale tra una scena e l’altra a diversi aspetti della trama. Lo stesso Lucas ha dichiarato in più interviste di aver ripreso da Kurosawa il senso di “realtà”, ottenuto aggiungendo dettagli e sporcando il mondo in cui ambienti la tua storia, e nello specifico da La fortezza nascosta soprattutto la prospettiva, il punto di vista. Una storia di guerra raccontata attraverso i suoi due protagonisti più umili: i contadini Tahei e Matashichi nel film di Kurosawa, i due droidi, R2-D2 e C-3PO, in Episodio IV.
Ma ci sono anche una principessa impavida a capo di una ribellione (la Yuki di Misa Uehara) e un eremita che vive tra le montagne e sembra anche lui una figura umile. Finché non si scopre che in realtà è un potente samurai reduce da tante battaglie: il generale Rokurota Makabe, interpretato da Toshiro Mifune.
È proprio Makabe l’origine di Obi-Wan, e la cosa è ancora più evidente nel primo trattamento di Star Wars, scritto da Lucas nel ’73. Lì il protagonista della storia è il “generale Luke Skywalker”. Una modifica dopo l’altra, però, arrivati al ’75 Luke ha cambiato cognome (prendendo provvisoriamente quello di Starkiller) e perso i gradi.
La figura del generale Makabe viene assorbita allora da un altro personaggio, il vecchio mentore, Obi-Wan Kenobi. E a chi vuole affidare questo ruolo, George Lucas? Ovviamente all’ex Rokurota Makabe, la star nipponica Toshiro Mifune…
Già: Mifune, il “De Niro di Kurosawa”, apparso in ben sedici film del regista – qui sopra lo vediamo nel celebre La sfida del samurai (Yōjinbō), la pellicola che indirettamente ha dato vita a tutto il filone degli spaghetti western – rifiuta. Sette anni fa, in un evento tenutosi a Tokyo, a svelare i dettagli di quel no è stata la figlia di Mifune, Mika. Suo padre, che ai tempi aveva poco meno di sessant’anni, non ha preso in considerazione il ruolo di Obi-Wan perché pensava che si trattasse di una produzione di bassa lega, che avrebbe annacquato, in salsa fantascientifica, l’immagine del samurai.
Mifune, va ricordato, non era il solo a non credere in Star Wars. Si fa prima in realtà a contare chi avesse fiducia nella pellicola di Lucas.
George e i suoi camicioni a quadri si rivolgono allora all’inglese Sir Alec Guinness, che accetta. Controvoglia pure lui. Guinness, che è un attore navigato, definisce Star Wars “una stupida favoletta”, e sale a bordo solo perché gli offrono tanti soldi e lo dispensano dall’andare in giro a promuovere il film. Tanto sarà un flop, no? Chi mai lo andrà a vedere?
Il film epocale che ne viene fuori rende Guinness ricchissimo, grazie al 2,25% garantitogli dal contratto sulla percentuale di Lucas sugli incassi (il che vuol dire che lo 0,45% di tutti i soldi portati a casa da Star Wars è andato a Guinness), ma l’attore non è mai stato particolarmente affezionato al suo Obi-Wan, diciamo così.
L’Obi-Wan Kenobi di Guinness, a ben vedere, comunque conserva una testimonianza delle sue radici giapponesi. Quello che sembra un completo da frate, quel look da Padre Maronno, ha quegli strati di stoffa che gli si chiudono sul petto come un kimono perché dichiaratamente ispirato agli abiti di Kambei (Takashi Shimura) ne I sette samurai di Kurosawa. La cosa è piuttosto palese anche nei concept art di Ralph McQuarrie del ’75, come quello qui sopra.
E parlando di McQuarrie: il signor Kenobi non è l’unico personaggio di Star Wars ad essere andato a fare shopping nel Sol Levante. Darth Vader, ha infatti in testa un casco ispirato a quello di un samurai realmente esistito.
McQuarrie lo basò sull’elmo (kabuto) di un celebre daimyo vissuto a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, Date Masamune. Il feroce samurai chiamato “Dokuganryu”, il drago con un occhio solo (perché gli mancava quello destro). Un personaggio cazzutissimo, per dar vita a uno dei cattivi più celebri e amati della storia del cinema. Mi sembra giusto.