Coco – Pixar supera sé stessa nella sua migliore prova – La Recensione (NO Spoiler)

Coco – Pixar supera sé stessa nella sua migliore prova – La Recensione (NO Spoiler)

Di Andrea Suatoni

Negli anni Pixar ci ha regalato dei capolavori assoluti, elevando la cinematografia d’animazione a livelli che non avremmo mai pensato e riempiendo i cinema di adulti sognanti – ma non in modo nostalgico – e di bambini in totale adorazione. Quasi tutte le pellicole della casa di John Lasseter sono diventate dei cult e molte sono state premiate con l’Oscar, sia prima che dopo il connubio con Disney; da Toy Story a Monster & Co. passando per Alla Ricerca di NemoWALL•E  fino a Brave ed Inside Out. Quest’anno, il 28 Dicembre segnerà un altro traguardo storico: Coco si profila infatti probabilmente come la punta di diamante della Pixar, un’esplosione di colori, musica ed emozioni che lo spettatore non dimenticherà a lungo.

IL DIA DE LOS MUERTOS

Se in patria nostrana il concetto di tradizione non è particolarmente sentito, Coco vuole ricordarci che in altre parti del mondo ancora oggi tutto si fonda invece su di esso. Tradizione vuole quindi che nel giorno del Dia del Los Muertos ai morti sia concesso di varcare le soglie dell’aldilà e visitare i loro cari in vita e di godere delle loro offerte; requisito è la presenza del defunto in almeno una foto votiva opportunamente collocata dai parenti in vita, la cui mancanza apre la strada ad un destino peggiore della morte: essere dimenticati, e quindi sparire totalmente dall’esistenza, sia terrena che ultraterrena.
La storia di Miguel inizia qui, quando le porte fra i due regni sono aperte: in contrasto con una famiglia che non approva il suo sogno di fare musica e con la musica in aperta lotta da generazioni, fin da quando la madre della vecchissima bisnonna Coco venne abbandonata da un misterioso musicista in cerca di fortuna, Miguel inizierà un fortuito viaggio che lo porterà di fronte a tutti i suoi cari defunti, scoprendo segreti, tradimenti ed imparando un po’ di più sia sulla propria famiglia che su sé stesso.

THE NEXT LEVEL

I plurimi strati della doppia lettura, fisiologici e sempre intelligenti nei film Pixar, arrivano stavolta a toccare vette inedite: Coco si rivolge ai ragazzi ed agli adulti con diversi tipi di messaggi, esprimendo diversi tipi di morale. Possiamo leggere infatti nel capolavoro di Lee Unkrich dapprima una critica ai genitori ed alle famiglie che non appoggiano i desideri e le aspirazioni dei loro figli, insieme, di contro, alla spinta (in puro stile La La Land, ma – ci perdonino gli amanti del film di LaChazelle – in maniera molto meno sciocca ed artefatta) a seguire i propri sogni; per poi passare ad una parabola sul significato della morte e del ricordo, al messaggio del peso che la memoria (e la mancanza di questa) comporta, fino all’autodeterminazione personale, al riscatto di sé stessi, alla difficoltà di ammettere i propri errori e molto, molto altro, arrivando a toccare questioni politiche più attuali di quanto si sarebbe pensato (risulta quasi difficile credere che l’idea del film sia nata molto prima del governo Trump). Una serie di concetti forti, ben delineati ed incredibilmente ben veicolati verso coloro a cui ci si vuole riferire, trattati in modo perfetto nei pienissimi e bilanciati 109 minuti della pellicola, che riescono a dare il giusto spazio ad ognuno di essi.

SUONI, COLORI, MEMORIA

Il tutto è condito da una messa in scena trionfalmente piena di colori e visivamente ineccepibile (ma c’era bisogno di dirlo?), che non vuole affatto fare da contraltare ad un tema principale, la morte, che solo in alcune culture è pensato in senso negativo: i colori si sposano con una resa dei personaggi lontanissimi dal retaggio Burtoniano che saremmo culturalmente spinti ad accostare ad un film del genere e con la musica, altra protagonista della pellicola (ma diffidate di chi le affibbia l’etichetta di musical: Coco è molto, molto di più), dirompente, fresca e allegra, composta per l’occasione da un Michael Giacchino al suo meglio.

In una impostazione già rodata ed apprezzata in Inside Out ma resa in modo completamente differente, il ricordo e la memoria giocano un ruolo centrale nell’avventura di Miguel nell’aldilà, un oltretomba che non si divide fra paradisi ed inferni ma che lascia il giudizio finale sulle ambiguità morali ad un livello più profondo e, ironicamente, terreno. Alla capacità della memoria di tenere in vita chi non c’è più viene data una tangibilità vivente – in tutti i sensi – capace di catalizzare allo stesso modo empatia, tenerezza, commozione e ilarità; i personaggi sullo schermo vengono inoltre definiti da un (in via di risoluzione?) conflitto generazionale che punta i piedi a metà fra il rispetto delle proprie radici e la volontà (ed il bisogno) di autoaffermazione ed autodeterminazione. Il viaggio di Miguel, calibrato su una crescita personale dove la metafora dei parenti non-morti abbraccia la riscoperta di valori che non sapeva neanche di possedere, è totalizzante; la memoria è la base del cambiamento, che usando il protagonista come punto di riferimento può riflettersi su tutti gli altri personaggi, arrivando – come già detto – a far riflettere profondamente, tramite quello che in definitiva si presenta come un racconto di formazione adolescenziale, anche adulti già completamente risoluti e presenti a sé stessi.

Ecco la sinossi:

Il protagonista è il dodicenne Miguel, che vive in un villaggio messicano vivace e chiassoso, ma fa parte di una famiglia di calzolai che odiano la musica. Per anni, i Rivera hanno bandito la musica perché convinti di esserne maledetti; il bis-bisnonno di Miguel, infatti, abbandonò la moglie Imelda alcuni decenni fa per seguire i suoi sogni di cantante, lasciando la donna alla guida della produzione dei Rivera, ora molto fiorente. Da quel momento, la famiglia rifiutò qualunque legame con la musica.

Ma Miguel cova il desiderio segreto d’intraprendere la carriera musicale, ispirato dal suo cantante preferito, lo scomparso Ernesto de la Cruz. Quando il ragazzino scopre un’incredibile legame con il suo idolo, comincia a emularlo ed entra accidentalmente nel Regno dei Morti. In un bellissimo e coloratissimo aldilà, Miguel incontra le anime della sua famiglia, tutte molto vivaci, compresa la bis-bisnonna Imelda. Accompagnato da uno spirito scheletrico e imbroglione (ma amichevole) chiamato Hector, il ragazzino ne approfitta per andare in cerca di De La Cruz, cercando di guadagnare la benedizione della sua famiglia e di tornare nel Regno dei Vivi prima che scada il suo tempo.

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