Recensioni SerieTV The Doc(Manhattan) is in
Ci sono Max Pezzali (Elia Nuzzolo) e Mauro Repetto (Matteo Oscar Giuggioli) che cercano di catturare un rospo, di notte, sulle sponde del Ticino, per far sballare un DJ straniero su cui vogliono fare colpo. Basterebbe questo, probabilmente, per far capire che Hanno ucciso l’Uomo Ragno: La leggendaria storia degli 883 – miniserie in otto episodi che partirà su Sky e in streaming su NOW questo venerdì, l’11 ottobre – non è semplicemente un curioso biopic per fan e nostalgici delle canzoni di Pezzali. È innanzitutto la conferma di un fatto: Sydney Sibilia è in grado di farti appassionare a qualsiasi storia, purché a raccontarla siano i suoi protagonisti e questi siano degli eroi improbabilissimi, perennemente in equilibrio precario su una corda sottilissima tesa tra fallimento e trionfo. Abbiamo visto in anteprima tutti gli otto episodi della miniserie, e l’abbiamo trovata divertente. Sì, anche per chi non sa cosa sia la sala giochi Jolly Blu o, per quanto incredibile possa essere la cosa, non abbia mai visto ballare in TV Mauro Repetto.
Dopo i ricercatori precari dell’università lanciatisi nel narcotraffico (la saga di Smetto Quando Voglio), il sogno effimero e naif dell’indipendenza territoriale su una piattaforma in mezzo al mare (L’incredibile storia dell’Isola delle Rose) e un’impresa commerciale basata sulle cassette tarocche (Mixed by Erry), dev’essere venuto piuttosto naturale a Sydney Sibilia raccontare questa storia. Ovvero la quasi altrettanto improbabile vicenda di due ragazzi di Pavia incontratisi grazie a una bocciatura e divenuti protagonisti, per un incredibile mix di caso, fortuna e intuizione, di un fenomeno musicale e mediatico enorme.
Piacciano o meno gli 883, si apprezzi o meno la poetica dell’ordinario di Max Pezzali, si sia condiviso o meno quel percorso pre-cellulari di mamma che s’incazza quando torni a casa troppo tardi e come un ninja fai le scale, è impossibile separare l’Italia del 1992-1993 dagli 883. Un’Italia ancora totalmente analogica e provincialissima, in cui, smanettando con un campionatore su un computer e registrando una cassettina, si poteva finire a ballare in TV con Jovanotti, rappando con dei look discutibili.
Liberamente tratta da DUE autobiografie di Pezzali, Hanno ucciso l’Uomo Ragno è stata sviluppata da Sibilia e Groenlandia per Sky, prodotta insieme a Matteo Rovere, e diretta dallo stesso Sibilia con Alice Filippi e Francesco Ebbasta dei The Jackal.
Elia Nuzzolo, il cui Max Pezzali è anche il narratore della storia, ha una voce praticamente identica a quella del vero Pezzali, il che aiuta immediatamente a superare ogni possibile effetto cosplayer che le prime foto e il trailer della miniserie facevano temere. Giuggioli, invece, non solo balla come, ma si muove come Repetto. C’è stato uno studio, e ha funzionato, perché sembrano proprio loro ringiovaniti di trent’anni.
Ci sono altri personaggi nella storia, in particolare una ragazza, Silvia, praticamente la regina del Celebrità della situazione, interpretata da Ludovica Barbarito; c’è il Cisco (Davide Calgaro) citato nei testi di canzoni come Rotta x casa di Dio e La dura legge del gol, che scopriamo essere una specie di Amico Cinghiale di Zerocalcare, sempre e solo con quella fissazione lì in testa. C’è il comico Edoardo Ferrario nei panni del produttore e occasionalmente maestro di vita Pierpaolo.
Funziona e intrattiene, Hanno ucciso l’Uomo Ragno, oltre che per il mestiere di Sibilia nel raccontare storie improbabili, per le stesse ragioni per cui le canzoni di Pezzali e Repetto spopolarono ai tempi e sono ancora oggi, oltre trent’anni dopo, un pilastro di nostalgia celebrato in tutto lo Stivale dagli ex ragazzini e le ex ragazzine di allora. Perché, in altre parole, non si parla solo di Massimo e Mauro, ma di due ragazzi qualunque. C’è una quantita smodata di scene con il ponte coperto di Pavia sullo sfondo, ma se a quello sostituisci qualcosa della tua città, allora sei tu. Chiunque tu sia, basta che i tuoi giri attorno al Sole sull’astronave Terra abbiano superato quota 40.
Ci si affeziona alle vicende di Max e Mauro non solo perché il primo è un eroe pasticcione e il secondo una forza creativa troppo oltre (ci torniamo subito) per inquadrarla. Ma perché quelle gaffe, quelle situazioni buffe, quegli incroci di amori, amicizie, scazzi e riappacificazioni, quelle storie in cui ti ritrovi protagonista senza capire bene come o perché, sono vita comune un po’ per tutti. Pure se a nessuno di noi è mai capitato, immagino, di farsi una spaghettata nella casa di Fiorello e Sandy Marton invasa da modelle alla ricerca di quest’ultimo.
Gli autori sono stati bravi a dosare quanto realmente accaduto a un pizzico di fantasia, a giocare con i salti temporali, a dare il giusto spazio ai vari protagonisti della vicenda, all’umanità e alle incertezze di due ragazzi con un furgoncino da fioraio catapultati al centro dell’industria musicale nostrana pure se Claudio Cecchetto li considerava bravi ma impresentabili.
L’episodio più moscio di tutto il lotto è l’ultimo, ma probabilmente perché è quello che sottrae Pezzali e Repetto alla loro dimensione di underdog di provincia, di simpatici sfigati convinti che sia impossibile per due come loro arrivare in cima. Il successo è arrivato davvero, come l’onda di un Aquafan pieno di gente, e a questi due ventenni si chiede di fare delle scelte, guardare in faccia il prezzo di quella notorietà improvvisa. La miniserie si chiude piantando lì il germoglio della crisi, i dubbi che porteranno Mauro Repetto, poco dopo, a lasciare tutto e inseguire a modo suo il sogno americano.
Ma se c’è una verità che Hanno ucciso l’Uomo Ragno ristabilisce è che Repetto non era soltanto uno che ballava sul palco. Se gli 883 sono nati, se le loro canzoni sono nate, se a un certo punto in Italia è diventato impossibile accendere una radio o una TV senza sentire le note di quella stramba canzone sull’eroe Marvel accoppato da quelli della mala o da qualche industria di caffè, è anche, forse soprattutto, merito di Mauro Repetto.
E le domande sul suo ruolo che il pubblico si è posto per tanto tempo, e con cui chi lo interpreta s’interroga in questa miniserie, non hanno alla fine importanza. Repetto non era solo uno che scriveva le canzoni, che accompagnava Pezzali, che ballava sul palco e nei video degli 883 prima maniera. Non era solo un autore, un corista o un ballerino:
Era Mauro Repetto. Un Repetto per sempre.
Arriva la prossima settimana su Disney+ un'avventura animata in due parti.
Per festeggiare lo “Stranger Things Day”, Netflix ha diffuso su YouTube i primi minuti della stagione 5.