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Nessuno come James Gunn è riuscito a trasformare un franchise multimilionario in una riunione di famiglia. Il regista di St. Louis, ora capo dei DC studios insieme a Peter Safran, ha interpretato i blockbuster del Marvel Cinematic Universe con lo stesso spirito collaborativo dei film Troma, leggendaria casa di produzione indipendente dove cominciò la sua carriera di regista e sceneggiatore. Anche per questo, la conferenza stampa di Guardiani della Galassia: Vol. 3 ha un sottotesto malinconico: dopo questo tour promozionale, la squadra al completo probabilmente non si riunirà più, o quantomeno non in occasioni ufficiali.
Gunn è qui accompagnato da Chris Pratt (Peter Quill), Karen Gillan (Nebula), Pom Klementieff (Mantis), Sean Gunn (Kraglin), Will Poulter (Adam Warlock), Chukwudi Iwuji (Alto Evoluzionario), Maria Bakalova (voce di Cosmo), dal produttore Kevin Feige e da Nathan Fillion (Master Karja), che modera l’incontro.
Sono passati dodici anni da quando Gunn fu ingaggiato per dirigere il primo film della trilogia, e ora il cineasta ammette che riponeva grandi speranze nella sua opera.
Certo, non credo che avrei potuto sognarlo. Cioè, in realtà avrei potuto. Sarò sincero. Insomma, nutrivo delle speranze. Avevo delle sensazioni molto buone fin dall’inizio. Sentivo che stavamo facendo qualcosa di diverso. Sapete, sentivo che il mondo avesse bisogno di un fantasy spaziale diverso da quelli che avevamo visto prima. Quindi sono rimasto piacevolmente sorpreso quando le mie più grandi speranze si sono avverate. Ma, se pensiamo alla storia che abbiamo raccontato nell’arco di tre film, avevo un’idea di come sarebbe andata fin dall’inizio.
I suoi collaboratori sono diventati anche suoi amici… anzi, una vera e propria famiglia.
Sono stato molto bravo a scritturare persone non stronze. [Ridono tutti] Non solo non-stronze, ma persone realmente positive, compassionevoli, amorevoli, gentili. Mi sono affezionato molto a queste persone. Voglio loro un gran bene. E questo rende l’esperienza di fare film molto più piacevole.
Gunn confessa quindi che, se rivedere i suoi amici del cast non sarà un problema, il discorso cambia quando si parla dei personaggi: ama moltissimo i Guardiani, e si è particolarmente affezionato ad alcuni di essi, soprattutto Rocket. Il fatto che non scriverà più le loro avventure – o almeno “non nel futuro prossimo” – lo rende molto triste.
Il viaggio dei Guardiani è iniziato con Peter Quill, che in Guardiani della Galassia: Vol. 3 ritroviamo distrutto dalla morte di Gamora (e dalla consapevolezza che la “nuova” Gamora venga da un passato in cui non si sono ancora conosciuti, quindi non è innamorata di lui). Chris Pratt ha le idee molto chiare sull’arco narrativo del suo personaggio:
Credo che spesso ci troviamo nelle nostre relazioni, o nelle affiliazioni che abbiamo con una squadra, una famiglia, qualunque cosa sia. E lui è perduto. Quindi, sì, all’inizio stava fuggendo dalla morte di sua madre, ma ha potuto fingere di essere questo personaggio basato sulle icone della cultura pop della sua infanzia a fine anni Ottanta. Quindi se ne andava in giro a ballare, e lì ha trovato sé stesso. Ma era una cavolata, sapete? E poi si è ritrovato con i Guardiani della Galassia. E poi ha pensato di potersi ritrovare in chiunque fosse suo padre. Quindi è uno che cerca perennemente sé stesso. Poi l’ho ritrovato ancora nella sua relazione con Gamora. Così, non appena quella relazione gli viene strappata via, capisce che tutte quelle persone non erano il vero Quill. Quindi si sente perduto. E questo probabilmente significa che è triste.
Anche Nebula attraversa un viaggio molto impegnativo, che cambia la sua personalità e il suo schieramento: all’inizio, non dimentichiamolo, veniva scatenata da Thanos contro i Guardiani. Karen Gillan dice che la morte del Folle Titano è stata un passaggio decisivo:
Credo, sapete, che dopo l’eliminazione di Thanos dalla sua vita lei abbia cominciato a fiorire, ad avere una personalità più luminosa, ed è anche più propensa a mostrare un lato vulnerabile.
L’esperienza con Nebula le ha permesso di capire come ci si sente a essere il capro espiatorio, la figlia meno amata, visto che Gamora era la favorita di Thanos.
Sono figlia unica. Nebula è sempre stata quello [il capro espiatorio, ndr]. Non è mai stata la figlia preferita. È una cosa che non ho mai potuto capire perché sono figlia unica. Quindi, per me è stato interessante esplorare quell’aspetto. Ora nutro molto più rispetto per le persone che hanno vissuto quell’esperienza.
Dal canto suo, Kevin Feige riflette su ciò che differenzia la trilogia dei Guardiani della Galassia dalle altre saghe marvelliane:
Sapete, abbiamo già fatto delle trilogie. Ne abbiamo fatte diverse, in realtà. E stavo pensando, perché questa sembra così diversa? Perché Guardiani è stato il primo film completamente al di fuori del reame. Certo, aveva dei collegamenti con Thanos e le Gemme dell’Infinito. Ma non c’erano gli Avengers. E non stavamo preparando il terreno per la prossima avventura di Tony Stark, o di Capitan America. È stato il nostro tentativo di dire, “Non vogliamo fare solo film di supereroi”. Non vogliamo fare solo film di Iron Man o degli Avengers. Volevamo fare, come James ha detto prima, un grande film spaziale. E ha funzionato in modo pazzesco. Ha funzionato interamente grazie a James Gunn. Quindi la sensazione è che questa trilogia, con James regista e sceneggiatore di tutti i capitoli, rappresenti qualcosa di unico nel pantheon del MCU, e ne sono molto orgoglioso.
Le ambizioni del film, peraltro, riecheggiano nelle dimensioni dei set. Gunn spiega per quale motivo ha voluto usare anche grandi scenografie fisiche, invece di affidarsi solo alla CGI:
Sì, i set sono molto, molto grandi. Ma ci troviamo nello spazio, giusto? Quindi siamo in posti incredibilmente strani. E quando c’è troppa CGI, diventa meno credibile. Mi piace che il cast e la troupe possano trovarsi [fisicamente] sul posto. È fico. E credo inoltre che il risultato sullo schermo sia migliore quando puoi fare tutto il possibile in modo pratico.
Pom Klementieff è grata dell’opportunità di interpretare Mantis, anche perché il suo potere è l’empatia, molto diverso dagli altri.
James mi ha cambiato la vita. Poter interpretare Mantis… lei è empatica, sapete? Quindi devi avere una connessione più profonda con tutto e tutti. È stato bellissimo creare delle emozioni profonde e stratificate. E inoltre ho potuto essere molto bizzarra, che è una cosa molto divertente da fare. Ho sentito dire che mi viene naturale. [Tutti ridono] Adoro interpretare questo personaggio, e sono molto grata a James per avermi dato questa opportunità. E anche per aver lavorato con questi attori incredibili. Credo che i personaggi si completino a vicenda, sapete? Ricordo quando James mi ha detto che Mantis era la colla che teneva insieme i Guardiani, in qualche modo. Credo sia bellissimo, e credo anche che il mondo sia carente di empatia. È un bellissimo messaggio.
A proposito dei poteri di Mantis, Gunn aggiunge:
Credo sia molto fico avere qualcuno il cui potere è l’empatia. I sentimenti, le emozioni sono importanti per Mantis. Siamo molto abituati a questo machismo hardcore maschile, con raggi sparati dalle mani, automobili sollevate e lanciate in aria, pistolettate. Lei invece arriva con le emozioni, ed altrettanto potente, se non di più. È quella che ha quasi sconfitto Thanos, ricordate?
Come gli altri capitoli della saga, anche Guardiani della Galassia: Vol. 3 è infarcito di musica. Gunn è consapevole che, visto il successo delle colonne sonore precedenti, inserire una canzone nel film potrebbe cambiare la vita dei suoi autori, portandoli a un successo persino maggiore rispetto agli inizi. Il processo di scelta dei brani è molto delicato, e va di pari passo con la scrittura:
Quando scrivo, metto la musica insieme alla sceneggiatura. La scrivo dentro. Ma talvolta la cambio. In questo caso è stato difficile scegliere la musica perché nei primi due film erano tutti successi degli anni Settanta. Ora però Peter Quill possiede uno Zune che gli ha dato Yondu alla fine del secondo film. Ed è musica degli anni Settanta, Ottanta, Novanta e Duemila. Quindi potevo scegliere qualunque cosa. È come, sapete, alla fine di Hurt Locker quando lui guarda tutta la roba sugli scaffali. E non sa come fare la scelta. È stato molto difficile per quella ragione.
A tal proposito, i partecipanti hanno rivelato quali sono i loro guilty pleasure musicali. Pom Klementieff ha citato Pony di Ginuwine, perché ama Magic Mike. Per Karen Gillan è invece Britney Spears, e soprattutto Toxic. Sean Gunn ha una passione per “tutto ciò che Barry Gibb ha scritto per le vocalist femminili negli anni Settanta”, come Barbra Streisand. Per Maria Bakalova è la trap estone, in particolare un artista chiamato Tommy Cash, anche se lei non lo considera un guilty pleasure. Anche Will Poulter non crede si debbano chiamare tali, ma cita gli S Club 7. Per Chukwudi Iwuji è Lady Marmalade di Pink, Christina Aguilera, Lil’ Kim e Mýa, dalla colonna sonora di Moulin Rouge!. Dal canto suo, James Gunn non si sente affatto colpevole di amare MMMbop degli Hanson, e anche Love Plus One degli Haircut One Hundred.
La risposta più sorprendente è però quella di Kevin Feige: il suo guilty pleasure – anche se lui non crede in questo concetto – sono le musiche di scena di Il prezzo è giusto, l’edizione del 1970. “E comunque vi dico anche un’altra cosa” aggiunge il superproduttore. “Ognuna di quelle musiche di scena ha persino un nome”. Sono tutti sbalorditi da questa insolita passione. “C’è molto da approfondire, qui” commenta Karen Gillan, mentre gli altri ridono. D’altra parte, non è quello che succede spesso nelle riunioni di famiglia?