L’attesissimo finale di WandaVision non si limita a concludere la prima serie dei Marvel Studios, ma spalanca le porte verso il futuro del Marvel Cinematic Universe, preparando il terreno per almeno due film di questo universo narrativo. Nel farlo, riassorbe anche certe dinamiche “classiche” dei cinecomic, seppure in modo diverso rispetto agli altri esponenti del genere.
Il penultimo episodio aveva preannunciato un duplice scontro, e gran parte del finale usa il montaggio alternato per raccontarne l’esito. Il duello principale è tra Wanda Maximoff e Agatha Harkness, mentre Visione deve affrontare l’androide originale, ora diventato White Vision. Il ritorno all’azione supereroistica è un brusco risveglio dalle atmosfere iniziali della serie, ma non deve sorprendere: WandaVision è sempre stato un prodotto multiforme, ed era chiaro fin dall’inizio che sarebbe rientrato nei codici del genere.
In effetti, l’astuzia della showrunner Jac Schaeffer e degli altri autori consiste nell’aver usato il linguaggio delle sit-com come un mezzo, non come un fine. I primi sette episodi lavoravano sull’alternanza dei piani di realtà, coinvolgendo il pubblico in un gioco metanarrativo nient’affatto banale, soprattutto per un cinecomic. Naturalmente, quelle puntate erano più complesse. Mettevano in scena un clima ambiguo, straniante e ricco di mistero. Il contrasto fra l’apparente felicità delle sit-com e le disturbanti ingerenze del mondo esterno è una delle cose meglio riuscite di tutto l’MCU. L’epilogo si banalizza nella logica dello “scontro finale”, eppure risulta soddisfacente proprio per questo: dopo alcune ore di diversione, la spettacolarità da blockbuster non ha la pesantezza dei soliti colossal hollywoodiani. Al contrario, giunge al culmine di un percorso sfaccettato che ha dato respiro ad altre dinamiche, incentrate più sui personaggi e le atmosfere.
Che si apprezzino o meno i duelli paralleli tra eroi e antagonisti, hanno il pregio di mettere in gioco due personaggi su cui abbiamo investito molta della nostra empatia. Non sono estranei: abbiamo imparato ad amarli, a soffrire con loro, in particolare con Wanda dopo lo scorso episodio. Ci importa di loro, insomma. E non è poco, se consideriamo la freddezza di molti blockbuster.
Entrambi gli scontri, fra l’altro, offrono un’alternativa alla mera “prova di forza”. White Vision viene portato a ragionare grazie al paradosso della nave di Teseo, dilemma metafisico sulla persistenza dell’identità originaria. La questione si applica efficacemente al dualismo tra i due androidi, pur sfociando in una soluzione un po’ frettolosa.
Dal canto suo, Wanda usa l’astuzia per sconfiggere Agatha, sfruttandone gli insegnamenti (l’utilizzo delle rune) contro di lei. È interessante, poiché avvicina la strega al suo ruolo di mentore, come nei fumetti. Alcune linee di dialogo lasciano intendere che Wanda avrà effettivamente bisogno della sua guida, in futuro: potrebbe condurre a un’alleanza forzata quando l’eroina non riuscirà più a controllare i suoi poteri, volendo speculare sui potenziali sviluppi.
In entrambi i casi la spettacolarità non manca, anche se forse il combattimento tra i due Vision replica più fedelmente la plasticità tipica dei fumetti. Nel duello tra Wanda e Agatha, però, c’è tutto il pathos di una donna straziata dai suoi demoni interiori. Scarlet è uno dei supereroi maggiormente divisi tra l’aspirazione alla felicità personale e i suoi doveri verso il mondo, e il cuore di WandaVision risiede proprio in questo conflitto.
Non c’è dubbio che alcuni snodi dell’episodio risultino un po’ affrettati, anche perché le questioni in sospeso erano tante. Il personaggio di Darcy, ad esempio, meritava un epilogo più accurato, e lo stesso vale per il falso Pietro Maximoff, il cui ruolo è stato sostanzialmente un grande scherzo.
In compenso, Schaeffer e il regista Matt Shakman hanno il merito di portare a compimento l’itinerario emotivo di Wanda e della sua famiglia, con un finale toccante ma non definitivo. L’eroina ha ormai abbracciato la sua natura di Scarlet Witch, con tanto di splendida uniforme (complimenti alla costumista Mayes C. Rubeo) che la rende più simile ai fumetti. Il suo futuro, stando alle parole di Agatha e alle profezie del Darkhold, potrebbe essere alquanto oscuro. La scena dopo i titoli di coda non lascia molti dubbi sulle sue prossime mosse, e spalanca le porte sull’attesissimo Doctor Strange in the Multiverse of Madness.
Anche l’altra scena bonus – quella durante i titoli – si collega ai un prossimi sviluppi del MCU: Captain Marvel 2, o forse la serie Secret Invasion. Comunque sia, Monica è ormai lanciata verso la sua evoluzione in Spectrum, e ha già dato sfoggio dei suoi poteri per salvare Tommy e Billy. Una grande aggiunta per l’MCU.
Non doveva essere il primo capitolo della Fase 4, ma WandaVision si è rivelato un ottimo modo per cominciare. Ha sparso i semi che germoglieranno nei prossimi film, e soprattutto ha variato una formula che rischiava di stancare. Per un universo narrativo che punta a rinnovarsi, è la partenza ideale. L’MCU supera la prova della serialità televisiva, abbracciando una varietà che non riguarda solo il formato, ma anche l’identità etnico-culturale dei suoi eroi. Staremo a vedere.