È tremenda questa Hollywood, tutta supereroi, remake o sequel fuori tempo massimo di classici che stavano meglio senza sequel. Non lo diciamo noi, lo dice proprio Il principe cerca figlio: verso metà film c’è un dialogo di questo tenore, che ovviamente serve a prendere in giro con autoironia l’operazione, dicendo la cosa che tutti avranno pensato quando il sequel de Il principe cerca moglie è stato annunciato.
Peccato che, in un film come questo, serva più a darsi la zappa sui piedi che altro. Il principe cerca figlio, anziché essere un’eccezione alla regola (come si suggerisce nel già citato dialogo), la conferma in pieno.
Un po’ di contesto. Nel 1988, all’uscita del film originale, Eddie Murphy era al picco della sua fama. Per lui, Il principe cerca moglie, fu la seconda collaborazione con John Landis dopo Una poltrona per due. Murphy scrisse anche il soggetto del film, per dire quanto il progetto fosse cucito su misura per lui e la sua comicità R-Rated.
Dall’uscita di quel film sono passati più di trent’anni e, nel frattempo, Murphy ha perso molto dello smalto che aveva allora. Dopo aver quasi azzeccato un ritorno più “maturo” con la nomination all’Oscar per Dreamgirls (2006), Murphy ha passato più di un decennio a sopravvivere tra commediole di scarso impatto. Ultimamente, però, ha azzeccato il ruolo di Rudy Ray Moore nel biopic Dolemite is My Name (uscito su Netflix). Murphy deve aver pensato, dunque, che la cosa migliore per capitalizzare su questo passaparola fosse riportare in vita un suo personaggio storico.
E così eccoci arrivati al ritorno del principe Akeem Joffer di Zamunda, in un film diretto dal regista di Dolemite is My Name, Craig Brewer, alla cui sceneggiatura ha contribuito anche il creatore di Black-ish, Kenya Barris. Murphy è anche produttore e riporta in scena tutti. E quando diciamo tutti, intendiamo proprio TUTTI: Arsenio Hall, Shari Headley, James Earl Jones, Paul Bates, Louie Anderson, John Amos, Vanessa Bell Calloway. Mancano solo la regina di Madge Sinclair (purtroppo scomparsa nel 1995), Eriq LaSalle e Samuel L. Jackson (evidentemente non c’era posto per un rapinatore, stavolta).
A questi si aggiungono una sfilza di nuovi volti tra cui KiKi Layne, nei panni della figlia maggiore di Akeem, Jermaine Fowler nel ruolo del figlio “bastardo” di Akeem, Lavelle, Leslie Jones in quelli della madre di quest’ultimo, e Tracy Morgan, zio di Lavelle. E soprattutto Wesley Snipes nel ruolo del generale Izzi, fratello della promessa sposa di Akeem nel primo film, tornato a “battere cassa” con nuove proposte di unioni combinate. Snipes è chiaramente quello che si diverte più di tutti, ha una mimica esilarante e gioca spesso in un campionato diverso.
Questo senza nulla togliere a un cast di consumati professionisti, sia chiaro. Ma purtroppo l’operazione Il principe cerca figlio non si può dire riuscita. In primo luogo perché si ride davvero poco. Si sorride ogni tanto, a volte ci si sente a disagio per battute sessiste che erano assenti nell’originale (trent’anni fa!), o per lo meno toccate con più grazia. Forse è anche per via del doppiaggio, che fa i salti mortali per rendere in italiano uno slang afro-americano sempre più complesso, in cui le parole hanno mille sfaccettature a seconda dei contesti e, tradotte nella nostra lingua, si appiattiscono sul peggiore. Ad esempio, “bitch” viene tradotto con “puttana” e suona davvero male, cambia i connotati di una frase che avrebbe voluto essere un po’ scorretta e diventa semplicemente volgare. Come una specie di collasso della funzione d’onda nella fisica quantistica, ma con le parolacce.
Ma non avrebbe senso incolpare il doppiaggio della scarsa riuscita di un film che, più semplicemente, non sa decidersi che strada prendere e infila quella del cinepanettone ripulito. Se da un lato è encomiabile che si sia cercato di non ripetere la struttura del primo, con il grosso del film ambientato a Zamunda e incentrato sulle prove di coraggio dell’erede maschio di Akeem, dall’altro manca la convinzione per andare fino in fondo. A un certo punto, Il principe cerca figlio si ricorda che forse voleva essere una commedia romantica come l’originale, e nell’ultima mezzora ne diventa un veloce riassunto.
C’è anche un altro problema: chiaramente, le star di questo sequel dovevano essere Eddie Murphy e Arsenio Hall. È per loro che il pubblico pagherà (avrebbe pagato) il biglietto (se il film fosse uscito nelle sale). È chiaro che questo film è stato realizzato per un target di quarantenni cresciuti con l’originale, puntando alla nostalgia per i gloriosi anni ’80. Allo stesso tempo, però, Il principe cerca figlio tenta di raccontare l’arco di maturazione di Lavelle, simile a quello del padre nel film originale. Solo che la storia del figlio di Akeem è molto meno interessante, e pare messa lì solo per dare ad Akeem altre gatte da pelare. Ciliegina sulla torta: il film non è R-Rated ma PG-13. È dunque quel tipo di operazione a metà, che vorrebbe puntare a un pubblico più vasto ma finisce invariabilmente per non piacere a nessuno. Nè ai vecchi fan, privati di quell’umorismo adulto che fece la fortuna di Eddie Murphy negli anni ’80, né ai ragazzini, a cui dell’originale non potrebbe fregare di meno.
Qua e là ci si diverte, c’è qualche cameo abbastanza clamoroso e una citazione del “Landisverse” che farà piacere ai fan dell’originale. Ma alla fin fine di questa mezza avventura, mezza rom-com, con una spruzzata di woke e un femminismo all’acqua di rose, resterà ben poco.
Il principe cerca figlio è disponibile su Amazon Prime Video. Leggi anche: tutti i dettagli sulla conferenza stampa di presentazione del film.