Il cubo cosmico. L’arca dell’alleanza. Gli Horcrux. Cos’hanno in comune? Sono tutti MacGuffin, gli “oggetti del desiderio” che portano avanti la trama di un film d’avventura. Sono tutti celebri, al centro di franchise altrettanto famosi e amati, eppure ce n’è uno che, in Italia, è più famoso di tutti questi messi assieme.
Una Dune Buggy rossa con la cappottina gialla.
Basta questo (anzi, basterebbe dire “Dune Buggy”) per evocare uno dei più amati film italiani degli anni ’70 e di certo, insieme a Lo chiamavano Trinità (di cui abbiamo già parlato), il più amato film di Bud Spencer e Terence Hill. …altrimenti ci arrabbiamo! esce nel 1974, quarto film della coppia sin dalla rivoluzione comica di Trinità (settimo, contando anche la trilogia western di Giuseppe Colizzi). È qui che la formula viene definitivamente perfezionata, tanto che …altrimenti ci arrabbiamo! viene spesso citato come punto di riferimento quando si parla del cinema di Spencer e Hill.
Dopo i successi dei due Trinità e di …più forte ragazzi!, la coppia si divide brevemente per lavorare a progetti solisti. Bud Spencer interpreta Anche gli angeli mangiano fagioli di Enzo Barboni e Piedone lo sbirro. Terence Hill torna al western con …e poi lo chiamarono il Magnifico (sempre per Barboni/Clucher) e Il mio nome è Nessuno (prodotto da Sergio Leone). …altrimenti ci arrabbiamo! ha dunque la responsabilità di rilanciare il “brand” a due anni dall’ultimo film del duo.
La regia viene affidata a Marcello Fondato, che non avrebbe più diretto la coppia ma che avrebbe collaborato spesso con Bud Spencer, dirigendolo in Charleston e scrivendo Lo chiamavano Bulldozer, Uno sceriffo extraterrestre… poco extra e molto terrestre, Chissà perché… capitano tutte a me, Bomber e Superfantagenio. Nel cast viene chiamato il grande Donald Pleasence e gli stunt automobilistici vengono affidati a Rémy Julienne, leggendario stunt coordinator francese che, in cinquant’anni di carriera, ha fatto di tutto, dai poliziotteschi (La polizia incrimina la legge assolve) a Bond (Bersaglio mobile, Zona pericolo, GoldenEye).
Delle musiche vengono incaricati gli ormai rodati Oliver Onions, ovvero Guido e Maurizio De Angelis, che avevano iniziato la loro collaborazione con Spencer e Hill in …continuavano a chiamarlo Trinità, per poi scrivere anche la colonna sonora di …più forte ragazzi!. Qui, i De Angelis superano se stessi e incidono due dei brani per sempre associati alla coppia: Dune Buggy, tema principale ripetuto in tutte le scene d’azione, e il Coro dei Pompieri, protagonista della scena più iconica del film e forse dell’intera filmografia del duo.
Si punta in alto, insomma, e il risultato non delude. …altrimenti ci arrabbiamo! incassa oltre 6 miliardi di lire nella stagione 1973-74, confermandosi campione assoluto. Un successo che sarebbe poi continuato in televisione, dove, come molti dei film di Bud Spencer e Terence Hill, …altrimenti ci arrabbiamo! sarebbe diventato una presenza fissa, sempre seguita da milioni di spettatori.
Un successo meritatissimo. …altrimenti ci arrabbiamo! è una slavina di idee che, una volta acquistato momento, non si ferma mai. Si parte letteralmente in quarta con una gara di rally (e subito Rémy Julienne si guadagna la paga), si prosegue con una sfida a birra e salsicce intorno a cui un gruppo di stuntman devasta un set intero con la gioia nello sguardo, una scazzottata in una palestra che già è coreografata meglio dei due Trinità messi insieme, stracolma di idee e trovate, un inseguimento in moto con finale che prende scherzosamente di mira gli spaghetti-western e si conclude con una scazzottata epica in mezzo a un mare di palloncini.
E poi c’è LA scena. La sequenza del coro, con l’esilarante killer Paganini (chiamato così perché “non ripete”) che dovrebbe essere infallibile ma che viene bastonato a ogni pie’ sospinto, un po’ dalla sfiga e un po’ dalla furbizia dei due eroi, è un piccolo grande capolavoro di inventiva. Una sequenza in cui succedono tantissime cose, micro-racconti che avvengono simultaneamente e sono tutti eccezionali. Dal flirt di Terence Hill agli assoli di Bud Spencer, dal tentativo di quest’ultimo di cambiare posizione per non farsi ammazzare (con tanto di cambio di pitch che si conclude con un assolo sbagliato, dal tono troppo alto, ma che il povero Spencer/Ben non riesce a impedirsi di fare) a quello di Hill/Kid di intrufolarsi nel coro per avvertire l’amico, e fino ai siparietti di Paganini che tenta in maniera fallimentare di mettersi nella posizione giusta per sparare, tutto concorre a creare un momento di cinema indimenticabile. Il testamento definitivo di un’epoca felice in cui con pochi mezzi sapevamo fare la differenza.
Donald Pleasence dona il suo carisma nei panni del vero villain del film, uno psichiatra freudiano che manipola un boss (John Sharp) infantile e ridicolmente sadico. Entrambi i personaggi sono doppiati da Oreste Lionello e i loro siparietti sono divertenti quanto il resto del film, uno dei pochissimi casi – forse il solo – in cui i cattivi di un film di Bud Spencer e Terence Hill sono progettati tanto bene quanto i protagonisti e ne rappresentano una sorta di specchio deformante.
Le location scelte, Madrid, Poggio San Romualdo, Chiari e Roma, contribuiscono a creare un’ambientazione esotica ideale, un luogo in cui si parla genericamente spagnolo ma che non è precisamente definito. Un luogo fiabesco (non a caso c’è un circo), un luogo della fantasia che non nasconde anche un debito felliniano. Signore e signori, il cinema.