“Io sono Iron Man”. Una battuta talmente iconica da essere stata scelta per chiudere il cerchio dell’Infinity Saga in Avengers: Endgame. Una battuta che nasce come citazione dei Black Sabbath, ma che ormai tutti associamo a quella conferenza stampa che chiude in maniera trionfante Iron Man, il primo film del Marvel Cinematic Universe, uscito ormai dodici anni fa.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora: Marvel è stata acquistata da Disney, l’MCU è diventato un colosso miliardario che, con il suo capitolo finale, ha battuto il record di incassi di Avatar. Un vero fenomeno globale. Partito, per necessità più che per scelta, da uno dei suoi supereroi “minori”. Uno dei pochi che la Marvel non aveva svenduto ad altri studios nella speranza che ci facessero dei film.
L’intera produzione dei Marvel Studios è ora disponibile su Disney+ (salvo poche eccezioni). È l’occasione perfetta per darsi a un recupero generale di una delle saghe più imponenti della storia del cinema recente. Prima o poi lo farò anch’io, ma nel frattempo mi sono rivisto Iron Man (lo trovate qui).
Ero curioso. Mi chiedevo: “Come sarà rivedere Iron Man oggi, dopo Avengers: Endgame, dopo tutto quello che abbiamo visto accadere nei film Marvel? Sarà invecchiato bene o male?”. La riposta a quest’ultima domanda ve la do subito: è invecchiato piuttosto bene. È ancora, sotto molti aspetti, il prototipo di tutto ciò che sarebbe venuto dopo. Il Mark-1 dell’universo Marvel.
Sotto altri, invece, si distingue dai film seguenti, diciamo soprattutto da Captain America: Il primo vendicatore in poi. È decisamente più violento: Tony uccide, per difesa ovviamente, e lo fa in molte scene. Ma in generale è anche un film più fisico: a parte lo scontro finale tra Tony e Obadiah Stane, c’è meno computer graphic. Ci sono esplosioni e stunt vecchio stampo. Ma soprattutto c’è un supereroe che, per diventare tale, deve dotarsi di un’armatura di metallo, che deve modellare all’inizio con le sue mani, a colpi di martello e sudore. Siamo lontani dalle battaglie cosmiche future, ma anche dalle stesse evoluzioni di Iron Man. È emblematico che, da Infinity War in poi, Tony sviluppi la tecnologia dei naniti. La sua armatura diventa non tanto dissimile dalla magia, lo trasforma in un supereroe vero e proprio. Si perde un po’ quella dimensione concreta che rendeva affascinante Iron Man.
Altra cosa che stupisce abbastanza rivista oggi? Lo scontro che chiude il primo atto, con Iron Man che entra in scena come un gigantesco mostro di Frankenstein o un Golem tecnologico. Sono sequenze che pescano dal linguaggio del cinema horror e fa impressione vederle in un film Marvel. E poi c’è quell’incredibile faccia da cinema di Jeff Bridges che, oltre a mangiarsi le scene, si mastica un bel sigaro ciccione – cosa che non vedremmo mai oggi in un film PG-13!
Al di là delle differenze, però, ci sono invece i punti di contatto tra questo film ed Endgame, sintesi perfetta della cura che Kevin Feige ha messo nella creazione dell’universo. Ci sono frasi che echeggiano attraverso gli anni e si ricollegano direttamente al gran finale, e confermano come Endgame sia di fatto la chiusura dell’arco di maturazione di Tony. A parte la già citata “Io sono Iron Man”, c’è una battuta pronunciata da Yinsen (Shaun Toub), l’uomo che aiuta Stark a liberarsi dai terroristi. Yinsen gli chiede se ha una famiglia, Tony risponde di no. “Allora sei un uomo che ha tutto, ma non ha niente”.
Questo colpisce profondamente Tony. Tornato in America, indice subito una conferenza stampa, in cui esordisce con: “Non ho mai detto addio a mio padre”. Ed è pazzesco pensare che queste due frasi chiave trovano risposta in Endgame, dove Tony si è fatto finalmente una famiglia e riesce a dire letteralmente addio al padre, incontrandolo di persona nel passato.
Robert Downey Jr. risulta molto più contenuto qui, rispetto ai film seguenti. È chiaro che il personaggio è stato costruito su di lui: il Tony Stark dei fumetti non è così gigione. Intorno a lui si muove un cast diretto molto bene da Jon Favreau (che si ritaglia il ruolo di Happy Hogan, qui davvero minuscolo). Fa impressione rivedere Terrence Howard nel ruolo di Rhodey, prima che venisse rimpiazzato da Don Cheadle, e viene da chiedersi cosa avrebbe combinato se non fosse stato licenziato.
In conclusione, c’è già tutto l’universo Marvel in nuce in questo film, Nick Fury compreso. C’è tutto quello che abbiamo imparato ad aspettarci dalla formula, a partire dal mix di umorismo e dramma che hanno reso i film MCU così popolari. Ma in più c’è la sensazione di guardare un esperimento, l’emozione di calcare un terreno sconosciuto. Provateci anche voi.