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Dracula: Gatiss-Moffat colpiscono ancora

Pubblicato il 09 gennaio 2020 di Costanza Bencivenni

Anno nuovo, nuova serie.

Il duo di creatori di Sherlock, Mark Gatiss e Steven Moffat, torna con una nuova serie dedicata al signore della notte: Dracula. La struttura della serie è la stessa di quella dedicata al celebre detective, tre episodi da più di un’ora ciascuno che raccontano tre eventi della vita dei protagonisti.

Per Sherlock erano tre casi, per Dracula la situazione cambia leggermente. Analizziamo insieme la serie.

L’articolo contiene spoiler sulla serie, proseguire nella lettura consapevolmente.

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La storia si apre nel 1897, in un convento bulgaro dove un uomo, Jonathan Harker (John Heffernan), viene interrogato sul suo incontro con il conte Dracula (Claes Bang) da una suora.
L’episodio quindi ci mostra la sua storia in una serie di flashback che ci raccontano come Johnny abbia conosciuto il Conte e sia diventato suo prigioniero, scoprendone i suoi segreti più oscuri.
Come sia riuscito a fuggire è il mistero che la suora, Agatha Van Helsing (Dolly Wells), sta cercando di capire.
Un primo episodio gotico dove regnano l’orrore e la notte, con molti richiami ai vari Dracula dell’immaginario televisivo e cinematografico.

Il secondo episodio, ambientato sulla nave che sta conducendo il Conte verso l’Inghilterra, invece, strizza l’occhio ai gialli investigativi cui i due autori ci hanno abituati.
Se nel primo episodio Sherlock appariva in un piccolo riferimento ad un amico detective di Londra di Agatha, qui ritroviamo (oltre a Jonathan Aris) i palazzi mentali, le indagini, l’uso della logica ed il distacco dalla situazione per meglio analizzarla che sono regine nella più famosa creazione di Gatiss e Moffat.
Un episodio che scorre veloce e tiene viva l’attenzione, ed il colpo di scena finale ne è solo la ciliegina sulla torta.

L’ultimo episodio, ambientato ai giorni nostri, perde però il fascino dei due capitoli precedenti.
Ci sono spunti interessanti, primo fra tutti quello inquietante sui non-morti, ma non riesce a coinvolgere allo stesso modo.
Sembra troppo slegato dalla storia raccontata nei primi due episodi dal risultare deludente ad una prima visione.
A meno che anche, noi come Agatha/Zoe, non cerchiamo un punto di vista diverso, distaccato.

Il conte Dracula da sempre incarna il male; come Van Helsing, in questo caso Agatha, rappresenta il bene, non più identificato con Dio, ma con la scienza e la ricerca. Se applichiamo questa analisi del romanzo di Stoker, e rivediamo la storia in funzione proprio di quest’ultimo episodio e del destino dei protagonisti, ecco che si delinea una chiave di lettura che forse fa stonare meno il capitolo finale.

Nel mondo moderno non sarà l’oscurità a far paura, ma la malattia. Dracula, e la morte che rappresenta, non saranno più temuti se si riesce ad accettare il proprio destino anche grazie all’aiuto della scienza.
La trasfusione, può essere la cura, proprio come nel romanzo originale.
Il sangue non sarà più qualcosa da temere, ma sarà vite.
Alcuni saranno salvati, altri no, ma il male stesso potrà essere sconfitto.

Purtroppo però, la “distruzione” del personaggio del Conte, il cambiamento del ruolo della paura e di potere, la “modernizzazione” del significato metaforico del personaggio di Dracula e della sua storia, per quanto interessanti; lasciano una strana sensazione addosso allo spettatore.
Forse in questo l’opera non convince pienamente e si perde, velocizzando troppo in alcuni punti e pretendendo forse una conoscenza troppo approfondita dell’opera al pubblico.

Un vero peccato perché la serie è davvero ben scritta, ha un’eccellente fotografia e la recitazione del cast principale riesce a tenerti incollato allo schermo anche nei momenti meno avvincenti.

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