Martin Scorsese non è assolutamente d’accordo con chi sostiene che The Irishman avrebbe funzionato meglio come miniserie. Un’opinione espressa di recente dal giornalista Alexander Denerfors, che ha scatenato reazioni molto forti. Ma che indubbiamente sarà condivisa da chi, quando accende la smart TV, su Netflix non va a certo a cercare un film di 3 ore e mezza.
Eppure, Scorsese non ci sta. E argomenta molto bene la sua posizione, spiegando che il suo film si basa proprio sull’accumulo di dettagli. Ecco che cosa ha detto parlando con Entertainment Weekly:
Ho visto qualcuno menzionare che “questa è una storia lunga, si sarebbe potuta raccontare in due stagioni”. Assolutamente no. Non ci ho nemmeno mai pensato. Perché il punto di questo film è l’accumulo dei dettagli.
Ricordiamo che Martin Scorsese non è estraneo al mondo della televisione, avendo prodotto Boardwalk Empire e la (purtroppo) fallimentare Vinyl (i cui temi l’autore toccherà di nuovo in un documentario). Dunque il regista non sta snobbando il mezzo televisivo come fatto nel caso delle polemiche sui film Marvel. Anzi:
Una serie può essere grandiosa, fantastica, ti permette di sviluppare personaggi e trame e ricreare interi mondi. Ma non era un formato giusto per questo progetto.
In particolare, Scorsese si riferisce agli ultimi 20 minuti di The Irishman, dove un anziano Frank Sheeran (Robert De Niro) è finalmente costretto a fare i conti con tutte le decisioni prese nel corso della sua vita e assiste alla devastazione che queste hanno creato nei suoi rapporti famigliari. L’impatto emotivo di quei minuti finali, secondo Scorsese, funziona solo se il film viene visto in un colpo solo, contando appunto sull’accumulo, non sulla serialità.