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Street Fighter – Sfida finale (FantaDoc)

Pubblicato il 21 novembre 2019 di DocManhattan

Siccome è il 1994 e i ragazzi di tutto il mondo, grosso modo, continuano a scambiarsi Hadouken e Spinning Bird Kick, nell’ondata senza fine di nuove versioni Super e Turbo di Street Fighter II, Capcom decide l’azzardo. Produrre, di tasca propria, un film sulla sua saga di picchiaduro per portarne i combattenti, quell’eterogenea banda di campioni delle arti marziali, wrestler russi, pugili e, boh, ninja spagnoli ballerini, sul grande schermo. Possibilmente, in una pellicola con Jean-Claude Van Damme come protagonista. Anzi, visto che i piani alti dell’azienda giapponese sono fissati con l’attore belga, togliamo pure quel possibilmente.

YIPPEE KI-YAY

La patata bollente finisce nelle mani del produttore Edward R. Pressman, che nelle storie di FantaDoc abbiamo incontrato già più volte, come produttore esecutivo di Conan il Barbaro, del film dei Masters, I Dominatori dell’Universo, e di Dredd – La legge sono io. Pressman ha l’uomo giusto per far contenta Capcom: uno sceneggiatore e regista che non solo ne sa di film d’azione, ma in qualche modo è anche legato ai giochi della stessa software house di Osaka. Steven E. de Souza, classe ’47 di Philadelphia, infatti, non solo ha scritto i copioni di film come Commando e i primi due Die Hard, o prodotto serie come Supercar, ma tra le altre cose ha anche creato qualche mese prima la serie animata di Cadillacs and Dinosaurs, tratta da un fumetto di Mark Schultz e resa popolare in tutto il globo proprio dall’omonimo picchiaduro a scorrimento Capcom. Se siete stati ragazzini nei primi anni Novanta pure voi, è facile ci abbiate giocato quel miliardo e mezzo di volte.

“HO VISTO ALMENO 250MILA FILM COSÌ”

Steven E. de Souza sarebbe quindi una scelta azzeccata per quel compito. Non fosse che a lui non interessa trasformare un videogioco di combattimenti uno contro uno in un film di combattimenti uno contro uno. Nonostante la presenza di Van Damme come stella del baraccone, non vuole un altro Senza esclusione di colpi (Bloodsport). In un’intervista al magazine GamePro, nel luglio del ’94, spiega che non ha alcuna voglia di tirar fuori un semplice film di arti marziali come tanti. “Lo studio ha proposto lo spunto di questo tipo che deve infiltrarsi in un torneo di arti marziali per smantellare un traffico di droga. Ma ho visto almeno 250mila film così”. Quello a cui de Souza punta, piuttosto, è un – leggerissimamente ambizioso – mix di “James Bond, Star Wars e un film di guerra”, con “il livello di adrenalina di un Indiana Jones”. Ok. Ma de Souza è anche cosciente del trappolone alla Super Mario Bros., visto quanto male, anzi malissimo ha floppato il film con gli idraulici l’anno prima, e promette di ridurre al minimo la presenza degli elementi presi dal gioco. “Se fossimo degli idioti, faremmo saltare fuori Guile direttamente dal cabinato del gioco”, spiega in quell’intervista. “E lo faremmo parlare direttamente con il giovane pubblico: ‘Ciao, ragazzi!’. E poi ci troveremmo tutti in fila per chiedere il sussidio di disoccupazione”.

SÌ, MA FATE PRESTO

Il regista sceglie di trasformare Bison in un cattivo da 007, quindi, dittatore di uno stato immaginario del sud-est asiatico (“A Capcom magari non sarebbe piaciuto vedergli distruggere Tokyo. Certo, a meno che non si fosse trattato di far saltare in aria il palazzo di Konami…”) e con il budget a disposizione, 34,4 milioni di dollari, si mettono in cantiere 10 serratissime settimane di riprese a Bangkok, Thailandia, e nel Queensland, in Australia. Capcom vuole infatti che il film esca tassativamente entro il dicembre di quell’anno. de Souza vorrebbe dedicare il giusto tempo al training degli attori, affidato a Benny “The Jet” Urquidez, ma quel tempo non c’è: è tutta una corsa, e spesso le scene verranno spiegate e provate solo poche ore prima del ciak. Aver ingaggiato inoltre due attori importanti come Jean-Claude Van Damme e il grande Raul Julia – popolarissimo in quegli anni grazie ai film de La famiglia Addams – aveva alzato il profilo della pellicola, ma anche ridotto il budget da spendere per tutto il resto. Ma quello è l’ultimo dei problemi.

POSA QUELLA BOTTIGLIA

Il povero Raul Julia, per iniziare, è gravemente malato. Si presenta sul set, in Thailandia, con moglie e figli, che non vogliono lasciarlo solo sapendo che non gli resta molto tempo. Il cancro lo sta divorando, è magrissimo; de Souza sposta a fine riprese le sue scene e tutto il cast e la troupe apprezzano la dedizione con cui l’attore dà vita al suo personaggio. Quanto a Van Damme, beh, c’è quel problemino di tutti i soldi che gli finiscono su per il naso, ogni giorno. In questa lunga chiacchierata con il Guardian, il regista ricordava un anno fa: “Ai tempi non potevo parlarne, ma ora posso. Jean-Claude si faceva di coca al punto da esser fuori di testa. Era così spesso fuori causa che dovevamo cercare nel copione altre scene da poter girare senza di lui”. Le assenze, i ritardi, le fughe e le volte in cui Van Damme viene ripreso perché si presenta sì sul set, ma con una bottiglia di champagne già iniziata, peggiorano i rapporti non solo tra la star e il regista, ma anche con il resto del cast”. Già sottoposti a condizioni di lavoro difficili, scarsa preparazione fisica per la parte e imprevisti di varia natura – come la scelta da parte della produzione di utilizzare come teatro di posa un hangar per nulla isolato acusticamente… nella stagione delle piogge – gli altri attori non mandano giù il fatto di dover alloggiare lì in Thailandia in soluzioni decisamente più economiche della suite presidenziale con palestra in camera allestita per il belga.

COVER GIRL CAMMY

Cast che viene messo in piedi con tutta una serie di compromessi e scelte dell’ultimo secondo. Visto che Capcom ha finanziato il film, vorrebbe dar spazio a un roster di una ventina quasi di lottatori, ma non c’è ovviamente davvero spazio per tutti in un film da 100 minuti. Capcom vorrebbe inoltre piazzare sotto la fascia di Ryu l’attore giapponese Kenya Sawada, legato alla compagnia da un contratto promozionale. Solo che Sawada non spiccica una parola d’inglese e per la parte è stato comunque già scelto Byron Mann, attore di Hong Kong cresciuto negli USA. Il compromesso, qui, è il fatto che per accontentare Capcom viene creato da zero un personaggio apposito per Sawada, il, ehr, Capitano Sawada.

Kylie Minogue, invece, viene tirata in barca a riprese già iniziate. Dopo mesi trascorsi a cercare inutilmente un’attrice inglese adatta per la parte di Cammy, de Souza vede una foto della cantante sulla copertina di una rivista – è lì per un articolo sulle “30 donne più belle del mondo” – e pensa sia perfetta. Con tutto che sì, la Minogue è australiana. Tra gli altri protagonisti, Chun-Li è Ming-Na Wen (poi voce di Mulan e tipa tosta di Agents of S.H.I.E.L.D.), Blanka Robert Mammone, Zangief Andrew Bryniarski, il Leatherface del remake del 2003 di Non aprite quella porta…, Sagat il Wes Studi di Balla coi lupi e in L’ultimo del Mohicani… Non li elenchiamo tutti, ma la nota comune è la presenza di tanti attori di secondo piano, perché il budget, già non altissimo, è finito in buona parte a coprire le spese di Van Damme. La cosa peculiare è de Souza si è preso la briga di completare i nomi dei personaggi – Ryu Hoshi, Viktor Sagat – ma nessuno quella di avvisare il coreografo dei combattimenti, Charlie Picerni, che gli stili di lotta dovrebbero essere diversi. Solo a un certo punto delle riprese qualcuno fa presente che non dovrebbero lottare tutti nello stesso modo, perché nel gioco ogni personaggio ha il suo stile…

TROPPI PUGNI E TROPPO POCHI

Terminate a fatica le riprese, de Souza deve affrontare un’altra dose di problemi con il montaggio. Si punta al rating PG-13, ma una sparatoria in una scuola dell’Ohio ha fatto drizzare proprio in quei giorni le antenne dell’organismo di valutazione e la Motion Picture Association of America rifila al film una R. Per rientrare le rating desiderato, viene tagliata qualsiasi scena in cui si veda l’impatto dei colpi… ottenendo l’effetto opposto: una classificazione G, da film adatto anche ai bambini. de Souza sa che nessun adolescente d’America vorrà mai vedere un film del genere e fa aggiungere la scena in cui Van Damme dice: “Four years of ROTC for this shit!”. Basta e avanza quella parola per fargli ottenere quel benedetto PG-13. Street Fighter esce nelle sale USA il 23 dicembre del 1994 (in Italia uscirà qualche tempo dopo, come Street Fighter – Sfida finale).

STREET MORTAL FIGHTER

La critica lo demolisce, salvando in alcuni casi solo la performance di Julia, scomparso a soli 54 anni due mesi prima. Ma la pellicola derisa da tutti, quella con l’11% di pomodorometro su Rotten Tomatoes, finita in centinaia di classifiche sui film brutti tratti dai videogame (o più in generale sui film anni 90 talmente brutti da diventare dei classici), non è stata un flop. Ha portato a casa in totale poco meno di 100 milioni di dollari, cioè quasi il triplo del suo budget. Tra i tanti effetti collaterali di Street Fighter – Sfida finale, il videogioco ufficiale del film, Street Fighter: The Movie. Sì, il videogioco di un film tratto da un videogioco, che per una qualche ragione, anziché il solito Street Fighter con grafica 2D, diventa un picchiaduro alla Mortal Kombat, con le immagini digitalizzate degli attori (e Sawada tra i personaggi selezionabili). Probabile de Souza ci abbia giocato tantissimo: per menare Van Damme, chiaro.

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