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I dominatori dell’universo – Masters of the Universe (FantaDoc)

Pubblicato il 11 luglio 2019 di DocManhattan

A volte è, se non del tutto, almeno prevalentemente una questione di tempi. Puoi far uscire il tuo film tratto da una delle più popolari linee di giocattoli di sempre nel pieno del suo boom, quando milioni di ragazzini in tutto il pianeta sono in fissa per He-Man, Skeletor e gli altri Masters of the Universe, ne guardano la serie animata, ne comprano gadget e prodotti di merchandising di ogni tipo, dai timbrini alle riviste e cartelle per la scuola. Oppure puoi aspettare che il fenomeno si sgonfi e che le vendite dei pupazzetti crollino, e tentare la sorte quando la barca è salpata già da un pezzo.

Una serie di circostanze hanno voluto che questa fosse la strada seguita da I dominatori dell’universo (Masters of the Universe) di Gary Goddard. L’unico vero film in carriera per un uomo che veniva dalla progettazione delle giostre per i parchi a tema; una pellicola destinata ad allargare la voragine dei conti – già parecchio in rosso – della Cannon e a dividere a vita i vecchi fan dei Masters. Carnevalata inguardabile zeppa di scelte insensate o, col senno di poi, film salvabile?

Vi lascio al quesito per tornare a Gary Goddard e alla sua triplice missione: trasformare i Masters of the Universe in un film per il grande schermo, citare nel farlo il grande Jack Kirby e impedire alla Mattel di mettere troppo il becco nella faccenda.

Goddard, dicevamo, veniva dai parchi dei divertimenti. Aveva creato numerose attrazioni per Disney prima e gli Universal Studios poi. Sempre nell’87 è il co-creatore di Capitan Power e i combattenti del futuro (c’entrano sempre i giocattoli), una delle poche cose che ha prodotto per la TV, oltre alla serie animata Skeleton Warriors. In seguito si metterà a sfornare spettacoli per Broadway e verrà coinvolto in una serie di accuse di molestie. Nel 1984 si ritrova sul carrozzone de I dominatori dell’universo praticamente per caso. Ci arriviamo tra un attimo.

I soldi a disposizione per girare Masters of the Universe non sono pochi: una ventina di milioni di dollari. Un secchiello di popcorn per gli standard attuali di Hollywood, certo, ma per mettere le cose in prospettiva, a quei tempi per girare Robocop ne occorrono 13 e per Predator se ne spendono in tutto 15. Non bastano però per infilarci tutto quello che è uscito dalla macchina da scrivere dello sceneggiatore, e che resta su carta per i costi o per scelte di produzione. David Odell, sceneggiatore dei Muppet, di Dark Crystal e del film di Supergirl (1984), immagina infatti una storia con più sequenze su Eternia, con tanto di Cittadella del Serpente, il covo/playset di Skeletor. E, tra le altre cose, con un Beast-Man che parla e non fa solo da moquette.

Il produttore del film è una nostra vecchia conoscenza, Edward R. Pressman, l’uomo che ha convinto Arnold Schwarzenegger a diventare Conan il Barbaro. Il che ha perfettamente senso, visto che le action figure dei Masters of the Universe hanno un legame con Conan, con tanto di coda in tribunale tra la Mattel e i detentori dei diritti sul cimmero (è una storia lunga).

Pressman non vuole che la Mattel s’impicci perché “i giocattoli sono una cosa e i film un’altra”, e perché l’ultima volta che il gigante del giocattolo papà di Barbie e dei Masters è stato coinvolto direttamente in un film per il grande schermo ne è uscito il bagno di sangue chiamato Megaforce (1982). Conoscete Megaforce? Appunto.

È Pressman a coinvolgere sia Goddard, perché ha sentito parlare di un film che sta sviluppando, intitolato Children of Merlin, sia Odell. Quest’ultimo propone una storia in stile Mago di Oz al contrario, con i Masters che arrivano nel nostro mondo. Una scampagnata salvabudget da un lato, che dall’altro ha lo scopo bonus di rendere la pellicola potenzialmente più interessante anche per un pubblico non interessato ai giocattoli. Un film d’azione fantastico per tutti, insomma, anche per chi non ha Battle-Cat o l’equivoco Fisto in cameretta, che la Cannon – l’unica major che non ride in faccia a Pressman e alla sua richiesta di 20 milioni di bigliettoni per girarlo – promuoverà come un incrocio tra Star Wars e Ben Hur. O più semplicemente come “lo Star Wars degli anni 80”.

Sì, ne erano già usciti due, veri, di Star Wars negli anni 80. Ma non sottilizziamo.

Goddard, invece, vuole rendere omaggio con il suo film a Jack Kirby, il Re, co-creatore di tanti eroi del Marvel Universe. Un celebre autore di fumetti, John Byrne, inquadrerà in seguito Masters of the Universe come un film ispirato espressamente alla saga del Quarto Mondo realizzata da Kirby per la DC Comics negli anni 70, ma per Goddard – cresciuto a pane e fumetti Marvel – l’intento + più che altro quello di riprendere lo spirito delle storie di Kirby dei Fantastici Quattro, “con l’aggiunta di un pizzico del suo Thor e dei suoi Nuovi Dei”.

Dopo due anni, si inizia a girare. E ad accumulare giorni di ritardo sul programma. Gli effetti speciali sono complicati, servono tante comparse e siccome si continua a rompere di tutto (Goddard cita in un’intervista George Lucas: “Quando Lucas dice che in film del genere non funziona mai niente… ha ragione!”), si è costretti a improvvisare.

He-Man è Dolph Lundgren, ex spauracchio sovietico di Rocky Balboa incapace di regalare al Politburo e alla severissima moglie la gioia sperata, ex agente del KGB in 007 – Bersaglio mobile, ma soprattutto vero campione di karate che ha fatto il militare nei Marines svedesi. In un’intervista dell’87, precedente all’uscita del film, Lundgren dice che interpretare He-Man è più difficile che essere Superman davanti a una macchina da presa, perché il kryptoniano almeno vive nel nostro mondo. Lundgren sa che è un ruolo rischioso e in quell’intervista dichiara: “Ci ho pensato su per mesi e mesi. È stata una decisione molto difficile, perché è uno di quei film che se va male la gente riderà di te per vent’anni”.

Ha ragione quasi al 100%. Quasi, perché di anni ne sono passati trentadue e c’è chi continua considerare il film dei Masters uno scherzo.

Sotto il mascherone di Skeletor ci finisce l’ex conte Dracula Frank Langella, che come tante fra le persone coinvolte nel progetto ha il piccolo esperto dei Masters in casa. È il figlio di 10 anni a convincerlo ad accettare, urlandogli in un orecchio “Per il potere di Grayskull!” dalla mattina alla sera. Per il truccatore Michael Westmore, Oscar nell’85 per Dietro la maschera, è uguale. Di notte inciampa nei pupazzetti lasciati in giro dal pargolo. Il personaggio di Julie è la futura star di Friends Courteney Cox, Teela è Chelsea Field, in seguito moglie di Scott Bakula, Evil-Lyn Meg Foster. “Non è come recitare Shakespeare”, dichiara in un’intervista la Foster, che viene dal teatro e ama sottolineare evidentemente l’ovvio.

E poi ci sono il Man-At-Arms di Jon Cypher, la Sorceress di Christina Pickles , il preside Strickland di Ritorno al Futuro (James Tolkan) e i nuovi villain che affiancano Beast-Man come sgherri di Skeletor: Blade, Saurod e Karg. Come il buono Gwildor, Blade e Saurod faranno il salto al contrario, infilati da Mattel tra le ultime serie di action figure dei Masters. Karg no. Lui e il suo parruccone dovranno aspettare anni e anni per diventare un giocattolo.

“Lo Star Wars degli anni 80” (quell’altro), arriva nelle sale USA il 7 agosto dell’87. Qualche critico azzarda dei tiepidi complimenti (Walter Goodman scrive sul New York Times che è un film adeguato per chi ama i giocattoli dei Masters), ma il resto delle recensioni sono impietose. Per Variety, ad esempio, questo ibrido di Conan e Star Wars è una noia colossale in cui si salvano solo trucco e costumi. He-Man usa per quasi tutto il tempo una pistola. Ripetiamo, una pistola.

La pellicola non recupera al botteghino i 20 milioni di dollari spesi e no, I dominatori dell’universo non diventa il nuovo Star Wars come la Cannon (che chiuderà i battenti poco dopo, nel ’94) sperava. Si piazza al 65° posto della classifica USA dell’87. Giusto sotto Born in East L.A. (questo lo conoscete? No? Siamo in due). Bene, ma non beniss… mh. La Cannon ha piani per altri film dei Masters, ma il progetto di un seguito viene abbandonato quando lo studio si rifiuta di pagare alla Mattel le royalty dovute. Set e costumi già realizzati per “Masters of the Universe 2: Cyborg” verranno placidamente riciclati nell’89 per Cyborg con Van Damme, e amen.

Eppure per Billy Barty, attore di piccola statura che nel film ha interpretato Gwildor (nomination ai Razzie come peggior attore non protagonista), Masters of the Universe era quello di cui il pubblico, bombardato da troppo realismo, aveva bisogno, per “tornare a sognare”. Si erano solo dimenticati di avvertire il pubblico.

Succede.

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