La storia di Conan il Barbaro (FantaDoc)

La storia di Conan il Barbaro (FantaDoc)

Di DocManhattan

Dopo il Connor MacLeod di Highlander, questa settimana FantaDoc si occupa della genesi di un altro eroe del grande schermo perfettamente a suo agio con una spada (e molte altre armi bianche) in mano, anche se decisamente più fisicato. Ecco come un regista in fissa con il surf, un culturista e una pila di fumetti hanno dato vita a uno dei personaggi più iconici del cinema (fantastico e non) degli anni 80. La cui grande passione era schiacciare i nemici, inseguirli mentre fuggono e ascoltare i lamenti delle femmine. E mandare alla malora il dio Crom.

La storia di Conan il Barbaro ha inizio cinquant’anni esatti prima dell’uscita del film omonimo, con i racconti scritti dal suo creatore, Robert E. Howard, sulla rivista pulp Weird Tales a partire dal 1932. Il povero Howard, morto suicida a soli trent’anni, non sapeva che Conan e altri suoi personaggi avrebbero plasmato lo sword and sorcery, o fantasy eroico, un sottogenere protagonista di innumerevoli film, fumetti, videogiochi, giochi di ruolo e più in generale di una fetta grossa così di immaginario collettivo anni 80. L’idea di portare Conan il barbaro sul grande schermo era in giro invece dal 1976, da quando il produttore Edward Pressman aveva chiesto a Ed Summer di tirar fuori una sceneggiatura per una pellicola da 2 milioni e mezzo di dollari. Summer si era messo al lavoro, alle prese con i mille paletti narrativi rappresentati da una giungla di diritti finiti in mano a tanti soggetti diversi dopo la morte di Howard.

Come lo stesso Summer spiega nel documentario Conan Unchained: The Making of Conan The Barbarian, c’era però già una fonte d’ispirazione visiva pronta da cui attingere: i fumetti. La Marvel Comics pubblicava una serie di successo sul barbaro dal 1970 e poi c’erano le stupende illustrazioni di Frank Frazetta, che avevano dato volto e corpo (nerborutissimo) allo sword and sorcery. Quanto al protagonista, Pressman aveva un solo nome in testa, dopo aver visto il documentario Pumping Iron.

Arnold Schwarzenegger viene così convinto da Pressman – che in un incontro a Los Angeles si porta dietro fumetti e illustrazioni di Frazetta per spiegare quello che ha in mente – e contribuisce a sviluppare il film nei quattro anni e mezzo che seguono. “Sono nato per essere Conan”, dichiarava Arnoldone nostro in un’intervista dell’81. “È quanto di più prossimo ai personaggi che mi piacerebbe interpretare: un eroe molto fisico, ma con cui è possibile empatizzare”.

Alla storia viene chiamato intanto a metter mano un signore chiamato Oliver Stone, tirato a bordo per due motivi ben precisi. Il primo era il grande successo di pubblico e critica di Fuga di mezzanotte (Midnight Express) di Alan Parker, scritto da Stone qualche anno prima. Il secondo la richiesta esplicita della Paramount, che avrebbe tirato fuori i due milioni e mezzo di dollari per mettere in moto il film solo se i produttori avessero ingaggiato uno “sceneggiatore di spicco”. Come consulente visivo per il film, Pressman si rivolge allo stesso Frazetta, ma non trovando un accordo con l’artista, ripiega su Ron Cobb, reduce dai set di Alien. Cosa mancava? Un regista.

I produttori avevano contattato John Milius già nel ’78, e il regista di Un mercoledì da leoni aveva espresso interesse per il progetto, ma non se n’era fatto nulla. Ora il cineasta amante del surf era sotto contratto con Dino De Laurentiis per un film mai andato in porto su un esploratore delle Montagne Rocciose, “Half of the Sky”. Summer va a trovarlo con Ron Cobb, che stava sviluppando dei design per Milius, e lo convince ad accettare. A patto, chiede Milius, di poter rimaneggiare la storia, perché quella scritta da Stone era strapiena di battaglie e sarebbe costato una tombola tradurla in pellicola.

Il contributo di Milius alla storia è stato fondamentale per plasmare Conan il barbaro. È stato lui ad aggiungere la parte iniziale con le origini del cimmero, la sua vita da schiavo e da lottatore nel fight club mortale. O a sviluppare tutta la parte di Thulsa Doom, il villain interpretato da James Earl Jones e creato da Howard nei racconti di un altro suo personaggio, Kull il Conquistatore.

La pre-produzione procede a ritmi lenti, soprattutto per il problema di trovare delle location adatte, e Schwarzenegger continua a pompare il fisico a ritmi alterni. Aveva iniziato a prepararsi per la parte a fine ’78, ma aveva interrotto gli allenamenti al primo rinvio delle riprese. Aveva ricominciato l’anno dopo, ed era stato costretto a rallentare di nuovo. Non è facilissimo tenersi pronti per una parte del genere, quando non sai esattamente quando avverrà il primo ciak. Non è che indossi una maglietta e sei pronto a spaccare nemici come Conan, ecco.

Dopo la sequenza del vecchio re Conan sul trono, girata a Londra a fine ’80 per un trailer mai realizzato (e poi piazzata a fine pellicola), le riprese principali hanno finalmente inizio nel gennaio del 1981. Vicino Madrid, perché la Jugoslavia era stata scartata all’ultimo a causa della sua situazione politica, molto instabile dopo la morte di Tito. Schwarzenegger si gode l’esperienza sul set, anche se i problemi non mancano. A Segovia, tanto per iniziare, non c’è traccia della neve che avevano promesso a Milius per girare la scena iniziare nel villaggio di Conan. Avevano beccato l’inverno spagnolo più asciutto degli ultimi vent’anni.

Senza contare che in uno dei primissimi giorni di riprese, il futuro Governatore della California ha fatto un volo di oltre tre metri, concluso da un atterraggio sulla schiena. Dovevano girare la scena in cui Conan viene inseguito dai cani, ma una delle bestiole era un po’ troppo euforica per questo fatto di diventare una stella del cinema ed era saltata addosso ad Arnold, facendolo precipitare nel dirupo. L’attore ne era uscito pieno di graffi e con qualche livido.

Sarebbe stato divertente, girare quel film, aveva pensato. “Ma anche pericoloso”.

E in effetti quei quattro mesi sul set furono parecchio impegnativi per Schwarzenegger. La scena più difficile di tutti per lui fu la scalata alla torre di Thulsa Doom, alta quasi 15 metri. L’acrofobia di Schwarzenegger non lo metteva esattamente a proprio agio, perciò Arnold chiese di poter guardare verso l’alto e tirare dritto. Ma Milius voleva che Conan continuasse a guardare giù, per far sembrare il tutto più pericoloso. E là, volto impietrito del protagonista assicurato.

Ma soprattutto, Schwarzy riportò una lunga serie di infortuni, venendo disarcionato da cavalli e cammelli, e rimediando botte alla testa e legamenti lesionati. Il tutto in aggiunta al fatto di dover girare scene di battaglia con addosso armature da 20 kg. Milius era lì a consolarlo e dargli forza ogni volta, ricorderà in seguito l’attore, con il più pragmatico e convincente dei motti: “Il dolore è temporaneo, un film è eterno”. Avere a che fare con un cammello, ad esempio, non fu semplice, ma Milius aveva una risposta pronta pure per quello: “Non preoccuparti, Arnold. È la prima volta che anche Conan monta su un cammello: qualsiasi cosa succeda, la filmeremo. Se cadi, il cammello ti morde o resti in sella, è uguale”.

Dov’è un John Milius quando abbiamo bisogno di un incoraggiamento che funzioni, nella vita di tutti i giorni? Eh?

Anche Sandahl Bergman, che nel film è Valeria, rimediò la sua dose di infortuni e per poco non lasciò in Spagna un dito, per la semplice ragione che era stata scelta per la sua altezza (oltre il metro e ottanta)… e non c’erano cascatrici di quella statura a disposizione, perciò ha dovuto girarsi da sola tutti gli stunt. Subotai era Gerry Lopez, surfista e compagno di onde che Milius si portava dietro nei suoi film ed era già apparso in Un mercoledì da leoni. Nel cast, tra gli altri, c’erano anche Max von Sydow nei panni di Re Osric e l’immancabile Franco Columbu, inseparabile compagno d’allenamenti di Schwarzenegger e apparso in seguito in altri suoi film.

Conan il barbaro avrebbe dovuto arrivare al cinema nel dicembre del 1981, ma quando l’uscita slittò a maggio dell’anno dopo, iniziarono a circolare molte voci a Hollywood sui problemi incontrati dalla pellicola per l’eccessivo livello di violenza. I produttori si affrettarono a spiegare, in varie interviste, che certo, la violenza faceva parte del mondo di Conan, ma che alla fine il tono non era molto diverso da quello de I predatori dell’arca perduta.

Milius, temendo proprio quel tipo di problemi, era stato in effetti molto cauto durante le riprese, smorzando alcune scene troppo gore (come la decapitazione della madre di Conan) per non incappare in un rating X, da film solo per adulti. Il ritardo, si disse, era dovuto semplicemente al fatto che la pellicola non era ancora pronta.

Conan debutta nelle sale USA il 14 maggio del 1982 (in Italia il 10 settembre). La critica non accoglie bene il film del cimmero. Roger Ebert scrive sul Chicago Sun-Times che si tratta “di un fantasy perfetto per i preadolescenti alienati”, ed è uno dei complimenti migliori rimediati dalla stampa. Richard Schickel scrive sul Time che “Conan è uno Star Wars per psicopatici, talmente stupido che non ci si crede”. E vista la nomea di “fascista zen” di Milius, non sono pochi quelli che leggono nei muscoli di Conan un’esaltazione dell’Übermensch, la master race ariana di Nietzsche. Al botteghino Conan il barbaro va abbastanza bene, raccogliendo in totale poco meno di 70 milioni di dollari. Nell’anno dominato da E.T., si piazza al 17° posto della classifica USA, subito dietro Firefox – Volpe di fuoco di Clint Eastwood e un altro film di cui si occuperà in futuro questa rubrica, The Dark Crystal.

Sono stati noleggi e vendite della VHS, uscita a ottobre, a far segnare numeri importanti: Conan diventa da subito un bestseller da videonoleggio. Si calcola che fino al 2007, nei vari formati in cui è stato distribuito, il film abbia generato oltre 300 milioni di dollari nel mercato home video. Conan il barbaro aveva nel frattempo messo in moto la sua orda di cloni, il suo seguito uscito nell’84, Conan il distruttore, e il cugino pasticcione a cui si rivolge la parola solo a Natale, Yado (Red Sonja) con Brigitte Nielsen.

Ma pure quella, come direbbe Crom ridendo dei quattro venti di Subotai dall’alto della sua montagna, è un’altra storia.

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