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Oh, mamma saura! Sette curiosità su Ti voglio bene Denver e il suo protagonista, il dinosauro con gli occhiali e il nasone all’insù, che agli sgoccioli degli anni 80 se ne andava in giro in skateboard con una banda di ragazzini californiani che non avevano esattamente questa grande fantasia per i nomi di battesimo. Cosa c’entrano le Tartarughe Ninja? E che razza di dinosauro era, esattamente, Denver?
Ti voglio bene Denver è il titolo italiano di Denver, the Last Dinosaur, co-produzione francoamericana andata in onda per la prima volta negli USA in syndication tra il settembre e il novembre del 1988, per 50 episodi, aperti da un pilota da un’ora. Da noi Denver ha debuttato su Italia 1 nell’89 ed è andato in onda per tutti i primi anni 90, divenendo estremamente popolare. Visto il piglio didattico e i temi trattati (amicizia, ecologia, rispetto degli altri, amore per i trick su una tavola skateboard. Ma probabilmente l’ultimo non conta) e la natura non violenta delle sue storie, Denver ha ricevuto le lodi della National Education Association, il più grande sindacato d’America di insegnanti e personale scolastico. Qui è dove potete inserire battute e racconti di vita sul fatto che crescere all’ombra della Fortezza delle Scienze del Grande Mazinga vi ha fatto un sacco di bene lo stesso, ecco. Ma cosa ne sanno gli americani, cosa.
Perché una seria animata su un dinosauro trapiantato nella California dell’89? Perché l’anno prima, Don Bluth e la Universal avevano dato il calcio d’inizio al fruttuosissimo franchise Alla ricerca della Valle Incantata, dando contemporaneamente anche del grosso filo da torcere all’Oliver & Company della Disney. Ti voglio bene Denver cavalcò la rinnovata popolarità dei dinosauri (ammesso che i ragazzi si fossero mai stancati davvero dei giganti della preistoria, il che è in effetti poco probabile) e in tanti paesi, compreso il nostro, continuò a farlo dopo che quella popolarità mise il turbo con l’apertura al pubblico del Jurassic Park di Spielberg.
Ti voglio bene Denver era figlio della World Events Productions, società di produzione del Missouri fondata nell’80 da Ted Koplar. L’uomo che aveva scoperto l’anime giapponese Golion e l’aveva trasformato con Peter Keefe nella sua versione americanizzata, Voltron. La WEP è stata coinvolta da allora in tutte le incarnazioni del robot dei cinque leoni, compreso il recente Voltron: Legendary Defender di Dreamworks, e ha realizzato negli anni 80 un’altra “conversione” yankee simile con Sceriffi delle stelle (Saber Rider and the Star Sheriffs, riadattamento della giapponese Sei Jūshi Bismarck).
Dicevamo: e le Ninja Turtles? Buona parte dei doppiatori originali di Denver, the Last Dinosaur venivano dalle TMNT. Denver aveva la voce di Pat Fraley, che in Tartarughe Ninja alla riscossa ha doppiato la bellezza di 64 personaggi diversi, da Krang a Casey Jones, e che in carriera è stato BraveStarr, Zio Paperone in DuckTales e un’infinità di altri eroi dei cartoni, oltre a fare da supplente a Tim Allen come Buzz Lightyear in vari videogame di Toy Story.
Mario, uno dei membri della banda di amici di Wally e Denver, aveva la voce di Cam Clarke, cioè Leonardo e Rocksteady in TMNT (oltre che Liquid Snake in Metal Gear Solid e tanto altro). Il malvagio Nick, parte di un trio di bulli, era doppiato da Rob Paulsen, che in varie serie animate delle Tartarughe Ninja è stato sia Raffaello che Donatello.
E la voce italiana? Quel tono alla Topo Gigio che caratterizzava Denver sulle reti Mediaset? Il Denver nostrano era doppiato da Graziano Galoforo (Mister Popo in Dragon Ball Super e Blunk in W.I.T.C.H.), che era anche il direttore del doppiaggio della serie e l’autore dei suoi dialoghi italiani. È insomma a lui che si deve il tormentone “Oh, mamma saura!”. La voce di Denver si sente anche nella sigla cantata dalla D’Avena (vedi punto 6), fatto piuttosto inusuale ai tempi, due anni prima di Tazmania (dove è la voce di Ubaldi a inserirsi nella sigla della Cristinona nazionale).
Dunque. Wally, Mario e Talpa (che in originale si chiama Shades perché fa il figo, sempre con quegli occhiali neri) trovano l’uovo di Denver nei pressi di Los Angeles, ai pozzi di catrame noti come La Brea Tar Pits, mentre sfuggono ai bulli. Chiamano così il loro nuovo amico dinosauro, che dimostra da subito un’invidiabile abilità nell’apprendimento dell’inglese, perché vedono una pubblicità della città di Denver su un autobus di passaggio. Ma che dinosauro era, nello specifico, Denver? Un Corythosaurus, dinosauro vissuto nel Nord America nel Cretaceo superiore, circa 77 milioni di anni fa. Il nome significa, appunto, “lucertola con l’elmo”, per via della cresta. Il Corythosaurus si è estinto perché, a differenza di Denver, non sapeva suonare la chitarra elettrica e veniva perciò bullizzato da velociraptor e iguanodonti.
Esistono due sigle diverse di Denver. La prima, quella classica, è “Ti voglio bene Denver”: testo di Alessandra Valeri Manera, musica di Ninni Carucci, ugola di Cristina D’Avena. Quando la serie ha iniziato a circolare sulle tv locali nel 2011, nel contenitore Contactoons, lo ha fatto con una nuova sigla, “Il mio amico Denver”, scritta da Santo Verduci e Gennaro De Stefano e interpretata dallo stesso Verduci:
La D’Avena ha anche incluso Ti voglio bene Denver nel suo secondo album di duetti (Duets Forever – Tutti cantano Cristina), lo scorso novembre, cantandola con Lo Stato Sociale:
“Come il remake? Chi? Dove?!?”. Pensavate forse che il dinosauro con la cresta, gli occhiali e il nasone all’insù potesse sfuggire alla moda dei remake 3D dei cartoni di trenta o quaranta anni fa? Ah! Suvvia. A farlo entrare nella banda di Heidi, l’Ape Maia, gli Orsetti del Cuore e tutti gli altri è stata una serie lanciata in Francia nell’estate del 2018, prodotta da Zag Animation. Con un nuovo design, molto più giovane con tante G, per il dinosauro eponimo, che non è più capace di parlare e si esprime come una versione verde di George, la scimmietta curiosa.
Date un’occhiata al video qui sopra, poi assumete la posa da umarell, con le mani giunte dietro la schiena, e – fingendo di credere che il Denver originale fosse una bella serie – esclamate a voce alta: “Vergogna!”.
O “Mamma saura!”, è uguale.
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