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È la storia di uno, di uno regolare, che poi l’hanno mandato a fare il militare. La sigla Asso cantata da Jovanotti apriva il 6 ottobre dell’89, su Italia 1, l’avventura televisiva di Classe di Ferro. Due anni e 24 puntate di fughe dalla caserma, tresche amorose e trasferte in America di un gruppo di militari sotto la naja (traduzione per millennial: in servizio di leva obbligatorio). E sì, sono già passati davvero trent’anni. Ma come si è arrivati al telefilm di Montini, Scibetta e gli altri? Tutto nasce MOLTO tempo prima, il che ci costringe a un secondo salto nel tempo, indietro di altri trent’anni…
Nel 1957, Turi Vasile, futuro produttore di capolavori come Roma di Fellini e Pane e cioccolata di Franco Brusati, gira Classe di Ferro. Poco memorabile film in bianco e nero su alcuni soldati di leva che pensano più alle ragazze da rimorchiare che alle esercitazioni in caserma, vessati da un maresciallo con vocione (Memmo Carotenuto, fratello di Mario). Ricorda niente?
A fine anni 80 l’allora Fininvest e la stessa Titanus (casa di produzione del film del ’57) riprendono l’idea di Vasile e ne fanno una serie TV di 12 puntate, sviluppata da Leo Benvenuti e Piero De Bernardi. Si tratta della coppia di sceneggiatori che ha firmato i film di Fantozzi, Amici Miei, Bianco, rosso e Verdone e decine e decine di altri capisaldi del cinema italiano.
A sceneggiare e soprattutto dirigere gli episodi viene chiamato un altro nome storico del cinema tricolore: Bruno Corbucci, regista del ciclo di film poliziotteschi di Nico Giraldi (Tomas Milian) e di varie pellicole con Bud Spencer: Cane e gatto, Miami Supercops, Superfantagenio.
Il resto, nel mix di successo che diventa la prima stagione di Classe di Ferro, lo fanno il cast e il piglio da commedia scollacciata. Il tunnel di gambe, le soldatesse in stile Drive-In e le tette al vento che passano nella sigla, mentre Jovanotti litiga con le consonanti, sono una dichiarazione d’intenti. In caserma sono tutti ossessionati dal sesso, come in un film di Vitali, e le belle ragazze sono una costante. Eva Grimaldi, una giovane Veronica Logan, Karina Huff di Vacanze di Natale, Marcia Sedoc, Licinia Lentini, la presidentessa de L’allenatore nel pallone.
E poi ci sono i soldati, un eterogeneo mix di fissazioni, inflessioni dialettali, caratteri. Il nobile fiorentino Giampiero Montini (Massimo Reale, reduce da I ragazzi della 3a C), con “tre quarti di sangue reale” e finito in caserma a Castelvecchio d’Adige, anziché a Firenze, perché l’influente padre l’ha scoperto con la sua compagna. Il siciliano Antonio Scibetta, con lo showbusiness nel sangue, letteralmente (Giampiero Ingrassia. Nel terzo episodio appare in un cameo anche suo padre, il grande Ciccio). Il barese Gabriele Serra (Paolo Sassanelli), che nella seconda stagione si innamora di una nativa americana durante la trasferta negli States dei ragazzi del battaglione Tigre.
E ancora il lucano Rocco Melloni (un semiesordiente Rocco Papaleo), l’intellettuale con baffetti Mario Bertolazzi (Guido Venitucci), l’italoamericano Reginald Di Tosto (Luca Venantini, figlio d’arte nato e vissuto fino ai vent’anni a New York, con Corbucci in Superfantagenio e in seguito co-protagonista di Fantaghirò 5 con la Martines), il romano aggiustatutto a cui avanza sempre un pezzo, Sesto Cardarelli (Luca Amorosino), il romagnolo Mirko (Francesco Apolloni), il tenente napoletano Dell’Anno (Pierluigi Cuomo). E l’ufficiale col vocione, il sergente Scherone? Chi meglio di Adriano Pappalardo per urlare ordini con i muscoli del collo perennemente in tensione?
Il dodicesimo e ultimo episodio della prima serie, Buon natale Marmittoni, va in onda il 22 dicembre dell’89. Visto il successo di questo primo blocco di episodi, se ne promette un secondo per l’anno dopo, ma per rivedere in azione “quelli della Tigre” occorre aspettare l’ottobre del ’91. Altre dodici puntate, aperte dal logo “Classe di Ferro 2” e da una nuova sigla, Helela di Pappalardo. La caserma si popola di nuove reclute, come il milanese Lorenzo Colombo e l’eritreo Mahamet Dajkiri, lì a fare la naja per ottenere la cittadinanza italiana.
Sì, perché tra un inseguimento alla sgnacchera (per dirla alla Montini) e l’altro, c’era tempo anche per azzardare un minimo qualche tema sociale, come il razzismo. E fa niente che poi Mahamet sia dipinto come un mago ipnotizzatore di bestie feroci (una tigre vera), giusto in quanto africano.
Scibetta e gli altri si trasferiscono anche negli USA, per due puntate, e nel secondo episodio fanno una comparsata la culturista Marisa Parra e Sonia Grey. La prima diventerà una pornodiva con il nome d’arte di Valentine Demy (e nel 2006 la presidentessa del Pontedera Calcio), la Grey la prima infermiera sexy di Striscia la Notizia e in seguito presentatrice in RAI (Unomattina, Domenica In).
Gli ascolti vanno ancora una volta alla grande, ci sarebbe margine per una terza stagione, e si pensa alla vita dei ragazzi dopo la naja. Ma la produzione non ne è convinta e forse la maldestra terza stagione de I ragazzi della 3a C, con la vita post-licenza di Bruno Sacchi e gli altri, è un elefante gigante afflitto da flatulenza che funge da monito in sala riunioni. I militari vengono così convertiti in poliziotti, e nel gennaio del ’93 buona parte degli interpreti di Classe di Ferro segue Bruno Corbucci sul set di Quelli della Speciale, come agenti di una squadra speciale in servizio a Roma. Ingrassia, Amorosino, Papaleo… ci sono quasi tutti, tranne Serra e Montini, cioè Paolo Sassanelli e Massimo Reale.
Le cose non vanno però per il verso giusto, e non ne vengono neanche mandati in onda tutti e 12 gli episodi. Ma quella è un’altra storia.
No, non la storia di uno regolare tipo Jovanotti, un’altra.
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