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Dumbo – Il classico Disney impreziosito dalle atmosfere di Tim Burton – La Recensione

Pubblicato il 27 marzo 2019 di Andrea Suatoni

Disney si è già cimentata in vari rifacimenti live-action di alcuni dei suoi film classici animati più amati (e tale trend continuerà ancora a lungo, con Aladdin, Il Re Leone, La Sirenetta, Lillli e il Vagabondo e molti altri tutti in attesa di uscire): basti ricordare, recentemente, il grande successo di La Bella e la Bestia o di Il Libro della Giungla, che hanno rivisto con un sguardo al passato ed uno sfruttamento serrato delle nuove tecnologie i vecchi classici in maniera assolutamente efficace, moderna ma anche rispettosa del passato.

Con Dumbo, la scommessa alza la posta ben più in alto che in precedenza: riportare la storia dell’elefantino volante in versione live-action è stata un’impresa non da poco. Abbandonando l’antropomorfismo animale di cui invece si è fatto largo uso in Il Libro della Giungla, all’interno del Dumbo di Tim Burton gli animali sono sì espressivi ed intelligenti, ma rimangono tali: si tratta di animali, ed in quanto tali, pur perfettamente in grado di riuscire a trasmettere le loro emozioni al pubblico, non sono dotati di parola. Accanto a Dumbo e sua madre quindi, i personaggi animali principali, Disney ha deciso di inserire tutta una nuova serie di protagonisti umani, inediti rispetto al film animato del 1941. Si tratta della sfortunata famiglia Farrier, formata da papà Holt (Colin Farrell) e dai suoi due figli Joe (Finley Hobbins) e Milly (Nico Parker): accanto a Dumbo è quest’ultima la reale protagonista della pellicola, una bimba in cerca di sé stessa in un mondo che non sente proprio (quello circense), dopo la recente perdita della madre ed il ritorno dalla guerra di un padre che non sa ascoltarla.

TIM BURTON VS DISNEY

Un rapporto fatto di alti e bassi quello di Tim Burton con il colosso Disney: un tira e molla iniziato nel lontano 1979, quando Burton entrò nell’avviata produzione di Red & Toby Nemiciamici (il 24° classico Disney secondo il canone ufficiale) e continuato con alcuni dei primi corti del regista, Vincent e Frankenweenie, prodotti da Disney sullo sfondo di divergenze creative e differenze di visioni. Passando per nuovi litigi dovuti a Nightmare Before Christmas, si arriva quindi ad Alice in Wonderland del 2010, il film che cementa una nuova amicizia fra le due parti in gioco (a fronte di alcuni estremisti burtiani che vedrebbero nell’apertura di Burton alle logiche commerciali Disney una sorta di “sconfitta” del regista).

Nel 2019, Disney e Burton tentano di nuovo la sorte con Dumbo. Nonostante le strette redini di Disney che ne hanno limitato in parte la creatività (per stessa ammissione di Burton, che aggiunge poi sorridendo “Ma non dite che l’ho detto!”), le atmosfere burtiane permeano l’intera pellicola, pur se in forma attenuata: Un Tim Burton in modalità soft che riesce ben ad amalgamare la propria visione con i toni meno dark che da sempre caratterizzano le produzioni Disney. A ben vedere, Dumbo è probabilmente il film nato dal connubio fra produzione disneyana e visione burtiana che più rispecchia il regista: dalle atmosfere circensi alla fotografia gotica, dal protagonista outsider, diverso (anche fisicamente) ed indesiderato fino a tematiche più politiche (è chiara ad esempio la metafora del piccolo circo “fagocitato” dalla major che ne sfrutta le qualità su scala globale, arrivando a snaturare l’autorialità del prodotto iniziale), l’impronta del cineasta è velata ma onnipresente in ogni fotogramma del film come anche in ogni volto del cast principale, composto per lo più di facce a lui molto familiari.
Sicuramente, gli amanti del Burton più classico non potranno fare a meno di adorare il suo Dumbo.

LA QUESTIONE DELLA CENSURA

Un’altra spinosa questione riguardo la produzione di Dumbo riguarda la presenza di alcune particolari scene all’interno del film del 1941, impossibili da riportare sul grande schermo nel 2019: nel particolare, la scena degli elefanti rosa, che porta in scena un giovanissimo Dumbo ubriaco, e quella dei corvi, di stampo velatamente razzista se rivista con la malizia degli occhi odierni. Burton e Disney aggirano candidamente il problema, eliminando in toto la scena dei corvi e trattando la diversità di Dumbo in maniera più adulta, moderna e funzionale alla storia ed ai personaggi del live-action, mentre la scena degli elefanti rosa è omaggiata splendidamente tramite l’ingegnosa trovata di un numero circense riguardante l’arte delle bolle di sapone.

Un’altra scena particolarmente iconica è quella che fa da sfondo alla canzone Baby Mine (ricantata in Italia dalla nostra Elisa), che Burton sembra accennare a voler ripetere per poi abbandonare l’intento, lasciando intatta nel cuore dei fan di vecchia data la sacralità di una scena perfetta ed irripetibile.

La sinossi

Dumbo, nuovo film Disney in live-action, introduce il personaggio di Holt Farrier (Colin Farrell), ex star del circo che vede la sua vita stravolta quando torna a casa dalla guerra. Il proprietario del circo, Max Medici (Danny DeVito), arruola Holt per prendersi cura di un elefante neonato le cui orecchie esageratamente grandi lo rendono lo zimbello del circo stesso, già funestato da molti problemi. Ma quando i figli di Holt (Nico Parker e Finley Hobbins) scoprono che Dumbo può volare, il persuasivo impresario V.A. Vandevere (Michael Keaton) e un’artista aerea chiamata Colette Marchant (Eva Green) irrompono sulla scena per fare del pachiderma una star.

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