StreamWeek: la famiglia disfunzionale dell’Umbrella Academy

StreamWeek: la famiglia disfunzionale dell’Umbrella Academy

Di Michele Monteleone

La scorsa settimana vi ho lasciati soli e spaventati davanti alla sterminata produzione delle piattaforme di streaming. Mi spiace, ma inserirò nella parte del recupero e delle pillole settimanali tutto quello che ci siamo persi. Nel frattempo su Netflix è arrivata la serie tratta dal fumetto di Gerard Way e Gabriel Bá, The Umbrella Academy, su Prime Video è uscito Dogman, è ricominciato The Dragon Prince e altre succulente novità…

Visto che voglio farmi perdonare, raddoppierò la sezione relativa ai recuperi e in questa prima parte inserirò, anche qualcosa di relativo alla scorsa settimana.

Ad esempio lo sapete che su Prime Video hanno caricato svariati western di Sergio Leone, tra cui il mio preferito di sempre Il Buono il Butto e il Cattivo? Ecco, se non lo sapevate è colpa mia, perché è successo proprio la scorsa settimana. Ma potete recuperare anche Giù la testa e Per qualche dollaro in più così vi ricaricate di buon cinema e fate scorta per tutta la settimana quando verremo bombardati da facezie realizzate con cento dollari e poca personalità da qualcuno ingaggiato da Netflix.

C’è da dire che anche le cose carine che si era aggiudicato Netflix sembra che non funzionino, infatti The Expanse (che se chiedete al sottoscritto è la migliore serie di fantascienza in circolazione) è passata in blocco ad Amazon che ora mette in onda anche la terza stagione che in Italia non era ancora apparsa. Amazon produrrà anche la quarta che dovrebbe uscire quest’anno su Prime. Gioite tutti voi amanti delle astronavi e dell’orrore cosmico della protomolecola!

Se invece vogliamo parlare di cose davvero brutte, su Prime Video è uscito Dark Hall, facciamo che vi fidate di me e impiegate le vostre ore meglio? Tipo facendo un selvaggio binge watching di Expanse? Comunque se Prime Video non ce l’avete, ma avete un urgente bisogno di navi spaziali e creature aliene, vi consiglio Life su Netflix. Un film carino che immagino sia volutamente la copia di Alien, ma che vanta un bel cast e non sbaglia nulla senza azzeccare nient’altro in particolare. Se volete la sincera verità, meglio farvi l’abbonamento a Prime e vedervi The Expanse, ma se avete le braccine corte, potete comunque consolarvi con questo palliativo.
P.S. in Life comunque c’è Rebecca Ferguson, che è la mia cotta del momento da almeno un paio di anni.

Chiudo dicendovi che potete vedervi Deadpool su Infinity. Non è bello come il secondo, che è davvero bellissimo, ma si può fare, strappa un sacco di risatine e, se si chiudono gli occhi davanti alle evidenti poracciate, colpa del basso budget e di una visione registica non propriamente ispirata, fa passare due ore piacevoli. A patto che poi guardiate il 2. Altrimenti Wade si arrabbia. Wade è il vero nome di Deadpool. Se non lo sapevate, avete appena spezzato il cuoricino di Ryan Reynolds.

Ogni settimana seleziono per voi tre visioni imprescindibili, non sono sempre i migliori usciti (anche perché se una settimana caricano Quarto Potere, non potrei mai dirvi che l’ennesima serie di supereroi con gli effetti visivi realizzati con paint, è meglio), ma sono sempre le serie o i film più attesi, chiacchierati, snobbati o anche solo criticati degli ultimi sette giorni. O semplicemente quelli che piacciono più a me.

Il Principe dei Draghi (Netflix)

Iniziamo sul facile. Le serie animate di Netflix asfaltano la concorrenza. Se dovete mettere dei bambini davanti alla tv e scordarvi di loro come facevano tutti i bravi genitori negli anni novanta, allora la grande N rossa è la vostra alleata. Se poi volete invece sedervi accanto a loro, come fanno i bravi genitori degli anni duemila, e godervi anche voi qualche cartone con dei contenuti che non vi faranno addormentare come sassi… Netflix è proprio perfetta! De Il principe dei draghi ne avevamo già parlato lo scorso anno quando era uscita la prima parte della serie animata, ma per rispolverare le idee a chi non c’era: si tratta di una serie fantasy, molto classica, in cui Elfi e Umani sono in lotta tra di loro e in cui un uovo di drago potrebbe riportare la pace tra le razze. A portare con sé l’uovo e il fardello della possibile pace, un gruppo di ragazzini, i due figli del Re umano e un’elfa il cui compito avrebbe dovuto essere uccidere il Re, ma che invece si è unita agli altri in questa difficile missione. Senza fare spoiler, questa seconda parte è dedicata a temi importanti e, anche se forse ha meno spinta all’inizio, chiude bene e va ad approfondire seriamente i caratteri dei personaggi.

Umbrella Academy (Netflix)

Penso che per questa recensione dovrò indossare due maschere. La prima è quella di Michele sceneggiatore di fumetti e amante dell’Umbrella Academy di Gerard Way. Per l’esattezza penso che sia uno dei fumetti che più ha ispirato il mio modo di scrivere e che è stato vitale per la mia crescita come sceneggiatore. Quindi, con queste premesse, se chiedete cosa ne pensa il Michele con la maschera da sceneggiatore di fumetti, della nuova serie Netflix, lui vi risponderà con una sonora pernacchia e un pollice verso. Ma si sa, il Michele sceneggiatore di fumetti è un bruto e un maleducato. Ma ha le sue ragioni. Per cominciare, la serie dell’Umbrella Academy, toppa alla grande il contesto. Infila la follia creativa di Way, costellata di personaggi strambi e fuori dalle righe, in un contesto urbano realistico in cui tutto stona terribilmente (seriamente, è tutto tanto sbagliato da farmi venire i brividi). Poi allunga un po’ troppo il brodo accorpando entrambi i primi due volumi della serie di Way, senza però riuscire a trarne un beneficio sul fronte del ritmo. Ma come dicevamo ho una seconda maschera da proporvi e il Michele con la maschera dello spettatore ignaro che esistano degli strani oggetti con tante figure e le pagine lucide che si chiamano fumetti, ha un’opinione diversa della serie. Quel Michele, interrogato su The Umbrella Academy, vi direbbe “Vabbè, dai, se po’ fa… un mezzo figo quello de Misfits che fa Klaus“. Il Michele spettatore ignaro è molto romano, dovete scusare anche lui. Ma ha le sue ragioni. Infatti la serie costruisce molto bene i personaggi e le relazioni tra loro e fa esplodere bene i conflitti e, anche se non riesce ad avvicinarsi alla complessità dell’intreccio narrativo della serie a fumetti, alla sua libertà creativa e alla vena punk (e hipster prima degli hipster) che gli scorre dentro, riesce nell’intento di mettere a schermo sempre qualcosa di interessante e, alle volte, perfino commovente. Quindi decidete voi qual è il Michele che vi sta più simpatico. Tanto voi non state simpatici a nessuno dei due!

Dogman (Prime Video)

La periferia in cui Matteo Garrone cala il suo Dogman è un luogo malato in cui l’umanità, in tutte le sue forme, si mette a nudo, rivelata dall’asperità del contesto urbano che si scontra a sua volta con la durezza della natura circostante. La duplicità che contraddistingue tutto il film si esemplifica nel rapporto malato tra il piccolo e buono Marcello, il nostro Dogman, un uomo sinceramente empatico e gentile, e il brutale, animalesco e violento Simone. Se il primo vive una vita nell’ombra, sempre nella speranza che il suo scomparire in mezzo al “branco” lo metta in salvo, il secondo è un cane sciolto che fa vigere sempre la legge della sopraffazione dei più deboli, che sfrutta la sua ferocia in un microcosmo in cui basta poco per essere capo branco. Tutte queste similitudini animalesche perché in Dogman viene rivelata la parte più ferale dell’uomo e anche l’apparente gentilezza di Marcello, poi si rivela solo una tattica di sopravvivenza in un mondo in cui non c’è spazio per l’amore. Non penso sia un caso che Marcello usi quella parola, “amore”, solo con i cani che cura e la figlia piccola, unici in tutto il suo mondo a essere davvero puri.

E, come tutte le settimane, siamo arrivati all’ultima parte della rubrica dedicata a una chicca, a un contenuto che probabilmente vi siete persi nell’uragano di novità con cui veniamo bombardati.

High Flying Bird (Netflix)

Steven Soderbergh è un fico. Se non lo sapevate, sappiatelo. La sua regia riesce sempre ad essere fastidiosamente modaiola e incredibilmente essenziale nello stesso momento. Vi sembrerà improbabile, ma vi assicuro che è così e trovo che sia perfettamente a suo agio con una sceneggiatura come High Flying Bird in cui si misura con una storia sportiva in cui lo sport non si vede mai. Se non avete idea di cosa stia parlando, vi consiglio di recuperarvi Moneyball di Sorkin Draft Day di Ivan Reitman. La sceneggiatura di High Flying Bird ruota tutta attorno allo sciopero che, qualche anno fa, fermò completamente le partite dell’NBA portando a un braccio di ferro tra giocatori e proprietari delle squadre. Sebbene dall’esterno potrebbe sembrare una strana battaglia tra miliardari (e lo è), la serrata NBA aveva ragioni giuste legate alla precarietà della vita di un atleta professionista, legata alla sua salute fisica e mentale. La storia diretta da Soderbergh e interpretata da un gigioneggiante André Holland nella parte di un procuratore in grado di stordire con la sua parlantina sciolta chiunque. La sua storia si incrocerà con quella di un giovane rookie (un giocatore al suo primo anno come professionista) e la sua segretaria. Il film procede a ritmi forsennati, graziato anche da un fluidissimo montaggio (opera dello stesso Soderbergh, che ha firmato anche la fotografia) fino a un finale che vi lascerà spiazzati. Lo consiglio ad amanti e non del basket. Dopo tutto questo genere di film dedicati allo sport in cui lo sport non si vede, funzionano in entrambi i casi, tipo io di baseball non ne so nulla, ma Moneyball lo avrò visto trenta volte.

Alla prossima settimana, miei fedeli bingewatchers: se vi è piaciuto qualcuno dei consigli che vi ho dato, se volete segnalarmi qualcosa che mi sono perso o se volete suggerirmi qualcosa di cui discutere la prossima settimana, vi invito a commentare l’articolo. La vostra guida allo streaming compulsivo è sempre disponibile!

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