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THE DOC(MANHATTAN) IS IN – A-Team

Pubblicato il 28 dicembre 2018 di DocManhattan

Abbiamo già parlato di Brandon Tartikoff, che per tutti gli anni 80 è stato a capo della NBC e che voleva mandare a casa Michael J. Fox. È il 1982, Tartikoff è al comando da poco ed è giovane e pieno di idee. Una di queste idee riguarda una serie TV da affidare ai produttori Stephen J. Cannell e Frank Lupo. Cannell è in NBC da qualche mese, firmerà di lì a poco successi come Riptide e finirà pure a fare il cattivo in Renegade. Lupo è stato il produttore, tra le altre cose, di Galactica 1980, lo sfigato seguito di Battlestar Galactica.

Tartikoff chiede a Cannell e Lupo di tirargli fuori qualcosa di molto semplice. Una serie d’azione che sia un misto di Quella sporca dozzina, Mission: Impossible e Interceptor – Il guerriero della strada (il secondo Mad Max). È proprio da lì che viene il tema dei poveracci vessati dai cattivi da aiutare in ogni puntata. Ah, e Tartikoff ci vuole anche Mr. T, perché gli è piaciuto Rocky III, e un personaggio che diventerà poi Murdock, vagamente ispirato al Sergente Belker (Bruce Weitz) di Hill Street giorno e notte.

Il primo episodio di A-Team va in onda nel gennaio dell’83: è il primo passo di una feroce campagna che porterà ad esplodere a vuoto migliaia di cartucce nel corso di 98 episodi in 5 stagioni. La violenza cartoon, regina di puntate su puntate in cui nessuno si fa mai male, nonostante il gran scialare di armi automatiche, candelotti di dinamite e blindati assemblati da P.E. Barracus avvitando un paio di bulloni a mani nude, diventa uno dei tratti distintivi della serie, quanto le follie di Murdock e i numeri da playboy romagnolo di Sberla. Cioè, il secondo Sberla.

Nell’episodio pilota dello show, infatti, il tenente Templeton Peck era interpretato da Tim Dunigan. Dirk Benedict era stato sin dall’inizio la prima scelta di Lupo e Cannell, ma i vertici NBC avevano imposto Dunigan… salvo poi rendersi conto che era troppo alto, oltre che troppo giovane per sembrare un reduce del Vietnam. Dunigan sarebbe entrato comunque nell’immaginario collettivo degli anni 80, interpretando nell’87 un altro militare: Jonathan Power in Capitan Power e i combattenti del futuro.

Nel corso della prima stagione, gli ascolti vanno abbastanza bene e la serie raggiunge la decima posizione nelle classifiche Nielsen. Il furgone GMC Vandura nero e rosso sgomma sull’etere americano, pronto a conquistare anche il mercato estero (da noi il debutto è su Rete 4, nel febbraio 1984). È durante la seconda stagione che A-Team raggiunge il suo picco di gradimento: è il terzo telefilm più seguito dell’anno, dopo Dallas e Simon & Simon, con uno share nel suo slot orario del 24%. Quasi un americano su quattro, tra quelli davanti alla TV a quell’ora, sta guardando P.E., Sberla e gli altri salvare qualcuno da qualche latifondista senza scrupoli, sparando completamente a caso.

E non è solo il colonnello John “Hannibal” Smith, tra un sigaro e l’altro masticato senza levarsi i guanti neri, a ritenersi soddisfatto dei suoi piani ben riusciti. Anche il suo interprete, George Peppard, è felice di come sta andando questa sua nuova avventura televisiva. Era sicuro sin da subito che sarebbe stata un successo. C’è un unico problema: deve dividere il set con della gente che non sopporta.

Non dev’esser stato semplice per Peppard, l’unico attore di peso in questa squadra di ex Berretti Verdi, uno che ha lavorato a Hollywood con Robert MitchumAudrey Hepburn (nell’indimenticabile Colazione da Tiffany), vedere il tizio che avrebbe dovuto solo guidare il furgone, Laurence Tureaud in arte Mr. T, diventare infinitamente più popolare di lui.

E andare a fare il Babbo Natale alla Casa Bianca per Nancy Reagan, tra una cosa e l’altra.

I rapporti tra i due divennero così tesi, che Peppard e Mr. T smisero di rivolgersi la parola. Peppard chiamava l’altro “il tizio con l’oro” e, quando proprio doveva comunicargli qualcosa, chiedeva a Dirk Benedict di riferirgliela. Il wrestler Hulk Hogan venne ingaggiato per un primo episodio incentrato sul wrestling, durante la quarta stagione, per sfruttare la popolarità crescente dell’allora WWF, ma venne richiamato una seconda volta dai produttori perché era l’unico in grado di andare d’accordo con entrambi i litiganti. Per la stessa ragione – essenzialmente tenere a freno i malumori di Peppard – nella quinta serie fu tirato a bordo Robert Vaughn nei panni del Generale Stockwell: un vecchio amico con cui “Hannibal” aveva lavorato ne I magnifici sette nello spazio (Battle Beyond the Stars, 1980).

Ma Peppard non ce l’aveva solo con Mr. T.

Melinda Culea era apparsa nelle prime due stagioni, nei panni della giornalista Amy Allen, amica dell’A-Team, ma era stata licenziata a metà del secondo anno perché chiedeva più spazio. Al suo posto era stato creato un altro personaggio praticamente identico, Tawnia Baker (Marla Heasley). Peppard, però, era contrario proprio alla presenza di figure femminili, che a suo dire rallentavano l’azione e rischiavano perciò di mandare il tutto in vacca.

Per essere sicuro che la Heasley recepisse il messaggio, al suo primo giorno sul set, Peppard la accolse con un “Non ti vogliamo in questo show. Se sei qui è solo perché i produttori pensano per qualche ragione che ci debba essere anche una ragazza”. Sorprende qualcuno scoprire che Tawnia si è sposata ed è sparita alla fine della terza serie? Nella quarta stagione, però, le cose precipitano comunque, anche senza ragazze.

Gli ascolti colano a picco, nonostante le tante comparsate, come il citato Hulk Hogan o Boy George. A fine serie si introduce un nuovo personaggio, interpretato da Tia Carrere, che avrebbe dovuto accompagnare l’A-Team l’anno dopo. Ma gli impegni contrattuali pregressi della Carrere non lo permisero. Al suo posto viene aggiunto alla banda di latitanti dal cuore buono e dalla mira pessima uno Sberla latino, quel Fiorello del karaoke ante litteram chiamato Frankie Santana (Eddie Velez).

Cambia il tema di fondo, in due sensi. Il primo è che ora l’A-Team è in missione per conto del citato generale Stockwell della CIA, dopo esser scampato al plotone d’esecuzione. Il secondo è che viene modificata anche la sigla. Ma l’accoglienza è pessima: A-Team non è più tra le prime 30 serie d’America, e viene calata la saracinesca dopo soli tredici episodi, l’8 marzo del 1987.

Come è avvenuto anche in Italia, è solo grazie alle repliche continue, ai continui passaggi in syndication, in patria come in Europa, che l’A-Team è diventato un telefilm cult, simbolo fluorescente di un certo modo di fare TV così anni 80 che mancava solo che i protagonisti indossassero una maschera a forma di cubo di Rubik per tutto il tempo. La morte di Peppard, nel ’94, ha messo fine fine ai sogni di un film con la formazione originale, ma nel 2010 è uscito il reboot con Liam Neeson e Bradley Cooper, prodotto sempre da Cannell. Che se n’è andato solo poche settimane dopo l’uscita del film, per un melanoma.

I telefilm prodotti da lui si chiudevano sempre con la stessa scena: nel corso degli anni sono cambiati solo i suoi vestiti, ma si vedeva sempre lo stesso Cannell al lavoro con una IBM Selectric, prima di lanciare via il foglio. Ha continuato a usare davvero quella macchina da scrivere elettrica, perché non gli piaceva usare la tastiera di un computer.

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