ScreenWEEK Originals La Storia dietro un Frame
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I set dei film sono pieni di aneddoti più o meno interessanti. Alcuni sono noti, altri meno. Partendo da un frame, da una semplice immagine, si possono scoprire le storie più particolari. Questo perché dietro il semplice fotogramma di una pellicola si può nascondere un mondo. È questo il caso di Willy Wonka e dell’ultimatum della capriola.
“Hold your breath
Make a wish
Count to three”
Quando, nel 1971, Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato fece il suo ingresso nelle sale americane, il pubblico si precipitò in sala per vederlo, trasformandolo in un enorme successo che è giunto fino ai giorni nostri.
No, purtroppo non è vero, almeno non del tutto. Il film oggi è un cult, su queso non ci sono dubbi, ma nel 1971 il suo esordio non fu tra i più brillanti.
La critica riuscì ad apprezzarlo. Roger Ebert, ad esempio, lo definì il “miglior film del suo genere dopo Il Mago di OZ” ma parte del pubblico, invece, non riuscì a capirlo fino in fondo, accusandolo di essere crudele nei confronti dei bambini. Con loro anche Roald Dahl (l’autore del romanzo a cui la pellicola si ispira), che arrivò a dissociarsi dall’opera perché troppo lontana dalle sue pagine.
Succede sempre così, no? Moltissimi cult movie diventano tali lentamente, con il passare del tempo. Oggi Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato è considerato un classico, un incredibile spettacolo all’insegna della meraviglia, impreziosito da splendide musiche e dall’interpretazione di Gene Wilder, che – non me ne voglia Johnny Depp o chi verrà dopo di lui – rimarrà il miglior Willy Wonka di sempre.
Ricordate la sua prima apparizione nel film? Wonka è una figura leggendaria, tutti parlando di lui ma il suo ingresso in scena è decisamente in contrasto con il suo mito. Ci aspettiamo un superuomo e invece ci troviamo di fronte ad uno zoppo, che cammina grazie all’aiuto di un bastone e che, ad un certo punto, cade rovinosamente per terr… Ah, no, si stava prendendo gioco di noi, è più in forma che mai e pronto a mostrarci il suo meraviglioso mondo, la sua Fabbrica di Cioccolato.
Si tratta di un momento fondamentale, che introduce nel migliore dei modi una figura particolarmente ambigua. Possiamo fidarci di Willy Wonka o è solo un astuto manipolatore? Un interrogativo che rimane costante fino alla fine del film.
Immaginate di guardare quella scena proprio in questo preciso istante. Bene, è arrivato il momento di premere il tasto pausa e tornare indietro nel tempo.
Sono gli anni ’70 e la giovane figlia di Mel Stuart ha appena finito di leggere un libro: La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl.
Ha 10 anni, si è letteralmente innamorata di quel romanzo, suo padre è un regista. Sa già cosa deve fare. Corre da Mel Stuart dicendo:
Papà, ho appena letto questo libro, è un gran bel libro, secondo me dovresti farci un film e chiedere a zio Dave di produrlo.
Mel Stuart legge, quindi, il libro e anche lui lo trova interessante, potrebbe sul serio diventare un grande film. Decide, quindi, di proporre la cosa al produttore David L. Wolper (zio Dave), spiegandogli che la richiesta proviene direttamente dalla sua nipotina.
Wolper legge il libro e, dato che è un uomo di affari, trova subito un potenziale aggancio con la Quaker Oats Company, con cui è in trattative. La Quaker Oats Company vuole lanciare sul mercato una nuova barretta di cioccolato e Wolper, che ne sa una più del Diavolo, propone loro un potenziale affare: comprare i diritti del libro scritto da Roald Dahl, finanziare un film e lanciare sul mercato la barretta di cioccolato con il nome “Wonka Bar”.
Alla Quaker Oats Company l’idea piace e decide di finanziare il più grande e maestoso spot mai realizzato. Per questioni di marketing si decide di modificare il titolo: non più Charlie e la fabbrica di cioccolato ma Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, per avere un richiamo alla “Wonka Bar” che accompagnerà l’arrivo in sala del film.
Le cose procedono nel migliore dei modi, il film trova anche uno sceneggiatore, David Seltzer, ma manca il protagonista. Vengono fatti diversi provini ma la scelta cade su Gene Wilder. Mel Stuart lo ritiene perfetto per il ruolo, in grado di donare un tono rassicurante ad un personaggio, Willy Wonka, che presenta parecchi lati oscuri.
Gene Wilder è ovviamente contento ma prima che il progetto diventi concreto, prima di decidere quando sarà il primo giorno di riprese, ha una richiesta:
La prima volta che il mio personaggio entrerà in scena, vorrei camminare con un bastone, zoppicando. Nel momento in cui la folla vedrà come è ridotto Wonka comincerà a mormorare. Io continuerò a camminare e il mio bastone rimarrà incastrato tra i ciottoli della strada. Proseguirò il mio percorso e solo dopo mi renderò conto che il mio bastone non c’è più. A quel punto cadrò ma prima che il mio viso possa toccare terra farò una capriola e tornerò in piedi tra gli applausi generali.
Wilder propone una scena ben precisa, che dovrà far parte del film. Mel Stuart è sconcertato e chiede il motivo di questa proposta. Per Gene Wilder la risposta è semplice:
Perché da quel momento in poi, nessuno saprà se io sto mentendo o dicendo la verità.
L’attore ha già iniziato a calarsi nel personaggio, insomma, sta già immaginando il film completo e sa che quella scena è importantissima per delineare la figura di Willy Wonka. Ma Mel Stuart ha un’atra domanda:
Stai dicendo che se non faremo così rifiuterai la parte?
La risposta, ovviamente, è sì. Poco male, perché in fondo quella scena è sul serio bella e non si tratta solo del capriccio di una star. Gene Wilder si è già innamorato del suo personaggio, del film, ed è intenzionato a dare il massimo.
Ancora non lo sa ma quella pellicola diventerà un piccolo grande cult e il suo ingresso in scena sarà ricordato per sempre. O forse lo sa, proprio per queste ha deciso di mettere l’intera produzione di fronte ad un singolare ultimatum.
E la Quaker Oats Company? Non vedrà mai il suo sogno realizzato. Ha contribuito alla realizzazione di un film entrato nella storia, ma le “Barrette Wonka“, purtroppo, verranno ritirate dal mercato a causa di un errore nella loro formula. Ma questa è un’altra storia.
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Anche oggi siamo giunti alla fine del nostro appuntamento, anche oggi abbiamo scoperto che basta soffermarsi su di un singolo frammento di pellicola per scoprire un mondo. La settimana prossima ci attenderà un nuovo frame, una nuova storia.
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