Seconda Occasione: la realtà parallela di The Lady (2014)

Seconda Occasione: la realtà parallela di The Lady (2014)

Di Nanni Cobretti

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L’ACCUSA: “è così brutto che fa il giro” ecc…

SVOLGIMENTO: esce in sala in questi giorni The Disaster Artist, il film di James Franco sulle riprese di The Room, ufficialmente noto come “film più brutto mai girato”.
“Brutto”.
“Brutto”, da definizione, è una parola che definisce una sensazione respingente, negativa.
The Room è l’opera tragicamente sincera di Tommy Wiseau, un immigrato est-europeo con sogni da Hollywood Star, che mette in scena una comune fantasia romantica negativa (il protagonista viene tradito dalla fidanzata con il suo migliore amico) ma, nella sua dilettantesca traduzione della vita vera in linguaggio sintetico cinematografico, se ne esce con un’opera involontariamente assurda che pare il tema sgrammaticato di un alieno a cui è stato chiesto di descrivere quel che ha capito, male, della vita sulla Terra.
The Room è anche un improbabilissimo megasuccesso di culto che, soltanto qua a Londra, proiettano regolarmente una volta al mese da sette anni. SETTE. ANNI.
Per cui di base mi sono sempre chiesto: come fai a definire “brutto” un film che ti viene voglia di riguardare a ripetizione? Probabilmente non è l’aggettivo giusto.

La prima cosa da sapere è che il titolo di “film più brutto mai girato” è ambito fin dai primi anni ’90, e per la maggior parte del tempo è rimasto saldamente in mano a Edward D. Wood Jr e al suo Plan 9 From Outer Space (1959), immortalato da Tim Burton nel biografico Ed Wood (1994).
La seconda cosa da sapere è che, in era moderna, il primo film a diventare un cult in quanto “brutto”, e ad attrarre platee internazionali a proiezioni periodiche, è italiano, ed è Troll 2 (1990) di Claudio Fragasso.
Troll 2 commette un paio di peccati eclatanti, che sono quelli di investire il suo miserrimo budget in costumi poverissimi e attori dilettanti reclutati sul posto: i risultati sono effettivamente memorabili. Ma è anche un film girato con un gran senso del ritmo e molta più competenza di quanto si voglia ammettere: è una gara a fare del proprio meglio con materiale a disposizione semi-impresentabile, e non è lontanamente affascinante quanto la visione autoriale sincera, surreale e fuori controllo di The Room.
Ma non temete!
Siccome noi italiani non ci facciamo mancare niente, abbiamo anche qualcosa che si può definire un vero equivalente di The Room.
Ho dovuto imbrogliare un po’ per inserirlo – non è un film, è tecnicamente una web serie – ma ne valeva la pena: The Lady, di Lory Del Santo, ha lo stesso sapore di realtà alternativa dell’opera di Tommy Wiseau. E molte più location.

Innanzitutto: Lory Del Santo non è, al contrario di Wiseau, una totale sconosciuta con un sacco di soldi misteriosamente da parte, ma è una delle soubrette più famose nella storia della televisione italiana che, dopo aver attraversato i ’70 e gli ’80 sulla cresta dell’onda, ha avuto vicissitudini personali dall’incredibile al realmente tragico e si è riciclata con successo nel nuovo millennio come partecipante di reality show. Questo le ha permesso di bazzicare costantemente in un certo tipo di mondo, mantenere un certo stile di vita da celebrity, avere ancora quel tipo di visibilità per cui può andare ospite sui programmi più popolari della tv generalista senza grossi problemi e con qualsiasi scusa.
Anticipato tematicamente dal corto The Night Club – Osare per credere, una specie di parabola/barzelletta lisergica a sostegno dell’esibizionismo, The Lady si propone di narrare della ricchissima famosissima desideratissima ed enigmatica Lona, del suo rapporto con l’amore e del mondo che le gravita attorno. Stop.
Fin dalle primissime battute sono chiare due cose:
– per ingaggiare gli attori, Lory Del Santo si è rivolta a un’agenzia di fotomodelli senza disturbarsi a fare provini, contando di rimediare parzialmente in fase di doppiaggio (probabilmente già previsto anche solo per non dover spendere in microfoni);
– lo stile di sceneggiatura della Del Santo è dedicato in modo praticamente religioso al non-sequitur più selvaggio.
Che è un modo tecnico per dire: si viene assaliti all’istante da una smitragliata di attori incapaci e dialoghi senza il minimo senso, a volte senza proprio il più elementare collegamento pseudo-logico tra una frase e l’altra, e districarsi e trovare un nesso o un metodo è un’impresa.
Ma una cosa è chiara: ti conquista in pochi minuti. E chi ha bazzicato nel mondo dei film amatoriali sa benissimo che la roba che ti attrae magneticamente in pochi minuti è rarissima.
Lory Del Santo si pone qui come autrice totale, alla Orson Welles: la voglia di esprimersi, la voglia di non scendere a compromessi con il proprio istinto e la voglia di controllare il più possibile la porta ad occuparsi di soggetto sceneggiatura regia fotografia luci costumi montaggio e persino riprese. Non recita, forse per diminuire il senso di autoindulgenza vanitosa e aumentare lo street cred, forse solo per rivedersi più giovane nel personaggio presumibilmente semi-autobiografico di Lona (Gloria Contreras).
Il suo totale sprezzo per la professionalità – a meno che non si tratti di cancellare l’accento dialettale/straniero ai personaggi più importanti – fa il resto. Incredibile, tra l’altro, come il suo orecchio sia sensibile agli accenti ma totalmente sordo quando si tratta di sentire battute espresse in modo robotico e non coinvolto, e i suoi occhi ciechi quando si tratta di riconoscere attori che sembrano partecipare controvoglia – il già leggendario maggiordomo Chang per primo.
La struttura però a suo modo è geniale: una serie di sketch brevi, estemporanei, piccole istantanee di vita smeralda tra belli e bellissimi, sbalzi di tono brutali tra frivolezza quotidiana e riflessioni filosofiche, la presunta routine lavorativa di un’agenzia che organizza feste e spettacoli come setting principale e sostanzialmente nessuna trama da portare avanti.
O meglio, ci sono un paio di costanti: la storia tra Lona e Luc (il nome più “grosso” del cast, l’ex-tronista Costantino Vitagliano), e quella di un tizio sfregiato che segue Lona e la spia senza farsi vedere. Ma se la prima si “risolve” all’improvviso con un’enfatica dichiarazione d’amore finale che non ha bisogno di alcun set-up, la seconda viene lasciata completamente in sospeso. Lory sembra completamente disinteressata a portare avanti una narrativa che duri più di tre sketch consecutivi, preferendo accumulare personaggi su personaggi, confondibili, intercambiabili, semplici bellissime comparse che, con la loro facilità di spogliarsi e/o ballare e/o dispensare sorprendenti aforismi, compongono un mondo e ritraggono uno stile di vita più che raccontare una storia.
La struttura a sketch, oltre a dare agli episodi un ritmo incalzante che rende la visione effettivamente liscissima, ha probabilmente anche il suo risvolto pratico non indifferente nel momento in cui Lory può letteralmente usare un “attore” per circa mezzo pomeriggio e non richiamarlo più (Costantino, il più ricorrente fra le co-star, ha lavorato un totale di un giorno e mezzo).
Praticità: l’altra mossa geniale della nostra autrice sta nell’aver ridotto la crew tecnica al minimo estremo indispensabile (quasi solo lei stessa), strategia che le consente di girare il mondo e filmare scene indisturbata nei luoghi più improponibili tra Milano, Capri, Parigi, Londra, Malibu, Miami, e dare un incredibile respiro internazionale che manco Sex & the City a un film che più squattrinato di così è difficile pensarlo.
Più lo guardavo, più pensavo a The Canyon di Paul Schrader. Ce l’avete presente? È quel film scritto da Bret Easton Ellis e girato tutto in digitale nell’omonimo quartiere fighetto di Los Angeles tra giovani bellissimi aspiranti attori. Anche lì si parlava di routine semi-annoiata fra bellissimi e il cast era pieno di dilettanti, tra cui la pornostar James Deen al cui confronto Costantino riesce a sfigurare anche in quanto ad abilità recitative. Anzi lo ammetto, sono un super ingenuo: pensavo che Costantino, sulla base di essere una star della tv e di aver già girato un lungometraggio da protagonista, sarebbe stato non dico bravo ma almeno spontaneo, un minimo a suo agio, e invece fa talmente fatica che ti viene l’ansia per lui.
Insomma: di base, The Lady è paragonabile a Tommy Wiseau che gira un romanzo di Bret Easton Ellis. Stessa frammentarietà immobile, stessa vacuità mondana, stesso malessere esistenziale e stesso edonismo spinto di certi romanzi di Ellis, stessi dialoghi e comportamenti grotteschi e dilettantismo tecnico/formale spinto del cult di Wiseau.
Più di Ellis e di Wiseau però, Lory Del Santo ha lo sguardo da vera insider che fantastica sullo stesso mondo in cui ha davvero passato la maggior parte della sua vita. Questo, se vogliamo, la avvicina un po’ anche a Sofia Coppola.
In conclusione: The Lady è brutto?
Io lo riguarderei.
Quindi forse non è l’aggettivo giusto.

I fatti di cronaca: Lory presenta il progetto a Pomeriggio 5 a una Barbara D’Urso che la sfotte apertamente, e poche cose sono presagio di sventura come quando le tue velleità artistiche vengono sfottute all’istante persino da Barbara D’Urso. È però un articolo su Vice a consigliare caldamente la visione “ironica” e a dare il via a un fenomeno virale travolgente.
Incoraggiata dal successo e per nulla demoralizzata dal modo in cui è arrivato, Lory prosegue con una seconda e una terza serie sempre più consapevole dei propri “punti di forza”, non fa nulla per rimediare ai propri difetti più caratteristici e calca sempre più volontariamente sul lato comico e grottesco, accentuando i dialoghi surreali e collezionando comparsate di lusso (Maccio Capatonda e Andrea Pinketts) e un numero sempre crescente di tipici freaks da talent show.
Al momento, The Lady consiste in nove ore di girato in cui dei vari intrighi aperti nessuno ha ancora raggiunto uno sviluppo anche vagamente definibile come “secondo atto”.

IL VERDETTO: come viaggio dentro la testa di un tipico personaggio alla Bret Easton Ellis, è più sincero e trasparente di qualsiasi cosa che Bret Easton Ellis abbia mai scritto.

COS’HO IMPARATO: che l’amore non è altro che “frammenti di tante emozioni”…

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