Intervista realizzata da Adriano Ercolani.
New York, AMC Lincoln Center, 8 giugno
C’era davvero il pubblico delle grandi occasioni al red carpet Americano di Okja, prodotto da Netflix per la regia di Bong Joon-ho. Già passato all’ultimo festival di Cannes, il film racconta del rapporto di amicizia tra Mija, una giovanissima ragazza, e appunto Okja, un enorme maiale creato geneticamente e lasciato in libertà per dieci anni al fine di riportarlo poi al suo destino, il macello.
Prodotto dalla Plan B di Brad Pitt – che infatti ha sfilato sul tappeto rosso e si è concesso ai fotografi senza però rilasciare dichiarazioni, Okja ha portato a New York il suo intero cast, con l’eccezione di Jake Gyllenhaal.
La prima a presentarsi alle interviste è stata proprio la protagonista Seo-Hyun Ahn, a cui abbiamo chiesto come si è trovata a recitare per quasi tutto il film con una creatura che è stata poi riprodotta al computer:
Sul set c’era un enorme pupazzo di spugna controllato da un essere umano al suo interno. All’inizio ero un po’ spaventata dall’idea di non riuscire a trovare una connessione emotiva ma grazie alle indicazioni del regista pian piano ho capito come comportarmi con l’enorme bambolone e soprattutto con Steve al suo interno. Però quando ho visto per la prima volta Okja al computer è stato come incontrarlo di nuovo, mi sono emozionata. È stata un’esperienza bellissima, sono stata onorata di aver collaborato con un regista come Bong Joon Ho, che mi ha coinvolto in molte decisioni riguardanti il processo creativo del film.
E proprio il cineasta è stato il secondo a sfilare sul tappeto rosso. Come ha lavorato per trovare l’equilibrio tra il tono favolistico di Okja e il messaggio di denuncia che trasmette?
Tutto dipendeva dal rendere credibile la creatura. Il pubblico doveva amarlo come compagno della protagonista Mija, in modo da non vederlo come un prodotto commerciabile. Volevo che gli spettatori non si sentissero a loro agio nel pensarlo come carne da macello, ho cercato di scuoterli attraverso un film il più bello possibile da vedere. Forma e contenuto spesso sono in contraddizione nella società moderna…
Ad arrivare è stato poi Giancarlo Esposito, il mitico Gus Fring che abbiamo ammirato prima nella serie TV Breaking Bad e che è poi tornato nello spin-off/prequel Better Call Saul, Come mai ha scelto di partecipare alla favola contemporanea di Bong Joon-ho?
Perché mi sono trovato a lavorare con un regista che aveva una visione molto precisa su come raccontare la storia, e questo per un attore è sempre un enorme appoggio, prima di tutto a livello emotivo. Bong Joon-ho voleva prima di ogni altra cosa raccontare l’amicizia tra due esseri viventi, una bambina e un animale, e attraverso essa mettere anche in scena come funzionano i meccanismi dietro la produzione di cibo, soprattutto quello creato geneticamente. L’avidità delle corporazioni industriali è il discorso che affrontiamo con Okja, e lo abbiamo fatto mescolando poesia dell’immagine, azione, storia d’amore e anche qualche piccolo momento comico.
Dopo Esposito è toccato a una delle icone del cinema contemporaneo, la sempre stupenda Tilda Swinton, che in Okja interpreta Lucy Mirando, la proprietaria della multinazionale che ha “inventato” il maialino gigante. Che messaggio vorrebbe il pubblico cogliesse guardando questo film?
Non parlerei proprio di messaggio, piuttosto di un consiglio che Okja offre al pubblico. Non possiamo vivere sempre tranquilli riguardo le industrie che producono i nostri beni, e mi riferisco non soltanto alle cose che mangiamo ma anche ad esempio al trucco, a ciò che mettiamo sul nostro corpo. L’idea di Okja è che possiamo comportarci in modo migliore, cercando di capire il più a fondo possibile quali industrie ci mentono quando vogliono venderci i loro prodotti.
Come ha lavorato su una donna sopra le righe come Lucy?
In un film hai novanta minuti, due ore se sei fortunato, per far capire al pubblico chi è il personaggio che stai interpretando, quale messaggio vuole veicolare. Lucy la vediamo all’inizio e poi dopo un’ellisse temporale di dieci anni. Ho pensato a come renderla differente, abbiamo deciso che doveva essere briosa all’inizio e molto più contenuta nel resto del film, in modo che il passare del tempo fosse evidenziato dal peso delle decisioni che ha preso. Ho giocato anche un po’ con alcune sue particolarità, ho cercato di renderla un minimo differente e peculiare. Non c’è nulla di generico nel mondo di Okja, quindi non volevo lo fosse proprio lei.
Ultimo a sfilare sul tappeto rosso Steven Yeun, star di the Walking Dead che in quest’ultimo progetto interpreta un idealista appartenente a un gruppo che vuole fermare il macello degli animali. Anche lui ha confermato le parole precedentemente dette da Giancarlo Esposito:
Bong Joon-ho sapeva esattamente che tipo di film voleva girare, sul set non ha lasciato alcun particolare al caso. È stata un’esperienza completa lavorare con lui, il connubio di professionalità e talento artistico che possiede è di livello altissimo. Durante le riprese però ti chiedere di essere parte del viaggio emotivo che vuole percorrere insieme agli attori. Io ho detto sì progressivamente a questo percorso, giorno dopo giorno, e spero di essere riuscito a contribuire al suo dipinto adoperando i miei colori d’attore.
Okja uscirà su Netflix il prossimo 28 giugno.
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