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Big Hero 6 – La nostra recensione in anteprima dal Festival di Tokyo!

Pubblicato il 23 ottobre 2014 di Redazione

Aude Boyer, per ScreenWeek dal Festival di Tokyo (traduzione di Matteo Boscarol).

Ambientato in un futuro non troppo distante, nella città di San Fransokyo, una combinazione di due tanto iconici quanto contrapposti paesaggi urbani quali San Francisco e Tokyo, Big Hero 6 è il primo lungometraggio targato Disney Animation derivato dalla proprietà Marvel Comics (lo studio comprò la Marvel nel 2009) ed il primo lavoro dopo l’incredibile successo di Frozen – Il Regno di Ghiaccio, il maggiore incasso nella storia dell’animazione (quasi 1.3 miliardi di dollari). Non c’è quindi bisogno di aggiungere che questa nuova uscita è da tutti tra le più attese dell’anno.

Hiro è un quattordicenne prodigio che spende il suo tempo libero in combattimenti tra robot piuttosto che usare le sue abilità per qualcosa di più utile. Dopo aver visitato il fratello Tadashi nel suo laboratorio alla San Fransokyo Tech University, il nostro classico adolescente ribelle però si convince facilmente a partecipare alla prestigiosa gara d’invenzioni organizzata dall’università.

Proprio in questa occasione Hiro sviluppa e presenta i microbot, una tecnologia all’avanguardia che permette di usare la telepatia per costruire ogni cosa senza limiti, un’invenzione con inimmaginabili potenzialità. Una tragedia travolge inaspettatamente Hiro: il ragazzo, soffocato dal dolore, trova conforto nella presenza di Baymax, un compassionevole robot-operatore sanitario inventato da Tadashi per assistere le persone. Desideroso di vendetta e verità, Hiro assieme all’amico robot e ad altri suoi amici comincia una serie di avventure che cambieranno per sempre la sua vita.

Se l’anno scorso Frozen era tutto centrato su principesse e relazioni fra sorelle, quest’anno con Big Hero 6 sotto la lente d’ingrandimento sono soprattutto i rapporti fra fratelli e i supereroi. Infatti la battaglia interiore di Hiro e la sua relazione con Baymax, un doloroso ma in qualche modo confortevole ricordo dell’amata persona scomparsa, rappresentano il nocciolo stesso della narrazione. Benché sia una reinterpretazione della storia e dei personaggi originali della Marvel, fortemente ispirata dall’estetica e dal modo di raccontare giapponesi, Big Hero 6 rimane fedele ai topoi del genere (l’inizio tragico, un cast di compagni in costume, tecnologie all’altezza e scene d’azione molto ben fatte) allo stesso tempo senza dimenticare le sue radici classiche Disney (cuore, humour ed una forte costruzione dei personaggi). Disney o Pixar? Chi può dirlo, ora che gli studi di animazione della Disney hanno dedicato quasi tutte le lore risorse all’animazione in CGI e che possono beneficiare del talento in fase di produzione di John Lasseter.

Oltre a questa fusione dello spirito Marvel/Disney, l’altro equilibrio che era importante mantenere era quello della location, San Fransokyo. Questa città ibrida poteva ben facilmente scadere in una Chinatown caricaturale imbottita di cliché futuristici, ma gli sforzi del team responsabile della direzione artistica hanno portato ad una fantastica miscela dei due paesaggi urbani. Per fare ciò, la qualità dell’ambientazione in CG è stata portata e livelli altissimi grazie ad una nuova tecnologia di rendering sviluppata dallo studio (Hyperion, QUI un nostro approfondimento) ed il risultato è incredibile: con un background dettagliatissimo e complesso, un’illuminazione realistica e una miriade di personaggi di contorno (più di 700, quando in Ralph Spaccatutto ce n’erano « solo » 185), Big Hero 6 è più cinematico che mai. Il mix eclettico delle architetture di entrambe le città funziona assai bene e, benché un rifacimento del Golden Gate Bridge come una porta shintoista risulti un po’ caricaturale, l’invasione della città da parte di maneki-neko, la vivida atmosfera di Tokyo e la maggior parte del gusto della capitale nipponica è trasmesso attraverso i piccoli dettagli e la resa delle strade. I due registi, Don Hall e Chris Williams, hanno dichiarato che la loro ispirazione deriva quasi  interamente da un viaggio che fecero a Tokyo tre anni fa. «Abbiamo fatto così tante foto, di tutto, dai palazzi, ai ponti, fino al paesaggio, ma anche foto dei negozi, delle macchinette automatiche e dei tombini delle strade. Perché qui in Giappone, dalla nostra prospettiva, tutto ha un design fatto ad arte e volevamo trasferire ciò nel nostro film.» hanno spiegato.

Hall è anche un forte ammiratore dell’opera di Miyazaki, e si vede bene durante la pellicola. San Fransokyo è il segno più evidente di questa influenza, ma in realtà ogni elemento del film richiama al Giappone, a cominciare dai protagonisti: Hiro è disegnato come un tipico adolescente giapponese, i cattivi indossano delle maschere Kabuki e il design di Baymax, la cui forma della faccia deriva da una campana di un tempio, è chiaramente ispirata alla rotondità dei prodotti elettronici giapponesi (la sua altra forma è più aggressiva, più vicina alle fattezze di un samurai o a quelle dei robottoni degli anime).

Big Hero 6 è una toccante storia di crescita sull’amicizia, sui legami familiari e sul dolore ma è anche una vera e propria lettera d’amore alla cultura nipponica, di cui si nutre e da cui trae ispirazione ad ogni livello. Allo stesso tempo il film è anche un sci-fi/action movie capace di intrattenere, il che prova che il lato creativo ed il lato tecnologico dello studio Disney si sono sincronizzati per creare su base regolare una serie di storie capaci di scaldare il cuore e con uno splendido design.

Big Hero 6 uscirà nelle sale italiane il 18 dicembreA questo link trovate la pagina Facebook italiana.

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