Torino 2013, le top 5 della redazione di ScreenWEEK #Torino2013SW

Torino 2013, le top 5 della redazione di ScreenWEEK #Torino2013SW

Di emanuele.r

www.torinofilmfest.org public TFF_2013.pdf

Alla fine di ogni annata, come alla fine di ogni festival, arrivano le classifiche. Chiuso il Torino Film Festival 2013 ecco i 5 migliori e il peggiore secondo la redazione.

Emanuele:

– E agora? Lembra me (TFF Internazionale Doc): una delle più acute e intense visualizzazioni del flusso di coscienza, splendido diario che non conosce pudore, viaggio di un anno di cure e riflessioni di un regista, Joaquim Pinto, malato di AIDS. Speranza, amore, ma anche arte e cinema.
– All Is Lost (Festa mobile):  il più epico e radicale film sulla forza dell’uomo che Hollywood realizza da molto tempo a questa parte. J. C. Chandor, tra avventura e sperimentazione, riporta Robert Redford alla grandezza attoriale che gli compete.
– L’image manquante (Tff Documenti): una poetica e lirica riflessione sul Male e sul cinema come testimone impossibile. Rithy Pahn ricostruisce i filmati perduti e distrutti del massacro cambogiano attraverso pupazzi e realizza un film complessissimo nei temi ma semplice come un’immagine.
– Only Lovers Left Alive (Festa Mobile):  Jim Jarmusch dedica un inno ad arte e bellezza come rifugio dal declino umano. Ironico, lieve, crepuscolare, originale nel rielaborare la mitologia vampiresca e la cultura moderna, romantico nel credere all’amore come unica possibile sopravvivenza.
– Frances Ha (Festa mobile): caso raro e lieve di pellegrinaggio urbano e di luminosa storia di dipendenze in cui Noah Baumbach e la sua musa Greta Gerwig, moderni Allen-Keaton, amano follemente New York, l’amicizia, la grazia e la goffaggine. Il cinema indie al suo meglio.

Il peggiore: Grand Piano (Festa mobile) di Eugenio Mira.  Thrillerino meccanico e sgangherato che confonde il virtuosismo con l’arte e mentre imita male De Palma sfodera uno script offensivo per chi ama il thriller e la musica. Wood pesce fuor d’acqua.

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Filippo:

– Inside Llewyn Davis (Festa Mobile): Il bello dei Fratelli Coen è che riescono a rendere interessanti anche le storie apparentemente più banali, puntando tutto su (anti)eroi per i quali si prova un amore incondizionato. Un film che rasenta la perfezione, e per certi versi la raggiunge anche: è scritto benissimo, diretto altrettanto bene (ma su questo non c’erano dubbi), incorniciato da una fotografia particolarmente suggestiva (opera di Bruno Delbonnel), caratterizzato da intermezzi musicali emozionanti e animato da un cast perfettamente calato nella parte.
– Prince Avalanche (Festa Mobile): Un’opera all’apparenza innoqua, ma che in realtà è in grado di piegare i canoni della commedia a suo favore. Un inno alla libertà, contrapposta a quelle barriere che troppo spesso ci imponiamo. Bravissimi i protagonisti Paul Rudd ed Emile Hirsch, quasi sempre soli per l’intera durata del film. Da applauso le brevi (ma illuminanti) apparizioni del compianto Lance LeGault, che interpreta un enigmatico camionista sospeso tra realtà e immaginazione.
– Only Loves Left Alive (Festa Mobile): Assolutamente promossi i vampiri fricchettoni e bohémien di Jim Jarmusch. Una pellicola elegante, raffinata e spiritosa, che ha come protagonisti Tilda Swinton e Tom Hiddleston, nel ruolo di due creature della notte rivisitate in un’ottica cool che in un attimo si divora i vari Edward Cullen e compagnia bella.
– Big Bad Wolves (After Hours): Una storia che fonde più generi (si va dal torture porn alla commedia grottesca, che in più di un caso coincidono) e che presenta lo stesso spirito delle pellicole dirette da Quentin Tarantino e i Fratelli Coen. Il finale, particolarmente disperato ma in linea con la storia, riesce a fare il suo effetto: nonostante l’atmosfera sia quasi sempre rilassata, Big Bad Wolves è una profonda riflessione sulla società in cui viviamo (in particolare quella israeliana) e come tale può fare della speranza un semplice optional.
– Au Nom du Fils (After Hours): Il film più coraggioso del festival e, soprattutto, il film che non avrà mai una distribuzione in Italia. Il tono è quello della presa in giro, che cela però una profonda (e scomoda) denuncia. I momenti grotteschi si alternano ad altri ben più drammatici e si respira, soprattutto nella seconda parte, un’atmosfera che ricorda Kill Bill.

Il Peggiore: Flood Tide (Onde) di Todd Chandler. Poteva nascerne un corto carino, ma la voglia di strafare ha dato vita ad un mediometraggio che riprende alcuni temi particolarmente cari alla cultura New Age, per dar vita ad una rappresentazione vacua e presuntuosa.

Vi ricordiamo che QUI trovate l’elenco dei vincitori della 31° edizione del Torino Film Festival.

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