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#venezia70, Gravity – La nostra recensione dalla Mostra del Cinema

Pubblicato il 28 agosto 2013 di laura.c

La Terra vista dallo spazio: un’immagine che già di per sé riesce a sprigionare un enorme potere evocativo, un’immagine che rimanda alla riflessione e alla contemplazione. Ma cosa potrebbe accadere se questa  visione diventasse il controcampo di uno sguardo alla deriva, perso nell’immensa solitudine dello spazio? Gravity di Alfonso Cuarón, film di apertura della 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, sfrutta esattamente questa suggestione per costruire un’opera dal sapore malinconico, in cui tensione e introspezione si uniscono e si alternano attraverso la storia di due astronauti, costretti ad abbandonare il proprio shuttle danneggiato e ad avventurarsi completamente soli nello spazio. In una dimensione immensa, ignota, spaventosa eppure dotata, allo stesso tempo e forse proprio per questo motivo, di un fascino catartico e magnetico.

La dott.ssa Ryan Stone (Sandra Bullock), dal carattere schivo e serio, è alla sua prima missione, mentre il suo compagno di viaggio, Matt Kowalsky (George Clooney) è un esperto del mestiere che ama dispensare battute e storielle anche a gravità zero. Unici superstiti di un grave incidente causato da detriti impazziti in orbita intorno alla Terra, insieme dovranno affrontare un viaggio attraverso un vuoto, quello dello spazio, in realtà pregno di prove non solo per il corpo ma anche per la mente e l’anima. Un percorso perciò anche intimo, che porterà in particolare la dott.ssa Stone ad affrontare i nodi irrisolti del suo passato e le insegnerà a gestire un dolore e una paura che vanno ben oltre i pericoli materiali provenienti dal cosmo.

Come ha detto giustamente lo stesso Cuarón presentando il film a Venezia, non è raro che lo spazio si trasformi, anche nei film più densi di azione, in una metafora potente, capace di rappresentare le ansie e le domande più ancestrali della specie umana. L’intuizione del regista è stata perciò quella di dare alla sua opera una doppia anima, viaggiante su due diversi  binari. Da una parte, Gravity è senza dubbio un film di tensione che ricalca la struttura classica di un survival movie, dove i personaggi sono costretti a ingegnarsi al proprio meglio per sopravvivere in un ambiente ostile: in questo caso non uno scenario selvaggio come spesso avviene all’interno di tale genere, ma un contesto assolutamente insolito, ricostruito con grande accuratezza e spettacolarità. Assolutamente apprezzabile da questo punto di vista la scelta del 3D, che accentua non solo le linee tondeggianti ampiamente presenti in scena (dai caschi, ai portelli fino alla meravigliosa forma sferica della Terra, che si mischia ai volti degli attori nelle loro visiere trasparenti), ma anche i movimenti fluttuanti che ovviamente imperano all’interno del film.

Dall’altro lato, Gravity sfrutta le caratteristiche dell’ambiente spaziale per sottolineare la crescita del personaggio della Bullock, impegnato in un’evoluzione interna tesa alla rinascita, all’emancipazione da un dolore e da un’assenza di senso che, al pari dell’assenza di gravità, tengono sospesa la sua esistenza in una sorta di limbo. È come se Cuarón, una volta definiti i tratti caratterizzanti della sua protagonista, abbia cercato di piegare lo spazio, e tutto l’immaginario legato alla vita nello spazio, alle esigenze metaforiche del proprio racconto, in un’alternanza molto calcolata di sequenze ad alta tensione e di simbolismi forti, legati soprattutto all’idea di nascita, utero, cordoni ombelicali e ambienti avvolgenti quasi quanto un liquido amniotico.

Per quanto sia difficile non notare un po’ di superficialità e qualche didascalismo di troppo nel portare sullo schermo il tema di fondo, Gravity può contare comunque sulla forza suggestiva di una tale visione dello spazio, ben sorretta anche dalla prova della Bullock e non danneggiata dall’aria sempre un po’ sorniona di Clooney, in questo caso richiesta e adatta al personaggio dell’astronauta navigato. Appena necessario rimarcare la grandiosità degli effetti visivi, che rendono più che mai credibile l’avventura velata di malinconia e a gravità zero creata da Alfonso Cuarón.

Anche quest’anno ScreenWEEK è al Lido per seguire la 70. Mostra del Cinema di Venezia. Qui trovate il resoconto della conferenza stampa con Cuarón, Clooney e Bullock. Continuate a seguirci per itutti gli aggiornamenti dal Festival.