The Fastest Man Alive, secondo episodio di The Flash, conferma l’impostazione basilare della serie, che abbraccia la sua natura supereroistica con grande sfoggio di superpoteri ed effetti speciali.
Attenzione: il seguente articolo contiene SPOILER
Una scia rossa si muove ad alta velocità per Central City, salvando chiunque si trovi in pericolo: è Barry Allen (Grant Gustin), che ci sta prendendo gusto a compiere azioni supereroistiche dietro alla maschera di Flash, nonostante Caitlin Snow (Danielle Panabaker) e Harrison Wells (Tom Cavanagh) lo avvertano di fare attenzione. Ma quando Iris (Candice Patton) gli chiede di accompagnarlo alle celebrazioni in onore dello scienziato Simon Stagg (William Sadler), un gruppo di uomini mascherati fa irruzione durante l’evento, e Barry è costretto a intervenire per salvare una guardia. Questo sforzo lo porta allo svenimento, ma Caitlin, Wells e Cisco Ramon (Carlos Valdes) ne scoprono subito le cause: il corpo di Barry consuma molta energia in breve tempo, provocando un repentino calo glicemico; il ragazzo ha quindi bisogno di nutrirsi per recuperare energie, e Cisco sintetizza delle barrette energetiche che fanno proprio al caso suo. La situazione, però, non piace affatto a Joe (Jesse L. Martin), che teme per la sua incolumità, e non vuole che si atteggi a supereroe.
La fiducia in se stesso di Barry viene ulteriormente abbattuta quando si trova faccia a faccia con gli aggressori, e scopre che in realtà sono i cloni di Danton Black (Michael Christopher Smith), un uomo che ha acquisito il potere di moltiplicare il suo corpo in un numero infinito di copie: Black brama vendetta nei confronti di Simon Stagg, reo di aver rubato la sua ricerca sulla clonazione degli organi, con cui aveva intenzione di curare sua moglie. Barry lo affronta in un magazzino, ma viene soverchiato dai cloni, e costretto alla fuga poco prima di soccombere. Il ragazzo non si sente adatto a combattere il crimine, e decide di abbandonare il ruolo di supereroe… almeno finché Wells, parlando con Joe, non riesce a fargli capire che il suo supporto è fondamentale per Barry, e che deve dargli fiducia. Joe parla con lui, e lo convince che è l’unico in grado di combattere gente come Danton Black. Così, infilato nuovamente il costume, Flash corre in soccorso di Stagg nel suo palazzo, già invaso da Black e dai suoi cloni. Sono troppi, ma Caitlin gli ha suggerito una soluzione: i cloni agiscono sotto il controllo dell’originale, e ciò significa che il vero Danton Black sarà l’unico ad apparire particolarmente affaticato. Dopo averlo individuato, Flash lo schianta contro una colonna, facendogli perdere i sensi; trascorrono pochi secondi, però, e l’uomo si riprende, ma Barry lo schiva e cerca di salvarlo prima che precipiti da una finestra. Black, disperato per la perdita della moglie, ormai è solo, e preferisce farla finita: si libera dalla presa di Flash e precipita al suolo.
Barry diventa quindi l’angelo custode di Central City, e Iris comincia a svolgere delle ricerche su questo misterioso salvatore. Alla fine, impressionato dai poteri dell’eroe, Stagg dichiara a Wells che sarebbe incredibilmente vantaggioso riuscire a controllarli per il proprio tornaconto, ma Wells si alza dalla sedia a rotelle e lo pugnala, uccidendolo: «L’uomo con la maschera rossa, l’uomo più veloce del mondo» dice, «dev’essere tenuto al sicuro».
Mentre Arrow e Agents of S.H.I.E.L.D., con modalità e per ragioni diverse, tendono in parte ad “autocastrarsi” nella loro stessa identità fumettistica, limitando la presenza di superpoteri, costumi o azione sovrumana, The Flash ha invece il merito di abbracciare completamente la sua natura primigenia: quella di uno show che ha come protagonista uno dei supereroi più celebri del mondo, e che non teme di riprodurne l’anima più fantasiosa e “pop”. Le conseguenze di questo approccio risuonano anche in The Fastest Man Alive, una piccola e godibile avventura supereroistica concentrata in 40 minuti, tassello fondamentale nel percorso formativo di Barry Allen. Si tratta, infatti, del classico capitolo in cui l’eroe è tormentato dal dubbio: come potrà salvare il prossimo e combattere il crimine, se non ha fiducia nelle sue stesse capacità? La presenza del supercriminale Multiplex serve bene allo scopo, ed è un peccato che l’unico accenno di caratterizzazione psicologica emerga solo alla fine, quando Black confessa la sua disperazione e la sua paradossale solitudine – per uno che ha il potere di moltiplicare il suo corpo – dopo la perdita della moglie. Lo scontro, comunque, risulta utile per consentire a Barry di acquisire consapevolezza di sé, mentre i personaggi che lo circondano imparano ad accettare la sua seconda identità e il nuovo status quo che ne consegue. In tal senso, desta qualche dubbio il comportamento di Joe: se la sua preoccupazione è legittima, e nasce dall’affetto che nutre per Barry, sembra sin troppo repentino il modo in cui cambia opinione dopo la conversazione con Wells, quando convince il ragazzo che nessun altro al di fuori di lui può combattere la minaccia dei meta-umani (sapendo bene i rischi che dovrà correre). D’altra parte, il fatto che la figura paterna conosca l’identità segreta del supereroe può generare alcuni conflitti interessanti, ed è una soluzione poco diffusa in questo ambito narrativo.
Sul piano tecnico, nulla da obiettare: se si esclude un’inquadratura di massa con i cloni di Multiplex, dove la CGI incespica un po’, gli effetti speciali raggiungono i vertici delle produzioni televisive, secondi solo a quelli di Game of Thrones. Le corse di Flash sono uno spettacolo fluido e luminoso, ricco di fulmini e scintille che segnano il passo del Velocista, e anche il combattimento finale con Multiplex regala qualche soddisfazione. Inoltre, al contrario di Arrow, il versante emotivo non ha la meccanicità algida e artificiosa delle soap opera, ma riesce a pizzicare le corde del sentimento con leggerezza, suscitando un sincero coinvolgimento ogni volta che Barry – adulto o bambino – si reca in visita da suo padre in prigione (merito anche delle performance di Grant Gustin e John Wesley Shipp). Per il resto, la ripartizione dei ruoli di contorno appare un po’ rigida, soprattutto in Cisco Ramon – a cui tocca solo una funzione distensiva, da spalla comica – e nella dolce Iris, classico interesse amoroso che non conosce l’identità segreta del protagonista, ed è affascinata dal suo alter ego. Più interessante Harrison Wells: la sua ambiguità, bruscamente confermata dall’epilogo, nasconde verità importanti sul futuro di Barry, ed è uno dei cardini su cui si fonda la trama orizzontale di questa stagione.
La citazione: «Quel suo potere… è come se fosse una divinità antica! Come se Mercurio fosse sceso sulla Terra!»
Ho apprezzato: la qualità degli effetti visivi; le musiche; l’efficacia del versante emotivo; l’attenzione al percorso formativo di Barry; l’atmosfera fantascientifica e pop.
Non ho apprezzato: il ripensamento troppo brusco di Joe; la rigidità dei ruoli secondari.
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