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EXCL – Big Hero 6: la nostra intervista ai creatori del film Disney

Pubblicato il 28 ottobre 2014 di Valentina Torlaschi

Il cartone animato di Natale di quest’anno si chiama Big Hero 6. Prodotto dalla Walt Disney Pictures, il film racconta del legame speciale tra un ragazzino e la sua particolarissima creatura robotica bianca e tondeggiante di nome Baymax. Un robot tanto impacciato quanto adorabile.
La pellicola d’animazione è stata presentata proprio in questi giorni in anteprima mondiale al Tokyo International Film Festival dove è stato accolto con ottimi pareri: “Assolutamente incredibile! Fresco e originale. Magnifico, di cuore, qualcosa che è per sempre. È impossibile non innamorarsi di Baymax”, questi sono solo alcuni dei commenti della stampa. Ottime recensioni a cui si aggiunge anche la nostra di ScreenWEEK scritta dal nostro inviato dal Giappone Matteo Boscarol.

Proprio al Tokyo International Film Festival abbiamo incontrato i registi Don Hall e Chris Williams nonché il produttore Roy Conli che ci hanno raccontato della lavorazione di Big Hero 6. Ecco la nostra intervista.

[Intervista di Aude Boyer, traduzione di Matteo Boscarol]

Shinjuku, Tokyo. Siamo all’ultimo piano dell’Hyatt Park Hotel, reso famoso da Sofia Coppola in Lost in Translation, qui Don Hall e Chris Williams hanno risposto alle domande nostre e di un gruppo di giornalisti riguardo Big Hero 6, la loro prima collaborazione come registi. Con loro c’era anche il produttore Roy Conli.

Come è nata l’idea di questo lavoro?

Don Hall: Circa tre anni fa quando stavo finendo Winnie the Pooh, stuzzicai John con l’idea di fare un qualcosa che combinasse Marvel e Disney e lui si dimostrò subito entusiasta. Dopo alcune ricerche ci imbattemmo in Big Hero 6, un lavoro che tutti amavano, John e tutti gli altri registi compresi. In realtà si tratta di un fumetto piuttosto misterioso, pur essendo un super appassionato di fumetti non ne avevo mai sentito parlare. Lo trovai on line e mi piacque subito il titolo, suonava assai bene, inoltre parlava di un gruppo di supereroi giapponesi ed anche questo era un fattore che mi attirò subito. Poi lo lessi e mi resi conto che il tono del fumetto è leggero e mi piacquero subito i personaggi, mi convinsi che era qualcosa che si poteva fare. Da qui estrapolammo l’idea di un ragazzino/genio di 14 anni e della sua relazione con la creazione del fratello (un robot) che lo aiuta a superare un grave lutto. Un’idea di partenza, il cuore della storia che colpì tutti.

Quanto ha preso parte la Marvel nello sviluppo del progetto?

Roy Conli: è interessante notare come la Marvel lavori in modo molto simile al nostro: una storia ed un sistema di lavoro più basato sulla collaborazione che sulle decisioni del produttore. C’è il DNA della Marvel nel progetto ma si può senz’altro dire che Big Hero 6 è un lavoro della Disney Animation. Siccome l’abbiamo ambientato a San Fransokyo l’abbiamo chiaramente spostato fuori dell’universo Marvel.
Don Hall: Fin dalle prime battute del progetto siamo stati in contatto con la Marvel, ci hanno davvero incoraggiato e detto di non preoccuparci della connessione con il loro universo narrativo, erano davvero curiosi di vedere cosa avremmo prodotto e ci hanno lasciato creare il nostro mondo.

L’universo che avete creato è assai unico, qual è stato il percorso creativo?

Chris Williams: È stata la prima domanda che ci siamo posti: qual è il mondo in cui si svolge il film? Ci piace l’idea di mettere assieme più cose, il film è una miscela fra Disney e Marvel ma anche fra la cultura occidentale e quella orientale. Quindi abbiamo pensato di scegliere una città iconica come San Francisco, tutti conoscono il Golden Gate, i tram…ci sono un sacco di elementi subito riconoscibili, aggiungendo a questo poi un design generale tipicamente giapponese abbiamo pensato che ne potesse venir fuori qualcosa di interessante. Queste sono state le linee guida che ci hanno portato alla creazione di San Fransokyo, naturalmente dopo aver fatto una serie infinita di ricerche, siamo anche venuti in Giappone un paio di volte.
Roy Conli: John (Lasseter) non ci lasciava andare avanti col progetto finché non avessimo costruito un mondo, è stata la prima cosa che abbiamo scoperto del film, il suo mondo. Essendo un film della Disney Animation volevamo tirarlo fuori dall’universo Marvel e per far ciò c’era bisogno di creare qualcosa di fantastico. Le avventure Marvel sono sempre a New York, Los Angeles, o Tokyo, dovevamo quindi trovare un mondo che riflettesse il DNA della storia ma che allo stesso tempo fosse qualcosa di nuovo e fresco. Poteva essere un universo parallelo o una città, un giornalista l’ha chiamata “una bella Blade Runner” e per noi questo è un grande complimento.

Ci sono dei dettagli su cui vi siete focalizzati di più per rendere questo mondo nel modo migliore?

Chris Williams: il fumetto originale è ambientato in Giappone quindi ci siamo concentrati su tante piccole cose come i copritombini, i distributori automatici o la forma delle finestre e dei camion….Tutto è così diverso e finché non ci si immerge nella cultura facendo foto o schizzi del paesaggio urbano ed osservando davvero con attenzione tutto, non si può raggiungere nessun risultato. Non possono essere solo le tue impressioni su un’altra cultura, devi studiarla. Questo è il nostro metodo di lavoro e John è dannatamente serio rispetto alla costruzione del mondo narrativo, gli piace raccontare storie, certo, ma allo stesso tempo ama creare mondi che il pubblico sarebbe entusiasta di visitare. Quindi prima di fare ciò devi assolutamente fare delle ricerche. Una cosa su cui insiste spesso è di fare portare avanti le ricerche evitando che la storia che abbiano in mente le informi. Fai le tue ricerche prima e lascia che queste informino la storia ed il mondo piuttosto che filtrare tutto attraverso l’idea narrativa.
Don Hall: Perché troverai cose che cambieranno tutto. Vanno assolutamente citati il nostro production designer Paul Felix e l’art director degli ambienti Scott Watanabe che hanno davvero contribuito in maniera importante alla creazione del mondo del lungometraggio. Alcuni giornalisti giapponesi ci hanno detto come siano rimasti impressionati dai bidoni per le bottiglie usate che si vedono nel film, per loro significa che è stata posta davvero molta attenzione nella realizzazione degli ambienti esterni ed il credito di questo lavoro va dato a Paul e Scott.

Ci potete dire qualcosa sulla fusione fra il Golden Gate Bridge il torii (il tradizionale portale shintoista, ndr)?

Don Hall: Tutti conoscono il torii e quindi è un accenno più che simbolico alla cultura giapponese. Abbiamo contattato un illustratore giapponese, Tadahiro Uesugi, di solito impegnato nell’industria della moda ma che in passato ha lavorato anche nell’animazione. Tutti sono fan dei suoi lavori e noi in prima fila, lo abbiamo ingaggiato davvero agli inizi del progetto quando ha realizzato per noi 16 dipinti e ciò che mi ha lasciato senza parole è il fatto che è stato capace di integrare in modo molto artistico lo stile giapponese in San Francisco. Non sapevamo se conoscesse o meno la città, ma molto del primo materiale sviluppato è opera sua così come il Golden Gate Bridge che è stato il primo dipinto che ha fatto, quando l’ho visto ho subito pensato “eccola! È la nostra città!”
Chris Williams: Sì è proprio così. Pensavamo che era importante avere il mondo del film fin dalle prime scene, avevamo delle scene in cui c’era Hiro, il protagonista, e solo successivamente nel corso della storia veniva presentata la città. Ma alla fine abbiamo messo in ordine le scene in modo che lo spettatore sia invitato nella storia solo dopo che abbia passato la porta con la consapevolezza di essere in un nuovo mondo. San Fransokyo è stata la chiave di volta del film, ma ci potete dire qualcosa a proposito di Baymax?
Don Hall: Non avevamo una storia ma più un desiderio di usare un robot come protagonista, il nostro mandato era quello di fare qualcosa di diverso e unico mettendo un robot mai visto prima sul grande schermo. Questo ha indirizzato la nostra ricerca verso la Carnegie Mellon University dove ho incontrato un ricercatore specializzato in «soft robotics», una branca della robotica che studia robot gonfiabili che un giorno si prenderanno cura degli essere umani. Non avevo mai visto qualcosa del genere e rimasi completamente assorbito dalla cosa, pensai subito che avevo trovato il nostro robot, uno che poteva essere abbracciato. Quindi Baymax come personaggio, non solo il suo design ma anche la sua personalità e tutto ciò che lo riguarda, viene da queste ricerche.

Quindi non avevate in mente un’idea di robot preciso all’inizio?

Chris Williams: No, I personaggi non sono interessanti quando si trovano in uno spazio vuoto e neutro, ma quando formano una dinamica con gli altri personaggi. Sapevamo che quello che volevamo mettere al centro del film era la dinamica fra Hiro e Baymax quindi abbiamo accoppiato un giovane ed energetico ragazzo con migliaia di pensieri al secondo con questo robot, che come un vero robot, risolve in modo semplice e metodico i problemi.

Anche visivamente? Il suo design è assai semplice

Don Hall: Durante le nostre ricerche sulla robotica ci siamo imbattuti sulla teorica che dice che quanto più un robot tenta di essere simile ad un essere umano, tanto più il suo aspetto diventa spaventoso. Per questo motive era necessario che Baymax fosse semplice nelle line. Inoltre volevamo mettere la prova i nostri animatori, abbiamo i migliori al mondo e volevamo farli lavorare (ride)! Si sono impegnati a lungo su come Baymax si dovesse muovere ben prima che si fosse realizzato il design e questo ha influenzato molto il risultato finale. Hanno realizzato tre versioni del suo modo di camminare basandosi sui movimenti trovati in natura e la più carina era quella basata sulla camminata di una bambino di 2 o 3 anni quando indossa un pannolino. La camminata di Baymax si basa proprio su questa (ride)! Il viso di Baymax è anche alquanto semplice, per esempio non gli abbiamo dato una bocca e i lineamenti sono basati su una campana che ho visto in un tempio giapponese. Mi sembrava che avesse un’apparenza molto pacifica e piacevole, due cerchi ed una linea.
Chris Williams: Non posso certamente dire di essere un esperto di design nipponico ma mi sembra di aver notato l’abilità dei giapponesi di semplificare il design delle cose e di trovare in questa semplicità il bello. Anche questo fattore ha influenzato il design di Baymax.

Parlando di Giappone, in che modo gli anime hanno influenzato il film?

Chris Williams: Di certo siamo stati ispirati dall’animazione giapponese fin da quando eravamo giovanissimi. La prima serie che mi catturò fu Gatchaman – la battaglia dei pianeti, c’era qualcosa della sensibilità, del modo di raccontare che era per me una ventata di freschezza. Non capivo da dove venisse ma sentivo che c’era qualcosa di diverso. Mi ricordo che quando frequentavo il college per studiare animazione c’erano queste cose chiamate “film di Miyazaki” che ci passavamo con i miei compagni in videocassette ed erano qualcosa di assolutamente fuori dal comune.
Don Hall: Era come Yoda, “chi è il maestro che riesce a creare questi film” mi chiedevo.
Chris Williams: Esattamente, quindi quello che volevamo catturare in Big Hero 6 era un’ immaginazione come quella che Miyazaki infonde nei mondi dai lui creati.
Roy Conli: l’animazione giapponese ha una così grande influenza nella Disney Animation, tutti noi guardiamo anime e Miyazaki è certamente un eroe per tutto lo studio e anche per John Lasseter. Il mio film preferito è La città incantata che ti porta dentro ad un nuovo mondo e quando guardo Baymax, penso che Totoro sia uno splendido parallelo perché ha una certa dose di innocenza e gentilezza.
Chris Williams: Anime è un termine così vasto che può significare tante cose…ma sono stato colpito dalla dinamicità delle scene d’azione una cosa che abbiamo cercato di portare anche in Big Hero 6. Abbiamo davvero cercato di catturare la sensazione dinamica che ho provato quando ho guardato i migliori lungometraggi animati giapponesi come ad esempio Principessa Mononoke. C’è ancora un altro aspetto che in qualche modo riguarda gli anime, un certo sentimentalismo, immobilità e bellezza, una dolcezza che anche noi volevamo catturare nello immagini. C’è una scena verso la metà del lungometraggio quando Hiro porta Baymax a volare per la prima volta, questo è un buon esempio del dinamismo di cui parlavo prima. C’è poi la scena in cui i due sono seduti su una turbina sopra le nuvole e c’è un’immobilità ed una bellezza che mi sembra rifletta il fatto che siamo stati esposti per tutta la nostra vita al mondo dell’animazione giapponese.

Eravate entrambi alla Disney prima dell’arrivo di John Lasseter, sarebbe stato possibile un lavoro del genere prima della sua venuta?

Chris Williams: Assolutamente no.
Don Hall: Impossibile.
Chris Williams: solo grazie alla presenza di John è stato possibile realizzare questo lavoro.
Don Hall: ed è stato tutto documentato. Era un sistema rotto, i film erano sviluppati dagli creative executives e poi passati ai registi per la realizzazione. I registi non erano proprio appassionati ai materiali che gli venivano offerti. Tutto il processo cambiò con l’arrivo di John che lo mise sottosopra mettendo i registi nella possibilità di realizzare opere da loro idee. Questa è una delle prime cose che ha fatto e cambiò tutto.
Roy Conli: In verità un regista deve portare a John non solo un’idea ma tre, John non vuole che ci si chiuda in una idea singola, vuole davvero vedere dove e come la tua mente lavora.

Ci potete dire qualcosa riguardo ad un possibile nuovo progetto? È in cantiere un sequel?

Roy Conli: In tutta franchezza siamo stati così impegnati e focalizzati su questo film fino a poco tempo fa che non abbiamo avuto tempo e modo di parlare del future [ride, ndr]!

L’avete finito da poco quindi?

Chris Williams: Saresti sorpreso….
Don Hall: Sì, quanto tempo? Due settimane?
Chris Williams: Sì circa due settimane fa o giù di lì.
Don Hall: Sono un mondo ed una storia molto ambiziosi quindi abbiamo continuamente aggiunto materiali nuovi e l’abbiamo finito appena in tempo.
Roy Conli: Riguardo ad un possibile sequel e una cosa che mi chiedono in molti, se un regista ha un idea per un sequel e lo presenta a John, con altre due o tre idee ed è qualcosa che funziona, forse chissà….

Big Hero 6 uscirà in 3D il 18 dicembre 2014 nei cinema italiani. Per curiosità e informazioni, qui trovate la pagina facebook italiana.