Circa sette mesi fa, all’inizio del lockdown, abbiamo riflettuto su come le istanze del reale modellino il cinema, cercando di immaginare l’impatto dell’emergenza Covid-19 sui film del prossimo futuro. Il punto, però, è che la vita quotidiana influenza il cinema anche come luogo, non solo come medium: le festività, i riti e persino il meteo sortiscono un effetto sulle sale cinematografiche, abituate a svuotarsi o riempirsi a seconda di ciò che accade nel mondo là fuori.
La pandemia ha colpito ogni ambiente lavorativo, lo sappiamo, ma le sale cinematografiche – settore già in crisi – sono il ventre molle in cui la lama è affondata più facilmente, mettendo in luce le difficoltà di un “sistema” che fatica a sopravvivere. In crisi è l’abitudine stessa della fruizione in sala, eppure la sua ritualità e le sue caratteristiche distintive sono indispensabili per il cinema: l’architettura dello spazio consente un’immersione totale nell’opera, il buio ci avvolge in un abbraccio, il grande schermo ci proietta nella finzione; il corpo e la sua sensorialità tattile passano addirittura in secondo piano, quando l’attenzione è così intensamente focalizzata sul film. Inoltre, la fruizione in sala ha il vantaggio di essere condivisa, e il trasporto che se ne ricava è molto più appassionato.
Consapevole di tutto questo, il fotografo Paolo Tangari ha pensato di esplorare le sale cinematografiche durante il lockdown, per assistere in prima persona a quel violento impatto di cui si parlava all’inizio. «Volevo vedere le sale vuote da troppo tempo, le biglietterie chiuse, i proiettori fermi» ha dichiarato Tangari nel suo post su Facebook. «Stare dentro la fabbrica dei sogni mentre nessuno può venire a sognare». Purtroppo, però, il progetto è rimasto fermo al “numero 0”, come spiega lui stesso:
Ma per una serie di motivi il progetto non è decollato, molti gestori non hanno voluto partecipare. Alcuni non volevano rischiare un contatto, altri non volevano esporsi, altri ancora semplicemente non volevano avere un fotografo tra le scatole mentre decidevano cosa fare del loro futuro. Giustamente, direi.
Quindi ho avuto l’occasione di fare solo un “numero 0”, il primo e ultimo di una serie di soggetti di un progetto mai nato; come tutti i fotografi, ho armadi pieni di progetti “mai nati”.
Possiamo quindi vedere solo le prime fotografie, già molto suggestive ed emblematiche, nel suo album.
Naturalmente la fine del lockdown non ha risolto la crisi, che prosegue tuttora. Con l’esclusione di Tenet, tutte le grandi uscite sono state rinviate al 2021, e molte sale rischiano la chiusura. La speranza è che il progetto di Paolo Tangari non abbia mai un buon motivo di continuare, e che i cinema non debbano più sopportare quel silenzio terrificante.