Perché l’esperienza del Cinema è insostituibile

Perché l’esperienza del Cinema è insostituibile

Di Filippo Magnifico

Il Cinema, inteso come esperienza, ci manca parecchio, è inutile negarlo.
Non vediamo l’ora di poter tornare in sala in totale sicurezza e a quanto pare sarà così a partire dal 15 giugno, nell’attesa c’è chi ha deciso di scrivere una personale lettere d’amore ad un luogo che, da qualche mese a questa parte, ci è stato negato a causa dell’emergenza Coronavirus.

Si tratta di Walter Murch, tra i montatori più famosi della storia del cinema. Nel corso della sua carriera Murch ha vinto ben tre Premi Oscar (uno per Apocalypse Now e due per Il Paziente inglese) lavorando anche come tecnico del suono e passando dietro la macchina da presa per uno dei film più controversi e genuinamente terrificanti prodotti dalla Disney: Nel fantastico mondo di Oz.

Murch ha recentemente scritto un articolo per il The Guardian e ha spiegato in quattro punti cosa, nello specifico, rende il Cinema un’esperienza collettiva.
Nessuna piattaforma di streaming, secondo lui, sarà mai in grado di sostituire l’esperienza di una sala cinematografica, perché risponde ad un nostro istinto primordiale.

Ma quali sono questi punti nello specifico? Li ha tradotti sul suo blog, TEMPI MODERNI, Maurizio Imbriale, Responsabile Produzione e Gestione dell’Offerta RaiPlay.

1- UNA VITA IN PERFETTO EQUILIBRIO

Quando un film crea un collegamento con noi, parla alla testa, al cuore e alle viscere. Ognuno di questi modi di pensare – intellettuale, emotivo ed istintivo – viene affrontato direttamente, quindi intrecciato e reso coerente. Ci viene servito qualcosa che tutti noi desideriamo, ma raramente sperimentiamo: la nostra vita sembra essere in miracoloso equilibrio. Quando un film riesce a comporre un mondo coerente, che di solito non corrisponde alla vita normale, adempie a una funzione sociale unica, quasi spirituale, aiutando le persone a risolvere le proprie contraddizioni.

2- SEGRETI CONDIVISI

Il pubblico è spesso sorpreso dall’apparente intimità di un film con i propri segreti interiori. Questo è il risultato del lavoro del regista che decide cosa mettere e cosa lasciare fuori nel suo lungometraggio. Se un film mostra troppo, il pubblico deve solo sedersi e prendere quello che gli viene mostrato sullo schermo. In tal modo però non avrà un legame emotivo con la storia e con i personaggi. Ma se il racconto resta incompleto, nella giusta misura, ciascuno utilizzerà la propria immaginazione per trasformare il parziale in completo. Questo è il motivo per cui le persone spesso hanno punti di vista diversi vedendo lo stesso film. Ognuno reagisce in maniera differente a ciò che ha visto. John Huston diceva: “I veri proiettori sono gli occhi e le orecchie del pubblico”.

3- VOYEURISMO AUTORIZZATO

Mentre guardiamo un film possiamo guardare negli occhi le persone che ci appaiono belle, brutte, potenti, spaventose e interessanti. Nella vita quotidiana, tale accesso ravvicinato non è spesso disponibile. Le persone sullo schermo, tuttavia, sembrano non sapere che li stiamo guardando, il che rende il tutto ancora più interessante. Basterebbe che spostassero gli occhi di qualche grado, guardassero l’obiettivo e noi saremmo scoperti. Ma fino ad allora, possiamo guardarli con un piacere voyeuristico mentre i loro pensieri e le loro emozioni passano come raggi di sole sui loro volti.

4- IL DISAGIO DEGLI ESTRANEI

Negli ultimi due mesi abbiamo visto i film solo a casa. Ma un film nasce per essere visto al cinema in un momento prestabilito, al buio, alla presenza di altri estranei attratti come noi da questo momento. Nelle giuste circostanze, una proiezione in sala migliora l’esperienza del cinema. Quando lasciamo le nostre case e affrontiamo un po’ di disagio (il parcheggio, il trasporto pubblico) e in questi tempi incerti anche dei rischi, e ci riuniamo in un cinema in un momento specifico, siamo pronti a vedere il film in un modo più ricettivo rispetto a quando lo visioniamo a casa in streaming.
Tecnicamente, la qualità di un film in casa può ora eguagliare o persino superare la qualità di un multiplex. Ma ciò che la visione da casa non può mai fare è fornire un’esperienza comune alla quale ci sottomettiamo volentieri. Nelle migliori circostanze, quell’esperienza può espandere la nostra coscienza, acuendo i nostri sensi nell’intimità del cinema. E quando siamo al buio, con molte altre persone, stiamo più attenti ai piccoli segnali del pubblico che scateneranno risate, urla o lacrime di gruppo. A casa, da solo o con pochi altri, questi segnali sono in proporzione ridotti. Più è vasto il pubblico, più è probabile che qualcuno inizi a ridere prima e quella risata scatenerà tutti gli altri. Gli esseri umani si sono riuniti al buio, ascoltando storie, dall’invenzione del linguaggio. Fa parte di ciò che siamo e ciò che ci lega gli uni agli altri. L’esperienza cinematografica consiste nel ricreare questo incontro primordiale.

Il pezzo di Walter Murch si conclude con una domanda: quando il mondo uscirà da questa emergenza, il cinema riuscirà a tornare come prima?
Molto probabilmente sì, anche se, inevitabilmente, alcune cose saranno cambiate.
Questo blocco improvviso ha rappresentato un vero e proprio shock, a cui non eravamo preparati.
Tuttavia quel bisogno primordiale, l’esigenza di lasciare le nostre abitazioni per riunirci nel buio delle sale cinematografiche, rappresenterà una motivazione irresistibile.

Come ha sottolineato Murch, è necessario per il pubblico sentire che i film sono in grado di parlare con loro, di sussurrare cose che sono loro sanno. Proprio per questo è necessario raggiungere una sorta di “intimità di massa”.

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