Mad Max: Fury Road – 10 cose che abbiamo imparato dall’articolo del New York Times

Mad Max: Fury Road – 10 cose che abbiamo imparato dall’articolo del New York Times

Di Marco Triolo

Nonostante non abbia ottenuto il successo sperato al botteghino, Mad Max: Fury Road è oggi considerato uno dei più grandi film d’azione mai girati, ha vinto contro ogni previsione sei Oscar – tutti tecnici, ma tant’è – e segnato per sempre l’immaginario collettivo. Guardandolo, è evidente lo sforzo produttivo messo in atto per portare a casa un film così complesso, stratificato, stracolmo di stunt rischiosi e momenti iconici. Una lavorazione che, come hanno confermato il regista George Miller, il cast, i produttori e la troupe in un lungo pezzo pubblicato dal New York Times, è stata difficile, a tratti frustrante, vista la difficoltà di spiegare una storia del genere a parole.

“Come qualunque cosa che ha del valore, si porta dietro dei sentimenti complicati”, spiega Charlize Theron. “Provo gioia estrema per essere riusciti a fare quello che abbiamo fatto, mista a un buco nello stomaco”. Un trauma “che è ancora qui con me”.

Cerchiamo di sintetizzare il pezzo di Kyle Buchanan, andando a elencare dieci cose che abbiamo imparato su Mad Max: Fury Road grazie alle testimonianze dei diretti interessati.

1. La Namibia fu la prima opzione

Per anni ci è stato raccontato che la produzione dovette ripiegare sulla Namibia dopo che piogge torrenziali avevano trasformato il deserto australiano in un giardino pieno di fiori. In linea di massima è così, ma le piogge in Australia bloccarono in realtà il secondo tentativo di girare, a fine 2010 (due settimane prima della partenza). Warner aveva già provato a fissare le riprese per il marzo 2003. La Namibia era stata scelta all’epoca, ma la lavorazione fu rimandata perché, nel mondo post-11 Settembre, ottenere l’assicurazione per girare in Africa si rivelò impossibile. Dopo la disfatta in Australia, Miller decise di tornare all’opzione 1.

2. Uma Thurman e Jeremy Renner furono considerati per i ruoli di Furiosa e Max

Prima di scritturare Charlize Theron – fan della saga – e Tom Hardy, Miller prese in considerazione altri nomi. Ha senso che, all’epoca di Kill Bill, Uma Thurman fosse sulla lista (ce lo dice il produttore Doug Mitchell). È invece Zoe Kravitz a rivelare di aver fatto un provino con Jeremy Renner nei panni di Max, prima che Tom Hardy fosse scritturato.

3. Tutto quello che si vede è vero

Lo stuntman Ben Smith-Petersen spiega:

Nella maggior parte dei film, c’è magari uno stunt a settimana. In questo film, quando inizia la giornata, stai già facendo uno stunt e poi subito dopo ce n’è un altro. Era il sogno di ogni stuntman.

Nicholas Hoult rivela di essere stato realmente legato sotto la blindocisterna in un’imbracatura. Zoe Kravitz aggiunge:

Tutto quello che vedete è accaduto davvero, non c’è green screen. Mi hanno davvero trascinata fuori dal camion e fatta volare in aria.

4. Riley Keough ha spostato un War Boy

L’attrice ha conosciuto il marito sul set del film. Si tratta proprio di Ben Smith-Petersen.

5. George Miller ingaggiò la drammaturga Eve Ensler

L’autrice de I monologhi della vagina fu chiamata sul set in Namibia per spiegare alle attrici che interpretano le mogli di Immortan Joe – Zoe Kravitz, Riley Keough, Abbey Lee, Rosie Huntington-Whiteley e Courtney Eaton – lo stato psicologico di una schiava sessuale. Ensler, che aveva lavorato con donne congolesi sopravvissute a violenze di genere, tenne dei seminari per aiutarle a capire meglio i loro personaggi.

6. Charlize Theron propose a George Miller di rasarsi a zero

Inizialmente, Furiosa era stata concepita come un personaggio “alla Barbarella”, con capelli lunghi e un costume decisamente meno pratico. Fu Charlize Theron, parlandone con la costume designer Jenny Beavan, a proporre un costume più pratico e un look più androgino per il personaggio:

Chiamai George e gli dissi: “Non so come farebbe a lavorare in officina con quei capelli. Penso che dovrei rasarmi e che lei debba essere un personaggio più androgino, concreto”.

7. Non c’era per niente caldo sul set

Lo spiega molto bene Abbey Lee:

Sembra tutto caldo, ma girammo in inverno e c’era un freddo feroce. Noi ragazze non eravamo molto vestite, e Riley andò in ipotermia.

8. C’erano forti tensioni sul set tra Tom Hardy, Charlize Theron e George Miller

La difficoltà della lavorazione e l’impossibilità di George Miller di spiegare la sua visione portarono gli animi degli attori all’ebollizione. In particolar modo, come spiega Zoe Kravitz, Tom Hardy finì per deviare molta di quella rabbia verso Miller. E anche tra i due protagonisti la situazione si fece tesa. Charlize Theron ammette:

Col senno di poi, non avevo abbastanza empatia per capire davvero cosa significasse per lui prendere il posto di Mel Gibson. È una cosa spaventosa! Per via della paura, abbiamo costruito dei muri per proteggerci invece di dirci: “Questa cosa fa paura a te come fa paura a me. Cerchiamo di essere gentili l’uno con l’altra”.

Hardy si dice d’accordo:

La pressione su entrambi era travolgente in certi momenti. A lei sarebbe servito un partner migliore, magari con più esperienza. Non è una cosa che si può improvvisare. Mi piace pensare che, adesso che sono più vecchio e più brutto, potrei esserle d’aiuto.

9. Le riprese vennero chiuse senza un inizio e un finale

Verso la fine del 2012, il presidente di Warner Bros. Jeff Robinov prese un aereo per la Namibia e ordinò a Miller di chiudere tutto entro l’8 dicembre. Lo studio era preoccupato per il fatto che il film avesse superato il budget originale. Miller fu costretto a chiudere i battenti senza aver girato le due sequenze che fanno da cornice al film, l’inizio e il finale nella Cittadella di Immortan Joe. Quelle riprese vennero realizzate in Australia un anno dopo, nel novembre del 2013. Fu Kevin Tsujihara, il successore di Robinov, a concere le riprese extra a Miller.

10. Lo studio voleva un film di 100 minuti

Nonostante il permesso di girare le scene aggiuntive, Miller dovette comunque gestire le pressioni della Warner. Lo studio continuava a chiedergli quanto durasse il film, volevano una durata sotto i 100 minuti. Miller, che aveva il final cut, decise, a un certo punto, di infischiarsene e fare come gli pareva. Per fortuna.

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