Nel fantastico mondo di Oz (FantaDoc)

Nel fantastico mondo di Oz (FantaDoc)

Di DocManhattan

L’idea di dare un seguito a un grande classico come Il mago di Oz, il film della MGM del 1939, girava in quel di Hollywood da molti anni. Nel ’54 la Walt Disney aveva comprato i diritti dei due romanzi successivi del ciclo di Oz scritti da L. Frank Baum: Il meraviglioso paese di Oz e Ozma, regina di Oz, ma non se n’era fatto nulla. Il progetto “Rainbow Road to Oz” era stato accantonato da Disney a fine anni 50: pare che lo zio Walt non ne fosse molto convinto, e al suo posto fece realizzare Babes in Toyland (1961). Perché la casa di Topolino si decida a tornare nel mondo di Oz passano vent’anni. È il 1980, infatti, quando Walter Murch lancia, praticamente per caso, la proposta di un seguito che parta dalla fine del primo film e che sia tratto proprio da quei due romanzi di Baum. Si tratta dei primi libri che ricorda di aver letto da bambino, e ai quali è molto legato, e perciò Murch li nomina in una riunione di brainstorming con il capoccia di Walt Disney Productions, Tom Wilhite, quando questi gli chiede qual è il suo sogno nel cassetto. Murch non sa che quei diritti sono già in mano a Disney da un quarto di secolo.

Nel fantastico mondo di Oz Return to Oz

LE SCARPE PIÙ CARE DEL MONDO

La major non solo è interessata a quell’idea, ma ha anche fretta di concretizzarla: Nel fantastico mondo di Oz (Return to Oz) si deve fare in tempi brevi, perché cinque anni dopo i diritti sarebbero scaduti. Così Disney può realizzare il seguito del film girato da una concorrente quarant’anni prima, senza riconoscerle alcunché. Farà eccezione solo un lauto compenso riconosciuto per poter usare le stesse scarpette rosse di Dorothy del ’39 (create apposta per Judy Garland e proprietà intellettuale di MGM). Murch decide di dare alla storia di Nel fantastico mondo di Oz, che si apre sei mesi dopo il ritorno di Dorothy Gale da quel magico mondo – ed è basata come detto sul secondo e terzo libro di Oz, con l’aggiunta di alcuni elementi dell’ottavo, Tik-Tok of Oz – un tono molto più oscuro di quanto visto nel primo film. Quello che il newyorkese, che aveva iniziato la carriera come montatore per Coppola e Lucas (ruolo che gli era valso già nell’80 il primo dei suoi tre Oscar, per Apocalypse Now), ancora non sa, è che anche il suo seguito non ufficiale de Il mago di Oz vivrà, come l’originale, la sua brava dose di casini di produzione.

Murch non ha mai diretto alcunché prima di allora, e la sua unica esperienza come sceneggiatore è stata L’uomo che fuggì dal futuro (THX 1138), scritto insieme a George Lucas. Gli viene affiancato come produttore esecutivo un’altra vecchia conoscenza di Lucas, Gary Kurtz (American Graffiti, Star Wars Episodio IV e V, Dark Crystal). A dargli una mano con lo script è invece Gil Dennis, che anni dopo avrebbe scritto e diretto Without Evidence con Angelina Jolie, e messo mano anche al copione di Quando l’amore brucia l’anima di James Mangold. I due lavorano alla storia per quasi due anni. Sono tempi complicati per Disney, anni di cambiamenti societari importanti, in coda ai quali Richard Berger è diventato il nuovo presidente di Walt Disney Pictures. Ma nessuno mette i bastoni tra le ruote a Murch. Non subito, almeno.

Nel fantastico mondo di Oz Return to Oz

QUASI DUE TOP GUN

Scelto il suo cast – nel quale figurano Fairuza Balk (che all’epoca del casting aveva solo nove anni, la più giovane di tutte le partecipanti) come Dorothy, Nicol Williamson (già Mago Merlino in Excalibur, 1981) come Re degli Gnomi, Jean Marsh, Pons Maar, Sophie Ward e, come Jack Testa di Zucca, il burattinaio Brian Henson (figlio di Jim, il papà dei Muppets) – Murch inizia a girare in Inghilterra, dapprima sul Salisbury Plain e poi agli Esltree Studios, a una ventina di chilometri da Londra. È il febbraio dell’84. Il film ha ha dispodizione un budget di circa 25 milioni di dollari, meno dei 30 promessi all’inizio, ma comunque una somma molto importante. L’anno dopo, per fare un paragone, Top Gun l’hanno girato con 15 milioni; Aliens – Scontro Finale con 18. Ma i problemi non si fanno attendere.

Dopo solo una manciata di settimane, il direttore della fotografia Freddie Francis, stremato dai mesi di riprese di Dune in Messico, molla e viene rimpiazzato da David Watkin (che di lì a poco avrebbe vinto l’Oscar per La mia Africa). Murch, essendo alla sua prima esperienza come regista, inizia ad accumulare ritardi nelle riprese. Finché i dirigenti Disney, indispettiti, non decidono di sospendere i lavori e silurare Murch. Ed è allora che quest’ultimo e in definitiva il suo film vengono salvati da un vecchio amico del regista, volato fin lì apposta dal Giappone. Il suo nome? George Lucas.

Nel fantastico mondo di Oz Return to Oz

ASFALTATO DA UNA DELOREAN

Lucas si trovava nel Sol Levante per Mishima – Una vita in quattro capitoli, film di Paul Schrader di cui lui e Coppola erano produttori esecutivi. Arrivato agli Elstree Studios in soccorso del suo amico, conosciuto ai tempi dell’università, Lucas resta lì per una settimana e garantisce allo Studio l’affidabilità di Murch, che, come avrebbe detto di lì a poco il produttore esecutivo Gary Kurtz in alcune interviste, era solo troppo zelante durante le riprese, perché era il suo primo film da regista e non voleva sfigurare. Dopo due giorni di stop, le riprese ripartono, e quando Lucas deve andar via, è Francis Ford Coppola a presentarsi sul set e a dare il suo sostegno all’amico e collega Murch. Le riprese di Return to Oz terminano a ottobre, e poco dopo il film che Murch sogna da una vita intera, pieno di pupazzi animatronic e set faraonici, pensato per essere più vicino ai libri che al vecchio film (“perché sono passati tanti anni, e Il mago di Oz era figlio dei suoi tempi”), è pronto. Pronto ad esser fatto a fettine sottili dalla critica. In pochi sembrano condividere l’entusiasmo di un esperto del fantastico come lo scrittore Harlan Ellison, che parla di un capolavoro da far vedere ai propri figli, anche se li farà gridare di paura.

Quotidiani e riviste USA trovano Nel fantastico mondo di Oz troppo tetro per un’avventura per ragazzi. La storia di Dorothy e dei suoi nuovi amici come quello scaldabagno baffuto di Tik-Tok, a base di zie fan dell’elettroshock per curare l’insonnia, “non ha niente della pellicola con Judy Garland”, scrive il New York Times sottolineando l’assenza di sense of wonder nel film di Murch. Il Chicago Reader lo definisce “sinistro e terrificante”. I dubbi della stampa sul target di una pellicola del genere non sono campati in aria: Nel fantastico mondo di Oz incassa solo 11 milioni di dollari negli USA. Nella classifica degli incassi domestic dell’85, dominata da una pellicola uscita solo qualche giorno dopo, Ritorno al Futuro, Nel fantastico mondo di Oz è ottantunesima. Qualche mese dopo, agli Oscar, Cocoon le scippa pure la statuetta per gli effetti speciali. Solo nel corso degli anni il film di Murch verrà rivalutato e si ritaglierà un ruolo di cult. Anche tra alcuni degli spettatori che ha spaventato da piccoli, sì.

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