Saoirse Ronan, Regina di Scozia (e del Cinema)

Saoirse Ronan, Regina di Scozia (e del Cinema)

Di Lorenzo Pedrazzi

Alcuni attori sono condannati a rispondere sempre alle stesse domande, finché non diventano un rituale praticamente irrinunciabile. Nel caso di Saoirse Ronan, poi, il quesito è ovvio: ogni intervistatore le chiede quale sia l’esatta pronuncia del suo nome, spesso costruendoci sopra un teatrino comico in cui la giovane attrice elenca i modi più strani in cui l’ha sentito pronunciare. Se volete togliervi il dubbio una volta per tutte, ecco la risposta:

Il nome tradisce chiaramente le sue origini irlandesi, anche se Saoirse nasce il 12 aprile 1994 nel Bronx, uno dei cinque borough di New York. All’età di tre anni, però, i suoi genitori la portano nella natia Dublino, quindi Saoirse cresce effettivamente in Irlanda, tra il villaggio di Ardattin e quello di Howth, nei sobborghi della capitale. L’aria di casa è pregna di stimoli che la guidano verso la recitazione (entrambi i genitori hanno esperienze da attori), e infatti la piccola Saoirse debutta sul piccolo schermo già nel 2003, sul canale nazionale RTÉ, con il dramma ospedaliero The Clinic e la miniserie Proof. Ovviamente le sue ambizioni guardano già al cinema, e infatti la futura star comincia a sostenere provini per alcune grandi produzioni: fa un tentativo, ad esempio, per il ruolo di Luna Lovegood in Harry Potter e l’Ordine della Fenice, ma la parte viene assegnata a Evanna Lynch. L’esordio sul grande schermo viene rimandato di pochi anni, ma sembra inevitabile per una ragazzina così talentuosa e determinata. Il suo primo ruolo in un lungometraggio cinematografico è nella commedia romantica I Could Never Be Your Woman di Amy Heckerling, dove interpreta la figlia di Michelle Pfeiffer e condivide lo schermo anche con Paul Rudd; il film, purtroppo, trova una distribuzione cinematografica solo in alcuni mercati internazionali, mentre negli Stati Uniti esce direttamente in home video. La critica non è affatto tenera, eppure qualcuno nota già le doti recitative di Saoirse, che aspettano solo di essere sfoggiate davanti a una platea più ampia. L’occasione arriva quando la giovanissima attrice, ora dodicenne, partecipa al casting call per un progetto di grande portata: Espiazione di Joe Wright, basato sull’omonimo romanzo di Ian McEwan.

Il ruolo è quello di Briony Tallis, figlia di una ricca famiglia nell’Inghilterra del 1935: la ragazzina – aspirante scrittrice – accusa l’amante di sua sorella di un crimine che non ha commesso, sconvolgendo le loro vite. Si tratta di un ruolo delicato, molto difficile da assegnare, e infatti la direttrice di casting Jina Jay sceglie Saoirse al termine di un lungo processo che coinvolge numerosi provini, da un capo all’altro della Gran Bretagna. La pazienza, però, dà i suoi frutti: l’angelica ragazzina irlandese stupisce persino lo stesso McEwan, che la reputa capace di “comunicare moltissimo con i suoi occhi”. Espiazione ha successo, e Saoirse diventa protagonista della stagione dei premi, con una nomination ai BAFTA, una ai Golden Globe e una agli Oscar: questo fa di lei la settima attrice più giovane di sempre a ricevere una candidatura come Miglior Attrice Non Protagonista agli Academy Awards, e davanti ai suoi occhi si staglia ora un orizzonte luminosissimo, ricco di opportunità.

Non a caso, dopo aver lavorato con star del calibro di James McAvoy e Keira Knightley, condivide lo schermo con altri due attori importanti – Catherine Zeta-Jones e Guy Pearce – in Houdini – L’ultimo mago (2007), prima di interpretare l’eroica Lina Mayfleet nel fantasy Ember – Il mistero della città di luce (2008). Se Hollywood ti assegna il ruolo di protagonista in un potenziale franchise (seppure fallito come nel caso di Ember) significa che le tue quotazioni si stanno alzando, ma quando a chiamarti è addirittura Peter Jackson – reduce dal successo de Il Signore degli Anelli – significa che la tua carriera ha raggiunto una svolta: Jackson sta lavorando ad Amabili resti, tratto dal romanzo di Alice Sebold, e vuole Saoirse Ronan nel ruolo di Susie Salmon, ragazzina che viene stuprata e uccisa dal suo vicino di casa, e osserva le vite dei suoi familiari da un “limbo” fra Terra e Cielo. La giovane attrice e i suoi genitori esitano un po’ di fronte a una storia così turpe, ma Jackson li rassicura: nel film non saranno mostrate scene gratuite di violenza, e l’impegno sarà tutto di natura emotiva e psicologica… tanto basta per spingere Saoirse ad accettare la parte, che richiede l’utilizzo esteso del green screen per girare le scene in cui Susie si trova nel limbo. La critica non è molto tenera con il film, uscito nel 2009, ma in compenso la performance della nostra eroina riceve un plauso unanime: la sua grazia innata le permette di affrontare una storia tanto drammatica con un misto di introspezione, giocosità e solennità, dimostrandosi più matura di quanto la sua età non faccia credere credere. I BAFTA riconoscono ancora una volta il suo talento con una nomination come Migliore Attrice, la prima in veste di protagonista.

Intanto, Saoirse continua a lavorare con registi importanti: nel 2010 esce il valido The Way Back di Peter Weir, dove interpreta il toccante ruolo di Irena, orfana polacca che fugge dall’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale. L’anno successivo ristabilisce la sinergia con Joe Wright per Hanna, in cui presta il volto all’eponima quindicenne che viene addestrata dal padre per diventare una letale assassina, e deve vedersela con una spietata Cate Blanchett; in questo caso, peraltro, è lei stessa a suggerire il nome di Wright alla produzione, segno che il suo star power è sempre più elevato. Il risultato è un insolito film d’azione che contamina spionaggio e fiaba nera, permettendo all’attrice di impegnarsi in prima persona nelle scene di combattimento. Anche per questa ragione, i critici esaltano nuovamente la sua performance, scoprendo in lei un’interprete davvero completa e versatile. I toni fiabeschi e fantascientifici di Hannah dimostrano che la sua figura eterea si addice a personaggi perennemente in bilico tra la sfera terrestre e quella sovrasensibile, tra realtà e fantasia: non a caso, Peter Jackson le offre il ruolo di un’elfa ne Lo Hobbit (che lei è costretta a rifiutare per conflitti di agenda), mentre Neil Jordan le affida quello di una vampira in Byzantium (2012), un’altra fiaba nera che però attinge all’immaginario horror. Radicata nel fantastico è anche la sua esperienza come protagonista di The Host (2013), dall’omonimo romanzo di Stephenie Meyer, film stroncato dalla stampa ma non certo per colpa di Saoirse, la cui presenza scenica è sempre impressionante grazie al suo sguardo traslucido e alla sua parvenza ultraterrena.

Molto diversa è l’accoglienza che i critici riservano al delizioso The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson (2014), dove l’attrice irlandese – ora ventenne – riesce a farsi notare anche in un ruolo di supporto. Non ha molta fortuna il coevo Lost River, debutto registico di Ryan Gosling, ma Saoirse si rifà nel 2015 con un film che sente molto vicino al suo cuore, Brooklyn di John Crowley: il suo ruolo è quello di Ellis Lacey, immigrata irlandese nella New York degli anni Cinquanta, un personaggio che rispecchia molti aspetti della sua esperienza di giovane donna divisa fra due mondi, gli Stati Uniti e l’Irlanda. Ciò che ne risulta è un ottimo melodramma che attraversa tutta la stagione dei premi, garantendole una seconda nomination agli Oscar, stavolta come Miglior Attrice Protagonista. Intanto, conosce Greta Gerwig al Toronto Film Festival e si confronta con lei sulla sceneggiatura di Lady Bird, leggendo la parte principale: dopo due sole pagine, Gerwig capisce di aver trovato l’interprete perfetta, ma dovrà passare un anno prima che il film cominci le riprese.

Nel 2016, proprio come Ellis, Saoirse si trasferisce a New York per preparare il suo debutto a Broadway ne Il crogiuolo, celebre dramma di Arthur Miller; poi, nel 2017, ecco un’altra svolta fondamentale nella sua carriera: è l’anno in cui esce il sopracitato Lady Bird, racconto formativo ambientato nel 2002 e ispirato all’esperienza della stessa Greta Gerwig a Sacramento, sua città natale. Ronan presta il volto all’eponima studentessa di liceo, dando vita a un confronto talvolta buffo, talvolta molto duro, con la madre interpretata da Laurie Metcalf. Questo ritratto dell’irrequietezza adolescenziale nella provincia americana sfocia in un vero e proprio trionfo: con un personaggio meno etereo rispetto al passato, ma sfaccettato e non sempre amabile, Saoirse amplia la sua gamma espressiva e ottiene il Golden Globe come Migliore Attrice in una Commedia, collezionando inoltre la sua terza candidatura agli Oscar (la seconda come protagonista). Impressionata dall’esito finale, Greta Gerwig non può fare a meno di assicurarsi il talento della sua nuova pupilla anche per Little Women, trasposizione del romanzo di Louisa May Alcott, in uscita il prossimo Natale: a Saoirse viene assegnato il ruolo di Jo March, un’altra ribelle, specchio della scrittrice e probabilmente anche della stessa Gerwig.

In attesa di vederla alle prese con questo classico letterario, potete ritrovare l’attrice irlandese sul grande schermo nella sua prova più recente, Maria Regina di Scozia, tratto dalla biografia Queen of Scots: The True Life of Mary Stuart. Saoirse è Mary Stuart (spesso italianizzato con Maria Stuarda), Regina di Francia che, nel 1561, dopo la morte del marito, torna nella natia Scozia per reclamarne il trono, ma entra in contrasto con la cugina Elisabetta I (Margot Robbie), sovrana d’Inghilterra. Per l’attrice irlandese si tratta di mettere in scena un’altra grande rivalità femminile – le due interpreti, per mantenere la distanza tra i personaggi, hanno deciso di non interagire prima di girare la scena dell’incontro – ma anche di riaffermare l’individualità di una donna soffocata dai meccanismi di prevaricazione maschile, con quella serietà che contraddistingue tutte le sue performance.

Perennemente divisa fra realtà terrena e astrazione, capace di restituire tanto l’innocenza quanto la durezza delle sue eroine, Saoirse Ronan è sempre in ascesa, come dimostrano la sua carriera passata e i suoi progetti futuri. Ma, come si suol dire, è solo l’inizio.

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