Kidding, solitudine di un clown: la recensione della premiere

Kidding, solitudine di un clown: la recensione della premiere

Di Lorenzo Pedrazzi

Fin dalla prima inquadratura di Kidding, la scioccante trasparenza di Jim Carrey sembra confidarci una verità che avevamo già intuito: l’attore canadese affronterà il ruolo di Mr. Pickles con un profondo impegno personale, mettendo gran parte di se stesso nel ritratto di questo intrattenitore gentile. Lo si nota dallo sguardo, dagli occhi velati di lacrime, dalle rughe che si formano sul viso quando sorride, come se il suo volto potesse esprimere più di uno stato d’animo contemporaneamente, anche in modo conflittuale.

Questo non significa che Jim Carrey e Jeff Piccirillo siano la stessa persona: il protagonista della serie, star di un programma per bambini della PBS intitolato Mr. Pickles’ Puppet Time, trae ispirazione dall’amatissimo Fred Rogers, leggendario autore e conduttore di Mr. Rogers’ Neighborhood, che ha cresciuto milioni di americani con i suoi modi pacati e le sue lezioni illuminate. Carrey ne replica la postura composta, la voce tranquilla e la gestualità misurata, comunicando uno straniamento che – nella prima sequenza della premiere, quando Jeff imbraccia il suo pupazzo-chitarra e comincia a cantare da Conan O’Brien – si scioglie in un senso di pace, riportando tutti gli spettatori alle gioie dell’infanzia… compreso un irresistibile Danny Trejo nel ruolo di se stesso. Jeff, però, vive la scissione fra il suo personaggio televisivo e la sua identità reale: per il pubblico è un volto rassicurante, ma dentro di sé cova un dolore che risale alla morte del figlio Phil (Cole Allen), rimasto ucciso in un incidente stradale da cui sono usciti pressoché illesi il fratello gemello Will (Cole Allen) e la madre Jill (Judy Greer). Quest’ultima non vuole più saperne di stare con Jeff, e frequenta un altro uomo, Peter (Justin Kirk). Jeff è però convinto di poter ricostruire la sua famiglia, e cerca di essere presente sia per lei che per Will, nonostante quest’ultimo lo consideri «una fichetta» e non abbia grande stima di lui. Suo padre Sebastian (Frank Langella) è il produttore esecutivo dello show, e lo esorta a concentrarsi sul suo lavoro, mentre sua sorella Deirdre (Catherine Keener) costruisce i pupazzi del programma e gestisce le piccole intemperanze della figlia Maddy (Juliet Morris), che rifiuta di mangiare le verdure.

La frattura si apre nel momento in cui Jeff propone a Sebastian di girare una puntata sul tema della morte, per aiutare i bambini ad accettare l’idea del decesso: è qui che il protagonista si scontra con l’impossibilità di conciliare il suo vissuto personale e la sua figura pubblica, il volto dell’individuo e la maschera del personaggio. Kidding mette in scena la solitudine del clown, isolato e incompreso sotto al trucco appariscente, ma capace – proprio come il giullare di corte, il fool della tradizione letteraria – di esprimere verità negate, talvolta persino scomode. Da grande intrattenitore qual è, Jim Carrey conosce bene questa situazione: molte volte ha nascosto il disagio dietro a un sorriso, lasciando che gli spettri del suo percorso artistico e della sua vita privata affiorassero dalla scelta di un ruolo, da una gag malinconica o da uno sguardo dolente. Michel Gondry seppe valorizzare la sua sofferenza emotiva nel bellissimo Eternal Sunshine of the Spotless Mind (come accenna lo stesso Carrey nell’imperdibile documentario Jim e Andy), e ora torna a dirigerlo dopo 14 anni, cogliendolo in quello che, forse, è il punto più basso della sua carriera, soprattutto se consideriamo il successo travolgente di fine anni Novanta e dei primi anni Duemila. Così, il ruolo di Jeff Piccirillo / Mr. Pickles si rivela estremamente adeguato all’attore canadese, che nel conflitto tra le due identità di Jeff può rivivere (ed esorcizzare) un dissidio molto intimo, lavorando sul personaggio come se fosse un parziale riflesso di sé.

Anche per questa ragione, non si può fare a meno di empatizzare con l’inadeguatezza del protagonista, candido e innocente come un bambino, ma anche intrappolato nel suo alter ego televisivo e nella sua natura delicata. Michel Gondry e lo sceneggiatore Dave Holstein, creatore della serie, valorizzano proprio questo senso di alterità che separa Jeff dal resto del mondo, incapace di accettare che Mr. Pickles devii dalla norma per affrontare questioni personali. Se è vero che anche gli altri personaggi dello show tendono a isolarsi nel proprio vissuto quotidiano (Deirdre con i pupazzi, gli attori dello Snagglehorse con le loro sveltine nel costume da cavallo), Jeff è l’unico a dover portare sulle spalle il peso delle aspettative, rendendo giustizia a un’icona che ormai è sfuggita al suo controllo. Con simili premesse, Kidding dimostra di avere ben poco in comune con le altre comedy televisive, a parte la durata: si sorride teneramente delle disavventure di Jeff, ma in sottofondo risuona una grande amarezza, soprattutto nel contrasto fra l’universo variopinto di Mr. Pickles’ Puppet Time e l’esistenza ingrigita del suo conduttore.

Gondry gratta solo la superficie del suo talento creativo (già visibile nei pupazzi e nelle scenografie del programma), ma riporta alla luce la sua capacità di unire dramma e commedia, cinismo e dolcezza, nella contemplazione malinconica della propria vita, delle proprie emozioni e del rapporto con gli altri. In tal senso, Jim Carrey è davvero l’interprete ideale della sua poetica: merito della sua capacità di muoversi fra questo mondo e un altro, immaginario e metafisico, costantemente in bilico fra una presenza e un’assenza di spirito. Qualunque sia il destino di Jeff, le ottime premesse di Kidding puntano in quella direzione.

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