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Articolo a cura di Sonia Serafini
Carismatico, esuberante, educato e dotato di un talento raro nel toccare l’animo dello spettatore con delicatezza e tenerezza. Alfonso Cuarón ha presentato in Concorso a Venezia Roma, che uscirà su Netflix a dicembre.
Il film è un omaggio alla sua vita, alla sua infanzia in bianco e nero, e dipinge in maniera poeticamente dolorosa la situazione del Messico negli anni ‘70. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione alla stampa, dove ha risposto in un ottimo italiano, con lui le due attrici del film Marina De Tavira e Yalitza Aparicio.
Come ti è venuta l’idea per questo film?
“Questo film è del tutto autobiografico, è un dialogo con la mia memoria e il mio passato. Sono tornato sui luoghi dell’infanzia con la prospettiva di oggi. Tutto il set, quello che vedete nel film, è stato ricostruito in maniera identica, la casa, i mobili, tutto esattamente com’era allora. Anche i luoghi sono quelli.
Nei suoi film ci sono moltissimi riferimenti ad altre opere, a chi si ispira?
“In tutti i miei film ci sono dei riferimenti che rimandano ad altri lungometraggi. Il mio DNA è pieno di riferimenti ai grandi come Scola, i Taviani , Pasolini e Fellini.”
Come mai la scelta del bianco e nero?
“È stato pensato sin dall’inizio in bianco e nero, non l’ho mai immaginato in maniera diversa”
Cosa le manca degli anni ‘70?
“La musica”
Come mai ha deciso di far uscire il film su Netflix?
“Questo film è stato progettato per essere visto sia su grande schermo che sul piccolo. Trovo sterile la polemica su Netflix, vi basti pensare a che tipo di accessibilità avranno tutte quelle persone che per un motivo o un altro non possono andare al cinema. Vi chiedo una cosa: quand’è l’ultima volta che avete visto un film di Bergman al cinema? L’importante non è dove vedere il film, ma farlo, vederlo.”
La parola passa alle due attrici protagoniste, che raccontano la loro esperienza sul set:
Marina De Tavira: “Sono nata intorno agli anni ‘70, la storia di mia madre si relaziona molto con la storia di Sofia, piano, piano uscivano queste cicatrici, questo dolore, e ho cercato di abbracciarlo per immedesimarmi e fare un buon lavoro. Abbiamo lavorato senza copione, ogni giorno Alfonso ci aiutava ad entrare nei personaggi lasciandoci libere di esplorare, mi ha tranquillizzata dicendomi di pensare e reagire nella stessa maniera in cui avrei fatto nella vita reale, in questo modo tutte le relazioni e connessioni fra di noi si sono sviluppate.”
Yalitza Aparicio: “l’ispirazione per il mio personaggio l’ho avuta da mia madre e da tutte le altre donne della mia famiglia, la bellezza di questo film è che tutti possono ritrovare parte di queste storie nella propria storia familiare.”
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