Harry Potter – Abbiamo incontrato a Milano la costumista Jany Temime

Harry Potter – Abbiamo incontrato a Milano la costumista Jany Temime

Di Lorenzo Pedrazzi

Sono trascorsi sette anni dall’uscita di Harry Potter e i doni della morte – Parte II, ma la saga di J.K. Rowling è una fucina instancabile che continua a produrre successi: i fan sono ansiosi di scoprire il nuovo capitolo dello spin-off Animali fantastici e dove trovarli, mentre la mostra Harry Potter Exhibition – attualmente alla Fabbrica del Vapore di Milano – espone i costumi e gli oggetti di scena dei film, attirando folte schiere di visitatori da tutto il mondo. Intanto, si festeggia il 20° anniversario della pubblicazione italiana di Harry Potter e la Pietra Filosofale, ragion per cui la Warner Bros. Entertainment Italia ha deciso di lanciare le nuove edizioni home video della saga cinematografica: dallo scorso 16 maggio è infatti disponibile un nuovo cofanetto in DVD e Blu-ray, Harry Potter La Collezione Completa – Limited Edition, un’esclusiva edizione limitata con diversi bonus disc ricchi di contenuti speciali, tra cui il documentario Creating the World of Harry Potter. Da segnalare anche un’ulteriore edizione speciale in DVD, con la Moleskine del celebre maghetto.

Ebbene, le celebrazioni hanno potuto contare su un’ospite speciale: Jany Temime, costumista della saga a partire da Il prigioniero di Azkaban, ha visitato la mostra nella giornata di sabato, assistendo come giudice a una gara di cosplayer. Nata in Francia, Jany Temime ha raggiunto la fama internazionale proprio grazie al terzo capitolo di Harry Potter, guadagnandosi la fiducia e l’ammirazione del regista Alfonso Cuarón, che si è affidato a lei anche per I figli degli uomini e Gravity; tra i film cui ha prestato il suo talento, però, si ricordano anche Che pasticcio, Bridget Jones!, In Bruges, Io e Beethoven, La furia dei titani, Hercules: Il guerriero, Skyfall, Spectre e Passengers. Ha trionfato per due volte ai prestigiosi Costume Designers Guild Awards grazie al suo lavoro in Harry Potter e i doni della morte – Parte II e Skyfall.

Ho avuto il piacere d’incontrarla insieme ad altri giornalisti, e di ascoltare il racconto delle sue esperienze nella produzione di questo amato franchise. Anzitutto, con un pragmatismo invidiabile, Jany ha detto di non provare alcun tipo di nostalgia quando rivede le sue creazioni alla Harry Potter Exhibition:

Ne vado fiera, sono felice di rivederle, sono molto felice di vedere che alla gente piacciono ancora dopo così tanti anni. Sapete, alcuni prodotti artistici tendono a diventare piuttosto datati, nel tempo… ma, sorprendentemente, quelli di Harry Potter non invecchiano mai, anche perché non sono mai stati di moda. Nessuno li ritiene datati, no, sono lì e rappresentano ancora quel fantastico mondo che abbiamo creato.

In effetti, i costumi di Harry Potter non seguono alcuna “moda”, ma inventano un mondo a parte:

Non volevo renderli modaioli, bensì accessibili ai giovani, e ho pensato che l’unico modo per renderli accessibili era usare degli abiti [realmente esistenti] e poi adattarli, trasformandoli in qualcosa di “stregonesco”. Credo sia stato importante usare forme, tessuti ed elementi che [i giovani] conoscessero: è questa la ragione per cui ho messo anche del jeans, perché si tratta di un tessuto con cui qualunque ragazzino può relazionarsi, in qualunque parte del mondo. Ho usato anche i cappucci… li ho resi più appuntiti perché fossero più “stregoneschi”, ma sono comunque dei cappucci. [I giovani] li conoscono. Ho usato le t-shirt, ho usato più cose possibili che fossero riconoscibili dai bambini. Credo che non siano invecchiati perché quello che ho scelto era molto basilare.

Grande attenzione, naturalmente, anche per la scelta dei colori:

Per le uniformi c’erano i colori delle case. Poi, per gli abiti fuori dalla scuola, ho scelto colori scuri. Non per tutti, in realtà. Ho usato molto anche il rosa, Ermione lo indossa spesso. Non sceglievo i colori per il loro aspetto estetico, ma per l’impatto che avevano. Ad esempio, nel caso di Ermione: lei è la migliore della classe, ha uno spirito femminista, non è particolarmente “femminile”… e allora per lei ho scelto il rosa. Apposta.

Jany ci ha inoltre spiegato che lei e il suo staff utilizzavano soprattutto tessuti naturali (in particolare lana e seta), e che solitamente li acquistavano di colore neutro, per poi tingerli a seconda delle esigenze. Un processo – quello dell’ideazione dei costumi – che non ha coinvolto J.K. Rowling in persona:

No, lei era sempre impegnata a scrivere il libro successivo! Però veniva sul set e apprezzava quello che facevamo. L’ho vista cambiare. La prima volta che venne sul set era una donna molto discreta, poi ha acquisito sempre più fiducia in se stessa. All’inizio era una signora con un piccolo cappotto scuro, e poi… uuuuh! [Ride]

A tal proposito, le ho chiesto se le descrizioni degli abiti nei libri sono state per lei una fonte d’ispirazione:

No. Beh, non è completamente vero. Le descrizioni nei libri mi hanno aiutata a capire i personaggi, ma non sembrano riferirsi al mondo moderno… sono un po’ troppo in stile Canto di Natale per i miei gusti, mentre io avevo bisogno che [i costumi] fossero più moderni. Ma lei ha rispettato questa scelta, e ha apprezzato il design. Comunque, il modo in cui descrive i personaggi mi ha aiutato molto a capire come voleva che fossero. Anche i colori delle case provengono da lei, poi noi abbiamo adattato il tutto alle nostre esigenze.

Ovviamente, la costumista ha visto i giovani attori crescere e cambiare nel corso del tempo:

I bambini crescono, quindi cambiano. Ricordo che all’inizio arrivavano sul set e parlavano solo di musica, poi hanno cominciato a parlare delle loro ragazze, poi delle loro carriere… sono davvero cambiati. Il set era vicino alla loro scuola, quindi potevamo scoprire ogni singolo intrigo. Io continuavo a relazionarmi con loro come se avessero tredici anni, per me sono ancora i miei bambini.

Mentre i protagonisti crescevano, diversi registi si alternavano dietro la macchina da presa, e ognuno aveva la sua personalità.

Alfonso Cuarón è un regista molto deciso, sapeva quello che voleva. Poi, dopo di lui abbiamo avuto un regista molto inglese [Mike Newell, ndr], che era perfetto per il quarto capitolo: è un vero inglese, quindi capiva bene gli intrighi della scuola pubblica. Anche il ballo, la grande festa alla fine… sono cose che lui capiva alla perfezione. Infine, negli anni successivi abbiamo avuto David Yates, e quello è stato l’epilogo del viaggio, perché abbiamo trascorso quattro anni con lui. È il regista con cui abbiamo lavorato più a lungo, ma è stato lui a doversi adattare a noi. [Ride]

A proposito di mutamenti, Jany ci ha raccontato di aver «cambiato completamente» il costume di Albus Silente nel terzo film, con l’arrivo di Michael Gambon dopo la morte di Richard Harris:

Richard Harris interpretava la parte vestito come un monumento. Ma il nuovo Silente aveva una personalità diversa: era divertente, stregonesco, potevi sentire che alle sue spalle aveva avuto una carriera prima di diventare il preside della scuola. Non volevo che sembrasse antico, volevo renderlo molto più potente. E poi, quando hai l’opportunità di lavorare con attori così grandiosi… perché nella saga abbiamo avuto i più grandi attori inglesi del cinema e del teatro… quando puoi lavorare con persone del genere, ti limiti a seguirle. Portano tantissimo al personaggio, ed è bene usare quello che offrono.

Dopo l’ideazione dei costumi e il reperimento dei capi, per Jany è importante modificarli al fine di renderli più “vissuti” (o “breaking down the costumes”, come si dice nel gergo), quindi le ho chiesto di parlarci di questo processo:

Sì, avevamo diverse persone impegnate su quel frangente. Quando prendi un abito nuovo non sa di niente, e allora lo invecchi, lo tingi, aggiungi delle ombre. Inoltre, vedere i costumi esposti alla mostra è diverso dal vederli sullo schermo, perché la fotografia contribuisce moltissimo. La luce, i filtri che vengono usati e gli effetti delle ombre sono fantastici. Però sì, il “breaking down” è importantissimo. Io lo faccio con tutto!

Infine, un consiglio per chiunque voglia diventare costumista:

Il lavoro dello stilista è diverso a seconda dell’ambiente: non puoi creare abiti per il cinema nello stesso modo in cui lo faresti per il teatro o per la moda. Devi conoscere i film, il cinema, la luce, la regia. Devi conoscere il medium per cui lavori. Bisogna lavorare molte ore… ho tanti apprendisti che pensano di poter lavorare dalle 9 alle 17, ma non è così. Si trascorrono molte ore fuori casa, niente famiglia né amici. Devi essere disposto a dare tanto, e credo che la gente spesso dimentichi questo aspetto. E poi, ovviamente, devi avere talento, deve piacerti raccontare una storia. Devi sapere molte cose, ma non parlo di ciò che ti insegnano a scuola, parlo di ciò che impari dopo la scuola. Bisogna conoscere la tecnica, ed essere preparati a trascorrere tantissime ore a fare quello che hai imparato. Se dovessi scegliere tra due apprendisti, uno con talento e l’altro con l’ossessione per il lavoro, sceglierei quest’ultimo. Perché il talento è qualcosa di acerbo. Se lo desideri veramente, lo impari. Se hai le basi, puoi impararlo. Quindi preferisco una persona ossessionata da questo lavoro, perché so che lui o lei darà tutto il necessario.

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