THE DOC(MANHATTAN) IS IN – Nel favoloso mondo di Mrs. Maisel, la Mary Poppins sboccata

THE DOC(MANHATTAN) IS IN – Nel favoloso mondo di Mrs. Maisel, la Mary Poppins sboccata

Di DocManhattan

È il 1958. Miriam Maisel, detta Midge (la Rachel Brosnahan di House of Cards) è una casalinga ebrea di Manhattan che si impegna letteralmente al massimo per essere perfetta per suo marito, Joel (Michael Zegen). Il che comprende – oltre a una beauty routine assurda – anche il supportare le ambizioni di questo finto Mad Men di Madison Avenue che vuole fare lo stand-up comedian, anche se le sue battute fanno schifo e l’unica gag che fa ridere è copiata da quella di un tizio famoso. Si porta, nella New York del ’58, riciclare la stessa gag su Abramo Lincoln, pare. Tutto sembra così idilliaco, così Mary Poppins va a New York – o Vita da Strega senza magie – che non può però durare. E infatti non dura. Qualcosa infrange l’apparentemente solido equilibrio dei Maisel, il loro mondo fatto di lusso e biscottoni comprati per ammansire gli addetti all’ascensore. E nel pieno della crisi, complice una bottiglia di troppo, Midge scopre che magari la vera comica di famiglia potrebbe essere lei. Tirando fuori le tette e venendo arrestata per questo, mon dieu.

Nella giungla di serie TV là fuori, nelle centinaia di quelli-che-una-volta-si-chiamavano-telefilm che popolano i palinsesti e riempiono le home page delle piattaforme di streaming, devi avere qualcosa in più per sopravvivere. Figuriamoci per emergere. Quel qualcosa in più, The Marvelous Mrs. Maisel – serie originale di Amazon Video in 8 episodi, disponibile anche in Italia da qualche giorno – lo trova nell’essere una produzione dannatamente brillante. Ti aspetti una commedia tardi anni 50 tutta coloratissima e abbastanza pettinata, e invece di pettinati ci sono solo i suoi attori. E neanche sempre. Sin dal primo flashback, gli studi di Midge raccontati alle sue nozze, la commedia ideata e prodotta da Amy Sherman-Palladino (Pappa e ciccia, Una mamma per amica) serve in tavola dei dialoghi pungenti, non ha paura di essere sboccata e irriverente (nel mondo post Sex & The City, del resto, non si scandalizza proprio nessuno) e ruota attorno a dei personaggi ben costruiti. Il padre di Midge, nientemento che il Tony Shalhoub di Detective Monk, è un professore di matematica irresistibile: la sua divagazione in università sui vettori, con la quale sfoga la frustrazione per la situazione familiare della figlia, ti fa venir voglia di vedere un intero spin-off su di lui. Sempre adorati i professori inflessibili e stronzi (su uno schermo).

Ma buona parte del merito del successo di The Marvelous Mrs. Maisel va indiscutibilmente alla sua protagonista, che non a caso ha portato a casa anche lei un Golden Globe e fatto incetta di altri premi e nomination. Rachel Brosnahan è semplicemente perfetta nel ruolo, ha l’energia di una donna che non si piega al maschilismo imperante dei tempi (fortuna che nei cinquant’anni successivi le cose sono cambiat… wait) e affronta con determinazione quello che la vita le mette davanti. Pure quando le sicurezze da ragazza ricca s’infrangono contro uno scoglio che non sa neanche temperare le matite. Il ritmo sostenuto – gli episodi, lunghi quasi un’ora l’uno, scorrono veloci, nonostante i primi si svolgano tutti nel giro di poco più di 24 ore – è alimentato da tanta verve e puntellato da situazioni assurde, come la gag sulle agguerritissime divorziate in palestra, snocciolata da Midge e da una sua amica mentre sudano con l’equivalente supervintage dello Zumba fitness. Perché non basta un poco di zucchero neanche per niente, cara la mia bambinaia inglese saccente amante degli ombrellini.

L’unico problema, se proprio vogliamo trovarne uno, è che The Marvelous Mrs. Maisel si prende il suo tempo. Pur non ricorrendo alla Dilatazione Temporale Posticcia® tanto abusata nelle serie odierne, per spalmarti su una trama orizzontale di 10 o più ore ciò che andrebbe comodissimo in un film di un’ora e mezza, ci mette il suo per portare Midge davvero sul palco. Ed è da lì, dopo qualche episodio, che lo show decolla davvero. Ma, appunto, è una scelta precisa, non il frutto della brutale esigenza di coprire otto puntate: devi vedere il suo mondo, capire perché una comica sboccata e separata è considerata un affronto nell’America di allora. Midge incarna un nuovo modo di fare commedia, tutto al femminile e costruito sulle frustrazioni di un mondo di maschi, che prendeva corpo proprio a quei tempi. Non a caso la serie è ambientata nel ’58, quando Joan Rivers incendiava i cabaret di quello stesso Greenwich Village. Anzi, no, meglio: dello stesso The Gaslight Cafe dai bagni impraticabili in cui si esibisce la protagonista. Brillante, solare e divertente, e pure con un messaggio, proprio in un periodo come questo. Già in cantiere una seconda stagione, sperando che lo spin-off sul padre matematico che disintegra i suoi studenti e origlia le conversazioni telefoniche con improbabili macchinari qualcuno lo tiri fuori davvero, oh. Ci tengo tantissimo.

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