Il 21 agosto 2015 tre turisti americani sventarono un attacco terroristico su un treno che da Bruxelles si dirigeva a Parigi. I giovani riuscirono a neutralizzare Ayoub El-Khazzani, salito a bordo con un AK 47, altre armi e circa duecento proiettili. Quello che poteva trasformarsi in un massacro è invece diventato un atto eroico che il grande Clint Eastwood ha deciso di raccontare in Ore 15:17 – Attacco al treno, per il quale ha scelto come protagonisti i veri Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos. A Los Angeles i tre “eroi” hanno presentato il film insieme a Jenna Fisher, che interpreta la madre di Alek. Ecco cosa il cast del film ci ha raccontato.
Partiamo dal principio: come avete vissuto la notizia che sarebbe stata una leggenda come Eastwood a girare il film?
Anthony Sadler – Spencer mi ha chiamato entusiasta dicendomi che Clint aveva letto il manoscritto del libro che stavamo per pubblicare e voleva farne un film. Per me non c’era un possibilità migliore di portare sullo schermo in maniera fedele quello che raccontiamo nel nostro libro.
Spencer Stone – È stato molto sorprendente ma in un certo senso anche una sorta di sollievo, perché sapevo che Eastwood avrebbe rispettato la realtà del nostro gesto, senza cercare di drammatizzarla per andare incontro al pubblico.
Alek Skarlatos – Per una pura coincidenza quando mi dissero che Eastwood avrebbe diretto il film avevo appena visto il suo precedente Sully, e ho capito immediatamente che non saremmo rimasti delusi da come la nostra storia sarebbe stata adattata sul grande schermo. Speravamo di trovare qualcuno che raccontasse la verità senza abbellirla.
E invece Jenna cosa può dirci del lavorare con Eastwood seduto dietro la macchina da presa?
Jenna Fischer – Nella nostra comunità di attori tutti sanno che Clint è il nome più importante, quello con cui ognuno di noi vorrebbe lavorare. Tutti i miei colleghi mi hanno chiesto se era vero che il suo metodo di lavoro e la sua capacità di dirigere era veramente il top, e non ho potuto che confermare tutto. E’ vero al 100%. Non so come ci riesce, ma dovrebbe scrivere un manuale su come si fa il regista. Prima di tutto se ti sceglie significa che si fida di quello che gli darai sul set, e questo per un attore è un gran regalo, perché la fiducia del regista diventa la tua. Per esempio stavo recitando una scena con Judy Greer in un caffè e Clint ci ha chiesto di chiacchierare un po’ prima di iniziare a girare la scena, ed è stato perfetto perché la scena non inizia con le battute principali, diventa un processo più organico.
Adesso che avete esordito come attori vi piacerebbe continuare con altri film?
A.Sk. – Penso di poter parlare anche a nome degli altri dicendo che ci piacerebbe avere un’altra possibilità. All’inizio non sapevamo assolutamente cosa sarebbe accaduto sul set, ma girare il film è stato così divertente che non sarebbe male riprovare l’esperienza…
S.S. – Ho imparato molto di me durante le riprese, soprattutto a contenere ne mie emozioni, capire cosa mostrare e cosa invece tenere dentro. Bisogna saper dosare le proprie emozioni quando si recita, per me è stata un’esperienza totalmente formativa.
A.Sa. – Clint Eastwood ci ha detto di non preoccuparci troppo di memorizzare tutto nel processo di recitazione, al contrario dovevamo continuare a essere noi stessi, non snaturarci mentre recitavamo giorno dopo giorno. Ci ha trasmesso immediatamente la fiducia in ciò che stavamo facendo, nelle scelte e nei tentativi nel cercare di portare in superficie le nostre mozioni.
Ci sono delle differenze sostanziali tra ciò che raccontate nel libro e la versione finale della sceneggiatura?
A.Sa. – Testo e script sono praticamente identici, anche perché ci hanno permesso in larga parte di contribuire alla definizione della sceneggiatura, apportando i dettagli che si avvicinavamo maggiormente a ciò che successe non solo su quel treno ma soprattutto nel raccontare le nostre vite precedenti all’episodio. Spero che gli spettatori vedano tre ragazzi comuni come noi che hanno compiuto un gesto impensabile e straordinario, e magari qualcuno nel pubblico più giovane si identificherà con uno di noi e prenderà come esempio quello che abbiamo fatto per superare gli ostacoli della sua vita.
A.Sk. – Il libro racconta ciò che successe quel giorno dal nostro punto di vista, mentre il film è un processo di collaborazione con altri, ciò significa che molte persone hanno lavorato per arrivare a una storia finale su un evento specifico. Penso che il film sia la sintesi finale, la versione definitiva riguardo quello che noi volevamo raccontare.
Tornando a quel giorno fatidico, cosa pensate vi abbia spinto ad agire, e cosa serve per compiere un gesto così eroico?
S.S. – Penso che noi, come tutti, siamo la somma di ciò che ci è successo. Quello che voglio dire è che le nostre azioni, quelle giuste come le meno azzeccate, ci hanno condotto in quel posto in quel preciso momento, dove abbiamo messo a frutto le nostre abilità per salvarci la vita. Spero sia un buon esempio per chi vedrà il film, vorrei davvero che il pubblico potesse capire che devi usare il meglio di te quando le circostanze lo richiedono veramente, non importa quanto grandi o difficili siano.
A.Sk. – Il film racconta un nostro grande successo ma anche altri piccoli fallimenti, ed è giusto così perché questa è la vita. Volevamo che tutto fosse vero, che il percorso mostrato fosse quello di vite reali, non di eroi senza paura. Tutto quello che impari strada facendo può tornarti utile, perché non sai mai cosa ti si può presentare di fronte.
A proposito di ciò che vi aspetta, come vedete il vostro futuro?
A.Sk. – Cerchiamo di vivere alla giornata, gli ultimi due anni per noi sono stati una giostra continua, spesso non sapevamo cosa sarebbe successo il giorno dopo. Cechiamo di prendere tutto il buono che ci capita ma senza aspettarci troppo: magari continueremo a recitare, ma stiamo anche cercando di continuare a tenere discorsi al pubblico per spargere le nostre idee e il messaggio che vogliamo veicolare.
Ore 15:17 – Attacco al treno farà il suo ingresso nelle sale italiane l’8 febbraio.
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