La Torre Nera – La recensione del film tratto dalla saga di Stephen King

La Torre Nera – La recensione del film tratto dalla saga di Stephen King

Di Lorenzo Pedrazzi

Lungo e tortuoso è stato il cammino che ha portato La Torre Nera al cinema, destino forse inevitabile per una saga letteraria così estesa e sfaccettata come quella di Stephen King. In fondo, l’avventura di Roland Deschain è l’opera definitiva dello scrittore americano, non tanto in senso letterario, quanto in termini di universo narrativo: con una visione monumentale, King ha costruito un vasto universo dove si svolgono quasi tutte le sue storie, e La Torre Nera funge da strumento indispensabile per la “regolazione” di questi numerosi mondi, ordinandoli e sistematizzandoli in un contesto ancora più ampio. Anche solo per questa ragione, trasporre la saga è un compito arduo.

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Il regosta Nikolaj Arcel e gli sceneggiatori coinvolti (tra cui Akiva Goldsman e Jeff Pinkner) puntano inevitabilmente a semplificare la materia, per agevolare un pubblico generalista che non ha mai letto i romanzi. I fan della saga letteraria ne resteranno delusi, ma La Torre Nera non tenta nemmeno di replicare la complessità dell’opera originale, dipanandone la mitologia in una narrazione vasta e poliedrica; al contrario, l’universo del film è relativamente contenuto e razionalizzato, quindi assimilabile con facilità anche dai “profani”. A New York, un ragazzino chiamato Jake Chambers (Tom Taylor) è tormentato da strane visioni che hanno come protagonista il pistolero Roland Deschain (Idris Elba), impegnato in una sanguinosa battaglia contro Walter Padick (Matthew McConaughey), alias l’Uomo in Nero. Seguendo gli indizi dei suoi sogni, prontamente disegnati su carta per focalizzarli meglio, Jake trova un portale che lo conduce in un’altra dimensione, abitata proprio da Roland, eroe stanco e disilluso che però medita ancora vendetta contro Padick, reo di aver ucciso suo padre. Jake scopre quindi che l’obiettivo di Walter è distruggere la Torre Nera, punto nodale tra i diversi mondi e unica difesa contro gli orribili demoni che cercano di entrare nel nostro universo. Poiché il ragazzino possiede una facoltà psichica chiamata “il tocco” (ovvero lo shining, caratterizzato da telepatia e preveggenza), Padick vuole rapirlo e incanalare la sua energia verso la Torre, in modo tale da abbatterla definitivamente.

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Le motivazioni dell’antagonista, peraltro, non vengono mai rivelate chiaramente, anche perché non c’è il tempo materiale per farlo: La Torre Nera è un film insolitamente coinciso (95 minuti, un’inezia rispetto alla media dei blockbuster), e il ritmo scalpita dall’inizio alla fine, affrettando certe svolte narrative – come la parentesi umoristica di Roland in ospedale – o impendendo a determinate situazioni di esprimersi a fondo – è il caso della fugace attrazione di Jake per una ragazza del Medio-Mondo. Ne risulta un film che, agli occhi del pubblico generalista, apparirà simpaticamente anacronistico, come un blockbuster degli anni Novanta trasportato in epoca contemporanea. Arcel privilegia gli spettatori adolescenti e pre-adolescenti, banalizzando la storia in termini manichei (la distinzione tra Bene e Male è cristallina) per concentrarsi sul rapporto tra l’eroe adulto e il suo “protetto”, principale catalizzatore emotivo della trama: l’empatia è infatti tutta per lui, più che per il nobile e infallibile Roland, cui Idris Elba conferisce un’aura di virilità ed eleganza. Sul fronte opposto, Matthew McConaughey si diverte a colorare il suo Uomo in Nero di caustica perfidia, ed è anche bravo, ma la caratterizzazione del personaggio risulta povera di sfumature, quasi macchiettistica.

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Non a caso, l’intera operazione si nutre di un intrattenimento semplice, persino efficace, che infatti valorizza lo spessore delle scene d’azione: c’è indubbiamente qualcosa di epico nelle sequenze in cui Roland impugna le pistole (soprattutto nel finale), e gli scontri fisici rievocano un certo romanticismo fanta-western che i blockbuster contemporanei hanno ormai dimenticato. Se si abbassano le proprie aspettative, La Torre Nera è anche un film godibile, piacevolmente démodé nella sua onestà di puro entertainment, ma resta sempre la sensazione che qualcosa di più ampio e profondo sia stato deliberatamente ignorato. Arcel ricava quello che può da tutti i romanzi della saga, confezionando una specie di sequel che – come sanno bene i lettori – riparte dal “reset cosmico” del settimo libro: mai come in questa circostanza, insomma, la trasposizione cinematografica si prende la libertà di diventare un’altra cosa, ovvero un prodotto più elementare che si affida alle suggestioni più immediate (l’azione, i mostri, le magie, i portali interdimensionali). Sotto questo aspetto, La Torre Nera affonda le radici in quella tradizione hollywoodiana che mette i ragazzini e i loro eroi al centro del racconto, adottando i meccanismi della fiaba e lo sguardo tipico dell’infanzia.

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