The Defenders – La recensione dei primi 4 episodi

The Defenders – La recensione dei primi 4 episodi

Di Lorenzo Pedrazzi

Indipendentemente dalla qualità dei suoi prodotti, non c’è dubbio che i Marvel Studios abbiamo dimostrato un grande impegno nella pianificazione del Marvel Cinematic Universe: la Casa delle Idee ha seguito un rigido progetto a lungo termine che, nel corso degli anni, ha saputo assorbire tutti gli imprevisti capitati sul suo percorso (come la cancellazione del film dei Runaways e l’introduzione di Spider-Man), ponendo sempre grande attenzione alla continuity narrativa. Analogo discorso vale anche per The Defenders, cross-over dove confluiscono le storie di Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist, quattro serie prodotte con Netflix che formano una specie di “sottomondo” all’interno del più ampio MCU, di cui fanno parte a pieno diritto. Come promesso, Marvel Television ha partorito la miniserie dopo aver raccontato le prime avventure solitarie dei quattro eroi sopracitati, seguendo un procedimento che rievoca il cammino preparatorio di The Avengers: anche in quella circostanza, la Casa delle Idee aveva realizzato cinque avventure solitarie prima del grande cross-over, con quattro personaggi suddivisi in cinque film, e due episodi dedicati al primo eroe del gruppo (ovvero Iron Man, mentre in questo caso si tratta di Daredevil: l’unico, finora, ad essere stato protagonista di due stagioni).

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Le strade dei quattro giustizieri, insomma, convergono in quella macro-trama che abbiamo visto germogliare nella seconda stagione di Daredevil e nella prima di Iron Fist: la Mano è quindi l’antagonista principale, ma alla guida delle operazioni c’è stavolta la sfuggente Alexandra (Sigourney Weaver), i cui legami con il clan ninja sono molto antichi; come se non bastasse, Elektra (Elodie Yung) è stata resuscitata con un sanguinoso rituale che l’ha trasformata in Black Sky, l’arma definitiva della Mano, priva di memoria della sua vita passata. È interessante il fatto che, per gestire le vicende parallele di Matt Murdock (Charlie Cox), Jessica Jones (Krysten Ritter), Luke Cage (Mike Colter) e Danny Rand (Finn Jones), gli showrunner Douglas Petrie e Marco Ramirez abbiano adottato una narrazione composita: nei primi due episodi, infatti, ognuno dei quattro personaggi è impegnato nelle sue indagini personali, tutte legate alla medesima fonte, e The Defenders si sviluppa come un collage delle quattro serie principali; non a caso, le vicende di Matt sono di natura processuale, quelle di Jessica hanno carattere investigativo, quelle di Luke sono legate ad Harlem e ai ragazzi di strada, mentre il percorso di Danny rievoca il suo ruolo come Pugno d’Acciaio nella caccia ai membri della Mano. Anche le scelte cromatiche e musicali delineano fedelmente i quattro eroi, rispecchiando le scelte stilistiche dei rispettivi show (il neo-noir di Jessica Jones, la Blaxploitation di Luke Cage…).

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Ne consegue che, in principio, The Defenders fatichi un po’ a trovare la sua personalità, e viva di rendita grazie al contributo delle serie precedenti: le storie dei quattro protagonisti si seguono volentieri, ma inizialmente non riescono ad amalgamarsi, pur avendo dei tratti comuni. La svolta coincide con il terzo episodio, e in particolare con il tanto agognato incontro nei corridoi della Midland Circle, prima scena d’azione dove Matt, Jessica, Luke e Danny combattono fianco a fianco. L’effetto è esaltante, poiché nutre quel piacere naïf di vedere finalmente i personaggi interagire tra loro, unendo le forze contro Alexandra, Elektra e gli agenti della Mano. È qui che si esprime al meglio il cuore della serie, reso iconico dall’immagine dei quattro eroi seduti al tavolo di un ristorante cinese – nel quarto episodio – per confrontarsi e discutere le mosse successive. Gli ostacoli sono piuttosto ovvi: a parte Danny (animato da un entusiasmo giovanile e maggiormente consapevole della situazione), gli altri non vogliono collaborare, non hanno bisogno di “super-amici”, poiché penalizzati dallo stesso individualismo che caratterizzava i Vendicatori nella loro prima avventura. In questo caso, peraltro, sorgono anche differenze sociali molto nette, soprattutto fra Luke e Danny, insieme alla scarsa disponibilità a farsi coinvolgere di due lupi solitari come Matt (l’unico a disporre di un’identità segreta, quindi preoccupato delle conseguenze sui suoi cari) e Jessica (la cui spigolosità è rimasta intatta dopo la morte di Kilgrave, come il suo rifiuto ad aprirsi). La portata della minaccia è però troppo grande, e le divergenze vengono appianate di fronte a un attacco diretto del nemico, quando gli eroi – in primo luogo Jessica – si rendono conto che l’unico ostacolo tra la Mano e la distruzione di New York è rappresentato da loro.

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In tal senso, gli scopi di Alexandra non sono ancora cristallini: è palese che il suo obiettivo sia l’immortalità, ma non è altrettanto chiaro il modo in cui vuole raggiungere quel traguardo, né per quale motivo la metropoli debba cadere. Difficile dire se ci sia qualche altro avversario in attesa di essere rivelato, ma sarebbe auspicabile, perché la sola Elektra – per quanto potenziata – non sembra sufficiente a contrastare i Difensori, e il climax potrebbe risentirne (la scarsità di supervillain, d’altra parte, è un problema ricorrente nelle serie Marvel / Netflix, forse troppo affezionate all’idea di pseudo-realismo e di azione “terrena”). Alexandra sembra infatti più un’antagonista di stampo cerebrale che fisico, e Sigourney Weaver le infonde un’eleganza fuori dal tempo: a tal proposito, è significativo che la sua prima apparizione coincida con un momento di grande vulnerabilità, utile per umanizzare il suo personaggio e innescare la scintilla dell’empatia, nonostante la violenza dei suoi scopi. A guidarla c’è però una mentalità aristocratica e classista, ovviamente in conflitto con la forma mentis di quattro eroi che, per ragioni diverse, vengono “dal basso” e si battono per la gente comune. In fondo, se l’attacco è rivolto specificatamente a New York City (e non all’intero pianeta, o al sistema di valori del mondo occidentale), ha senso che siano proprio i Difensori a occuparsi del problema: Matt, Jessica, Luke e Danny sono legati visceralmente alla loro città – talvolta a un singolo quartiere – come paradigma di una comunità umana dove s’intrattengono relazioni concrete, immersa in una quotidianità che per quasi tutti gli eroi del Marvel Cinematic Universe (escluso Spider-Man) è del tutto estranea. Non torri d’avorio, basi segrete, grattacieli ipertecnologici o regni scintillanti, ma le strade ruvide della metropoli: per questo, fedelmente alla solidarietà del post-11 settembre, prendersela con New York equivale a prendersela con i Difensori stessi.

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Attorno a loro ruota una costellazione di personaggi che Petrie e Ramirez riescono a valorizzare anche con poche inquadrature, ricordandoci il loro ruolo nelle vite dei protagonisti: Karen (Deborah Ann Woll), Malcolm (Eka Darville), Foggy (Elden Henson), Jeryn Hogarth (Carrie-Anne Moss), Claire (Rosario Dawson), Misty Knight (Simone Missick), Trish Walker (Rachael Taylor) e Colleen Wing (Jessica Henwick) hanno un ruolo importante da giocare, e la loro presenza non è mai gratuita, ma legata agli sviluppi psicologici o narrativi dei personaggi; un discorso a parte lo merita Stick (Scott Glenn), coinvolto per ovvie ragioni nella battaglia con la Mano, e disposto a sacrificare qualcosa d’importante pur di sfuggire ad Alexandra. Per certi versi, è lui il Nick Fury di questa miniserie.

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Dopo due episodi preparatori (diciamo due e mezzo), The Defenders entra nel vivo dell’azione, acquisisce una personalità più definita e conquista meritatamente la fiducia, in attesa di scoprire gli sviluppi della storia nelle restanti quattro puntate. Il primo combattimento dei Difensori come squadra (seppure improvvisata) è esaltante, e la sceneggiatura ne costruisce il climax con notevole cura, giocando sull’accumulo progressivo dei personaggi e sulla combinazione delle loro abilità: se la miniserie proseguirà su questa strada, lavorando sull’esigenza di unire le forze e sul valore iconico delle immagini, la scommessa di Netflix e Marvel Television potrà dirsi vinta.

Voto: ★★★★

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