The Walking Dead: Recensione dell’episodio 7×04, “Service”

The Walking Dead: Recensione dell’episodio 7×04, “Service”

Di Andrea Suatoni

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Siamo arrivati al quarto appuntamento con la settima stagione di The Walking Dead, in onda ieri sera domenica 14 Novembre (in italiano, l’appuntamento è per questa sera lunedì 15 Novembre su Fox Italia) per assistere al secondo doveroso faccia a faccia fra Rick e Negan.

Com’era prevedibile la stagione arranca dietro un primo episodio efficacissimo, cercando di costruire una tensione fittizia lì dove gli schemi ormai obsoleti della serie ci hanno abituato a prevedere praticamente ogni passo della trama; l’incursione di Negan ad Alexandria aggiunge molto poco allo show ed i minuti in più attribuiti alla puntata (85 minuti di cui quasi 30 di spot pubblicitari) risultano inutili, più che insoliti.

SERVICE

Mentre Rosita e Spencer si preparano ad uscire, in un clima generale che vorrebbe mostrarci l’asservimento drammatico degli abitanti di Alexandria ma risulta solamente un grottesco tentativo fallito (sfociamo addirittura nel ridicolo nell’unica riga di dialogo affidata a Eugene all’inizio dell’episodio, ma molto del “merito” va alla pessima prova dell’attore che lo interpreta), Negan ed i Salvatori arrivano a riscuotere i loro tributi in anticipo.

E’ passata meno di una settimana dalla tragica morte di Glenn e Abraham, ma Negan non vuole dare tregua a Rick e compagni. Tutto quello che dice è una provocazione, tutti i suoi gesti, i suoi ammiccamenti, le sue battute; il risultato è un villain troppo esagerato, pesante nel suo volersi differenziare, in fase di scrittura più che in fase recitativa, dai cattivi precedenti. Senza riuscirci.

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Ad ogni modo, Rick appare completamente asservito (ed in conseguenza di ciò, sembrerebbe aver perso il rispetto di suo figlio e anche di Michonne), così come l’intera comunità: ormai i tempi sono cambiati e i sopravvissuti devono imparare ad adattarsi e sottostare al giogo di Negan. Solo Carl esprime un anelito di ribellione: mentre i Salvatori si appropriano di qualsiasi cosa vogliano, compresi i materassi, il giovane Grimes spara un colpo di pistola decretando in conseguenza il sequestro di tutte le armi della comunità.

Olivia, personaggio già apparso in passato ma mai approfondito e con cui è impossibile un’empatia da parte dello spettatore, è la responsabile dell’armeria: quando all’appello mancano due pistole, Negan minaccia la sua morte nel caso queste non gli vengano consegnate entro breve. E’ Spencer, nel frattempo uscito con Rosita con la missione di ritrovare per Dwight la moto di Daryl, ad aver rubato le armi; una perquisizione in casa del ribelle figlio di Deanna permette a Rick di salvare la situazione e di non deludere Negan.

Sul finire dell’episodio, vediamo infine Rick consegnare ai Salvatori anche un fucile non registrato ad Alexandria, che Michonne aveva usato quella mattina per esercitarsi: prova in cambio a chiedere la liberazione di Daryl, presente per tutta la durata della puntata in veste di schiavo (in conseguenza dell’episodio 7×03), ricevendo una risposta negativa.

Alexandria è stata vinta, i suoi abitanti asserviti, e Rick è stato spezzato; quando Spencer, tornato a casa, gli fa giustamente notare le sue colpe però l’ex vice-sceriffo minaccia di massacrarlo. Michonne non riesce ad adattarsi al nuovo corso degli eventi, ma decide di provare a farlo per amore di Rick; ma la visione dei materassi di Alexandria bruciati dai Salvatori poco lontano dalla cittadina metteranno di sicuro a dura prova i suoi nervi e la sua decisione.

Nei secondi finali, Rosita bussa alla porta di Eugene: ha trovato una pistola e vuole che lui le costruisca dei proiettili.

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IO SONO NEGAN

Se Daryl non è si è ancora piegato, Rick è già arrivato molto oltre i suoi limiti. Durante l’intero episodio, la sua completa sudditanza a Negan è palpabile, ma sul finale ci accorgiamo che c’è ben più di questo: Rick è cambiato, Negan è riuscito a renderlo molto più simile a sè stesso di quanto mr. Grimes creda. La risposta che dà a Spencer è eloquente: Rick si è ormai trasfigurato nel suo nemico, è diventato lui stesso un’estensione di Negan, che ha quindi vinto su tutti i fronti.

LA VEDOVA NERA

L’unica reale scintilla di ribellione arriva da colei che più di tutti aveva accusato il colpo alla morte di Abraham: Rosita. Lontana dalla stupida irruenza di Carl, dalla spavalderia di Spencer e dall’indecisione di Michonne, la donna sembra l’unica ad aver reagito con razionalità e ad aver iniziato ad ideare un piano d’azione. Probabile che intenda semplicemente vendicarsi ed uccidere Negan senza curarsi degli altri Salvatori, ma abbiamo ormai notato che è solamente il carismatico capo a tenere insieme la banda, tesa al suo interno così come il gruppo di Alexandria. Gli equilibri dei due gruppi sono in bilico, e saranno sicuramente influenze esterne a determinare il corso degli eventi futuri: spazio quindi al Regno e a Hilltop.

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SCHEMI

Chi può dire cosa accadrà nelle puntate future? …La risposta a questa domanda purtroppo è: praticamente tutti. Gli showrunner hanno cercato di costruire, sopra le basi del fumetto di Robert Kirman, un villain imprevedibile, shockante e sopra le righe: ma come succede ormai da anni a questa parte, hanno fallito completamente. Il disegno messo in piedi con la settima stagione di The Walking Dead ricalca quello delle stagioni precedenti in un ciclo continuo di ripetizione e prevedibilità.

Risulta quindi praticamente scontato pensare ad un’alleanza fra Alexandria, il Regno e Hilltop in vista di uno scontro con Negan sul finire della stagione; intervallata da una morte importante a cavallo del finale di midseason che determinerà l’inizio del cambiamento di rotta. La costruzione degli episodi ricicla continuamente sè stessa, spargendo ai quattro venti i protagonisti per poi ritrovarli in episodi quasi monografici (esente da spoiler e trailer, al 99% l’episodio 7×05 vedrà Maggie e Sasha uniche protagoniste ad Hilltop… E magari il successivo si concentrerà addirittura su Tara e Heath); tutto per creare il sottotesto su cui gli episodi finali si reggeranno, quando “come per magia” (wow, come non aspettarselo…) le varie storyline confluiranno insieme.

Troppo prevedibile, troppo scontato: speravamo con il primo spiazzante episodio che The Walking Dead ci avrebbe finalmente stupito come agli esordi, ma il livello della settima stagione è lentamente scaduto verso quello delle stagioni precedenti nonostante il picco iniziale. Certo, potremmo anche sbagliarci e notare negli episodi seguenti un’inversione di rotta: la speranza è l’ultima a morire. Ma in The Walking Dead, muore anche quella.

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