Cinema

Yorgos Lanthimos è tornato: tutto quello che sappiamo sul geniale regista di Bugonia

Visionario, ironico, inquieto: Yorgos Lanthimos torna con Bugonia e ci costringe a guardare da vicino la follia del presente, tra paranoia, fede e desiderio di controllo.

Pubblicato il 22 ottobre 2025 di Filippo Magnifico

Dopo il Leone d’Oro e i quattro Oscar di Povere creature!, e la trilogia di ossessioni intrecciate di Kinds of Kindness, Yorgos Lanthimos è di nuovo pronto a spiazzare il pubblico.
Il 23 ottobre arriva Bugonia, un film che riconduce il regista greco alla sua forma più pura: pochi personaggi, uno spazio chiuso, e un’idea semplice ma destabilizzante: due complottisti convinti di aver rapito un’aliena decisa a distruggere la Terra.

Dalle origini al riconoscimento internazionale

Nato ad Atene nel 1973, Yorgos Lanthimos ha attraversato la cosiddetta Greek Weird Wave, il movimento che ha ridefinito il cinema greco dei primi anni Duemila, prima di imporsi come uno degli autori più influenti del panorama mondiale.
Si è formato tra danza teatrale e videoarte, e questa doppia radice (il corpo e l’immagine) si ritrova ancora oggi in ogni suo film.
Dopo aver diretto spot pubblicitari, videoclip e segmenti per compagnie di danza, debutta con Kinetta (2005), un racconto astratto e silenzioso che anticipa già i temi della sua poetica: isolamento, rituali, linguaggio come prigione.

La vera svolta arriva con Dogtooth (2009), la storia di tre ragazzi cresciuti in reclusione da genitori ossessivi.
Quel film, vincitore della sezione Un Certain Regard a Cannes e candidato all’Oscar come miglior film straniero, definisce per la prima volta l’idea di “mondo Lanthimos”: uno spazio apparentemente normale dove ogni regola è falsata, e dove i rapporti di potere rivelano tutta la loro violenza.

Dopo Dogtooth, Lanthimos lascia la scena greca e apre una nuova fase della sua carriera, lavorando in lingua inglese e con produzioni internazionali.
Con The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017) esplora il controllo dei sentimenti e la colpa, mentre con La favorita (2018) adatta la sua visione a un film storico in costume.

Lanthimos non racconta mai storie realistiche (nel senso lato del termine): costruisce universi paralleli dove il comportamento umano appare come osservato in un esperimento.
Ogni suo film è una riflessione sull’essere umano come creatura sociale e manipolabile: una visione che, nel tempo, lo ha reso il più lucido erede dell’assurdo europeo, accostato spesso a Buñuel e Haneke ma con una voce tutta sua.

Il progetto Bugonia

Con Bugonia, Yorgos Lanthimos torna a un racconto più concentrato e simbolico, dopo le strutture complesse e visivamente monumentali dei suoi ultimi film.
La sceneggiatura, firmata da Will Tracy, prende spunto dalla commedia fantascientifica sudcoreana Save the Green Planet! (2003), trasformandola in un thriller psicologico che riflette le ansie del presente.

“L’ho letta molto velocemente. Era divertente. Era complessa. Sembrava molto attuale. Era contemporanea.”

Così il regista racconta il suo primo incontro con la storia: un testo che, fin da subito, ha riconosciuto come perfetto per parlare di un tempo, il nostro, caratterizzato da paura, disinformazione e del bisogno ossessivo di dare un senso a tutto.

“Nel mondo di oggi, le persone vivono in bolle che sono state esaltate dalla tecnologia… Volevo mettere in discussione le convinzioni dello spettatore su ciò di cui abbiamo molta certezza… È una riflessione molto interessante sulla nostra società e sui conflitti del mondo contemporaneo.”

In Bugonia, due giovani complottisti rapiscono Michelle (Emma Stone), una CEO convinti che sia un’aliena intenzionata a distruggere la Terra.
La rinchiudono in un seminterrato e, in quello spazio sospeso, comincia un confronto che alterna grottesco e tragedia, comicità e paranoia, fino a mettere in crisi ogni certezza su chi sia davvero “l’altro”.

La coppia Stone–Plemons

Al centro di Bugonia ritroviamo Emma Stone e Jesse Plemons, già insieme in Kinds of Kindness.
Per la Stone è la quinta collaborazione con Yorgos Lanthimos, dopo La favorita, Povere creature! e Kinds of Kindness. In pochi anni l’attrice e il regista hanno costruito un linguaggio comune, fatto di fiducia assoluta e libertà creativa.

“Abbiamo un ottimo rapporto di lavoro, e la troupe e alcuni membri del cast sono spesso gli stessi: sembra una situazione familiare in cui si realizzano cose piuttosto impegnative, ma in un modo che trasmette sicurezza, benessere e coesione.”

In Bugonia, Emma Stone interpreta Michelle, una donna di potere costretta a confrontarsi con la propria vulnerabilità. Accanto a lei, Jesse Plemons interpreta Teddy, il complottista che guida il rapimento e diventa il motore della paranoia del film.  Per Lanthimos, la sua presenza è stata decisiva:

“È uno dei più grandi attori della sua generazione… Apporta una complessità che è difficile da mettere semplicemente sulla pagina di una sceneggiatura.”

Stone e Plemons incarnano due poli opposti dello stesso mondo: il potere e la paura, il controllo e la follia. Insieme, danno al film la tensione emotiva che lo attraversa dal primo all’ultimo minuto.

Il cinema come esperienza collettiva

Lanthimos ha più volte ribadito quanto per lui il cinema debba restare un’esperienza condivisa.

“La maggior parte dei film dovrebbe esser vista al cinema, con altre persone. È un’esperienza collettiva… È semplicemente un’esperienza completa e drammatica, sia nella sua ilarità che nel suo orrore, che può essere vissuta appieno solo al cinema.”

Una dichiarazione che vale anche come manifesto: il suo cinema vive di reazioni, di risate nervose e silenzi condivisi.
E Bugonia sembra costruito apposta per questo: per farci ridere, dubitare e forse riconoscerci in ciò che vediamo.

Dopo l’immaginazione travolgente di Povere creature! e la coralità di Kinds of Kindness, Bugonia appare come un ritorno all’essenza del suo sguardo.
Meno barocco, più intimo; più vicino al primo Lanthimos, ma con la maturità di chi ha imparato a spingersi oltre i confini del genere.

Con questo film, il regista chiude idealmente un cerchio: dal laboratorio di Dogtooth al seminterrato di Bugonia, la domanda è sempre la stessa: cosa succede quando la realtà non basta più a spiegarci il mondo?

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