Nulla da fare per & Sons, il melodramma di Pablo Trapero che si portava dietro un cast non da nulla e un romanzo di successo di un autore noto, ma che alla fine si rivela essere una delle più cocenti delusioni di questa Festa del Cinema 2025. E dire che tra cast e nomi coinvolti c’erano tante aspettative, tutte purtroppo deluse in modo tellurico.
& Sons doveva segnare un salto di qualità in questa 20a edizione della Festa del Cinema. Ma alla fine, il melodramma di Trapero si rivela un castello di sabbia, uno di quei film che si aggrappa disperatamente alla bravura degli interpreti per nascondere una sterilità di scrittura e di visione tanto lampante, quanto malinconica. Tratto dal romanzo di Davidi Gilbert, & Sons ci introduce alla figura di Andrew Dyer (Bill Nighy), uno scrittore e che scrittore. I suoi romanzi sono letti da decenni in tutto il mondo, è stato Premio Nobel per la Letteratura, il cinema li ha trasportati sul grande schermo innumerevoli volte. Ma a fronte di tanto successo, si è accompagnata una vita familiare terribile e una misantropia che ora, anziano, lo vede vivere da recluso nella sua magione. Qui, senza sostanzialmente mai lasciare il suo studio, trasandato, sporco e alcolizzato, viene accudito dalla governante Gerde (Anna Geislerová) e dal suo terzo figlio, il giovane Andy (Noah Jupe).
Andy studia ad Eton, sopporta sempre meno il padre, ormai incontrollabile e naufrago della sua esistenza. Non è nato dal primo matrimonio del padre, ma da una relazione extraconiugale di questi, che ha dovuto poi divorziare dalla moglie Isabel (Imelda Staunton), e sostanzialmente pure rompere con i due figli maggiori: Jamie (George McKay) e Richard (Johnny Flynn). Ora però li convoca con una notizia sconvolgente: Andy, che non hanno mai conosciuto in tutti quegli anni, non è loro fratello, è un suo clone. La cosa vedrebbe coinvolta una associazione segreta di scienziati, con il compito di preservare il genio dell’umanità. Ma davvero è così? Oppure quel vecchio matto se n’è inventata un’altra delle sue? & Sons attorno a questo dubbio cerca di costruire un labirinto di misteri, confessioni, nevrosi e crisi esistenziali, ma la realtà è che manca completamente una capacità di andare oltre la superficie, oltre la fonte originale. Un problema enorme, e che rende l’insieme fin dall’inizio difficile, opprimente e privo della capacità di farci empatizzare con ogni, singolo personaggio qui presente.
& Sons mette al centro ovviamente il tema della paternità e quello dell’identità. Il carico da 90 però è sulle spalle di lui, di Billy Nighy, alfiere della settima arte di sua maestà. Il paradosso? La sua è un’interpretazione magnifica, vibrante, potentissima, ci dona un uomo spezzato, depresso, assediato da un male di vivere quasi insopportabile. Non c’è genio in lui, c’è solo la sofferenza di un uomo che non sa più come vivere con sé stesso, con un senso di colpa allucinante, con la certezza di essere stato sì uno scrittore di successo, ma prima un padre osceno e un marito assente. & Sons però non fa altro che girare attorno a tutto questo per due ore, non dà alcun modo alla Staunton, a McKay, Flynn, di poterci offrire qualcosa di più di una figura stilizzata, di personaggi privi di una loro autonomia ed identità. Si perché tutto gira attorno alla clonazione (vera o meno) del giovane Andy, alla loro incapacità di perdonare il padre, alla terribile prospettiva che non si sia inventato quella storia assurda su cloni e società segrete.
La regia di Trapero non è nulla di sconvolgente o particolarmente illuminato, anzi spreca più di un’occasione per andare oltre il didascalico e l’ovvio. Ma è la sceneggiatura di Sarah Polley, teoricamente una certezza, la delusione più cocente. In passato la sua capacità di adattare romanzi al grande schermo ci aveva regalato delle belle soddisfazioni, qui la sensazione è che manchi sempre qualcosa, che non ci sia altro che un susseguirsi di dialoghi e piagnistei che non portano a nessuna vera svolta o un minimo di imprevedibilità. Anche la Staunton il suo lo fa, come sempre, i momenti migliori sono quelli di lei e Nighy assieme, un altissimo momento di cinema a due, ma non può bastare a soddisfare le premesse, a salvare un tedio che si fa sempre più sistematico di minuto in minuto. & Sons spreca tutto ciò che si può sprecare, non ci parla bene né della megalomania e individualismo tossico, né dei sentimenti con cui superarli, è una gigantesca occasione persa. Peccato.
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