Cinema

Lui è tornato 10 anni fa ci ha predetto il futuro, ma non l’abbiamo ascoltato

L’8 ottobre del 2015 usciva nelle sale il film di David Wnendt, una geniale satira sul ritorno in voga del fascismo.

Pubblicato il 08 ottobre 2025 di Giulio Zoppello

Lui è tornato è uno di quei film che quando li riguardi, ti rendi conto di aver valutato con troppa leggerezza o con un eccesso di incredulità. Tratta dal bestseller di Timur Vermes, questa acuta, profetica e cinica opera di satira politica è a oggi uno dei film che più hanno saputo prevedere il ritorno dalla porta principale dell’estrema destra neofascista, la sua capacità di sedurre le masse, la nostra vulnerabilità.

HITLER NELLA BERLINO DEL XXI SECOLO

Lui è tornato, 10 anni dopo, rimane un film unico, incredibile, nella sua capacità di unire satira politica, commedia e film civile, in una costruzione tanto ambigua e inquietante, quanto illuminante e veritiera. Ci avessero detto un giorno che un regista tedesco avrebbe fatto un film su Adolf Hitler che si sveglia nel XXI secolo e comincia pian piano a fare quello che aveva fatto nella Germania disastrata post primo conflitto mondiale, gli avremmo dato del pazzo. E invece, esattamente 10 anni fa, David Wnedt ci prende per mano e ci porta dentro questa specie di teatro dell’assurdo, illuminato da una fotografia freddissima, al servizio di un bravissimo Oliver Masucci, nei panni di lui, del caporale boemo che terrorizzò il mondo.

Una specie di portale spazio temporale lo ha fatto finire nella Germania dei nostri giorni, nel 2014. All’inizio nessuno lo prende sul serio, tutti pensano sia uno straordinario attore, incredibilmente somigliante all’originale, una sorta di decostruzione di un incubo e una responsabilità collettiva. Incrocia sulla sua strada Fabian Sawatzki (Fabian Busch), un regista un po’ sfigato, che grazie a lui intravede una rivalsa. E già da questo elemento Lui è tornato ci fa comprendere l’essenza stessa del fascismo populista, la sua capacità di promettere mari e monti alle persone più in difficoltà, ma spesso anche ai mediocri, ai pigri, a quelli che si sentono in credito verso la vita per non si è capito quale ragione.

In breve, Adolf diventa una star televisiva, ma pian piano si palesa in lui un elemento inquietante di capacità di seduzione delle folle, dell’opinione pubblica. Quando però cede ai suoi naturali istinti crudeli, alla sua mancanza di empatia e instabilità, viene relegato in un angolo, per poi tornare (come nel più classico mood hitleriano) come protagonista di un film. Lui è tornato punta il dito contro i media, che in nome della visibilità, del successo e dello share, manderebbero in onda chiunque, senza chiedersi se sia il caso. Tutto questo in un cortocircuito spazio-temporale ma anche morale, storico e culturale, nel parlarci del perché, e Vermes lo aveva capito, il fascismo sarebbe tornato di moda, a governare le nostre vite e i nostri incubi.

Lui_è_tornato

IL MALE TORNA DOVE È NATO, E DOVE SA CHE LO ASPETTANO

Masucci è meraviglioso, un mattatore unico, al servizio di un film con molte scene improvvisate, passanti che ignari non capivano che ci facesse un Hitler con telecamere al seguito. Acuto, privo di ogni freno ma anche capace di una grandissima operazione di recupero della memoria, cita persino la meravigliosa performance di Bruno Ganz ne La caduta, forse la più grande del cinema del XXI secolo, una parodia di una rievocazione di una realtà. E in questa specie di gioco di specchi, Lui è tornato sa trovare l’essenza del suo scopo: ricordarci che, bene o male, è vero che la Germania ha fatto i conti con il suo passato, ma è anche vero che come tutti gli uomini, anche i tedeschi sono maledetti dall’oblio, a dispetto di quella sequenza meravigliosa, la nonna della fidanzata di Fabian, sopravvissuta ai lager che lo riconosce, lo caccia di casa.

È esattamente quello che avremmo dovuto fare in tutti in questi anni, invece abbiamo continuato, inevitabilmente, ad accettarlo, a tollerare aspiranti Adolf tra di noi e i suoi adepti. Hitler, del resto, nel film si rende conto delle potenzialità dei social media, della televisione e di quanto le problematiche sociali siano naturalmente un appiglio straordinario per la sua volontà di tornare in gara. Lui è tornato avrà un grandissimo successo, l’Academy imbarazzata non lo ammetterà nella lista dei migliori film stranieri, l’Italia produrrà un discreto remake con un bravissimo Massimo Popolizio nei panni di Mussolini e il risultato sarà forse anche molto più inquietante di quanto ottenuto da Wnedt, nel constatare la simpatia che il fu duce ancora oggi riscuote.

Lui è tornato dopo 10 anni rimane una profezia che non avremmo mai pensato si potesse realizzare. Un film sull’origine del male, che dopo più di un secolo non siamo ancora riusciti a distruggere, sul come riesca soprattutto a prevalere nel momento in cui la democrazia, la sua classe politica e dirigenziale, non riesce più a proteggere la popolazione da sé stessa. Questo film in questo 2025 purtroppo ha cessato di essere opera di mera fantasia: la realtà ci dice che in molti paesi, le idee di Hitler, o meglio dei suoi seguaci dichiarati o meno, hanno cessato di essere venire condannate. Il cinema spesso anticipa la realtà, ma questa, ovviamente, ce la saremmo voluta risparmiare e tenerla dentro un film, per riderne.

 

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