RoboCop 2 di Irvin Kershner esce 35 anni fa, raccoglie recensioni meno entusiaste rispetto al primo capitolo, è un mezzo flop al botteghino. Fu indicato come una furbata poco riuscita, ma forse invece non è stato così, forse questo è uno dei sequel più sottovalutati del genere fantascientifico. Questo film fu capace di proporre metafore politiche e sociali incredibilmente argute, il tutto con un impatto estetico che ha resistito il tempo in modo mirabile.
Un sequel che punta il dito contro la società americana
È vero, RoboCop 2 nasce dalla volontà della Orion di sfruttare un successo stratosferico che aveva fatto del primo film di Paul Verhoeven, un punto di svolta assoluto nella concezione cinematografica del nostro futuro. Quel film ebbe un impatto anche a livello di merchandising importantissimo, donandoci una visione del futuro molto più articolata, ambigua e affascinante, coerente con l’irriverenza di Verhoeven. Il regista vi aveva stabilito uno standard fatto di un black humor magnifico, violenza a pacchi, e la descrizione di un mondo dominato da un capitalismo tanto brutale, quanto, possiamo dirlo nel 2025, tristemente profetico. Edward Neumeier e Michael Miner cercarono di proporre qualcosa di coerente per il sequel, ma fu solo con la comparsa in scena di Frank Miller e Walon Green che RoboCop 2 trovò la sua nuova, vera identità. Il fu agente Murphy (Peter Weller), da tempo Cyborg di sicurezza corazzato, se la deve vedere con il boss Cain (Tom Noonan), folle e sadico boss con aspirazioni da guru.
Detroit è un campo di battaglia, è una novella Sin City che ben rappresenta la realtà urbana degradata degli Stati Uniti di allora, con il narcotraffico dei cocaine cowboys, le minoranze angariate, la microcriminalità che regna. La famigerata OCP del Vecchio (Dan O’Herlihy) si muove in modo spietato, chirurgico, tra speculazione edilizia ed eversione vera e propria. RoboCop 2 ha un sindaco ridicolo, grottesco, incapace, a cui ben dona la l’ottima performance del simpaticissimo Willard Pugh. In questo scenario anarchico e spaventoso, RoboCop 2 diventa giocoforza una sorta di testamento del ciò che sono stati gli anni ‘80 reaganiani, anche grazie al personaggio di Juliette Fax (Belinda Bauer), donna in carriera spietata e arrivista, la demolizione totale della seconda ondata femminista che avvenne in quel periodo. Poi c’è la droga. La Nuke, a guardare questo 2025 con il fentanyl, è testimonia la sistematicità del fenomeno dei narcotici, il suo ripetersi in eterno rinnovandosi. Il tutto in un film che è un’analisi perfetta sulla paura come strumento di controllo sociale, raccogliendo il testimone del primo capitolo, portandolo verso lidi anche più estremi.
RoboCop 2 ha dalla sua degli straordinari effetti speciali in passo a uno creati da quel genio di Phil Tippett, e un world building che si evolve in modo mirabile. Fatto ancora più interessante, il film ci mostra senza problemi anche la criminalità giovanile. Forse il personaggio più interessante di tutto il film è il giovane Hob (Gabriel Damon), gangster adolescente, sorta di omaggio a Dickens, un personaggio ambiguo, intrigante, carismatico, sia vittima che carnefice del suo triste destino. Kershner crea un’analisi della violenza americana come strutturale a un sistema classista, spietatamente materialista, a una continua guerra tra poveri, tra emarginati. La OCP rappresenta il vero, supremo villain, è un parassita che si basa sul Dio denaro e la povertà altrui. Tanto peggio vanno le cose per gli abitanti, tanto meglio andranno per la OCP, motivo per cui Robocop alla fine, quando viene messo momentaneamente fuori gioco da Cain, subisce una sorta di lavaggio del cervello per trasformarlo in un boy-scout. Uno degli elementi che porteranno parte della critica ad accusare il film di essere una distorsione reazionaria.
Ma la realtà, è che il film ci parla della fine dello Stato sociale, della dittatura dei grandi gruppi industriali che si sostituiscono ai principi democratici, con un secondo RoboCop, il RoboCain, che ci parla anche della continua corsa agli armamenti come simbolo del turbocapitalismo impazzito che domina. Con scene d’azione urbana semplicemente incredibili, una violenza sinistra e realistica, RoboCop 2 diventa anche un buddy cop movie diverso dagli altri. Muprhy e la collega Anne (Nancy Allen), una delle eroine cinematografiche più sottovalutate, riscrivono pure il rapporto tra i sessi sul grande schermo. Poi c’è la battaglia finale, spettacolare, sanguinosissima, contro il RoboCain, ma sempre però con quegli innesti di black humor, quelle battute fulminanti, quella cattiveria cinica e divertita con cui osservare il mondo, l’America del futuro priva di speranza. Le forza di polizia che sono in realtà diventate forze militari, non esiste nessuna indagine, nessun detective, esistono solo il piombo e i bossoli. Flop al botteghino, critica perplessa, che non afferra la profondità del messaggio, o forse un film feroce, satirico, così antiamericano nell’animo, non poteva avere il successo che avrebbe meritato.
Siamo tutti alieni: per qualcun altro, e a volte pure per noi stessi.
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