Cinema

Lo Squalo compie 50 anni: come il film di Spielberg ha cambiato per sempre il cinema

Cinquant'anni fa usciva nelle sale Lo Squalo di Steven Spielberg: un film rivoluzionario che ha riscritto le regole del cinema, inventando il concetto di blockbuster estivo e terrorizzando generazioni di spettatori con la forza della suggestione.

Pubblicato il 20 giugno 2025 di Filippo Magnifico

Era l’estate del 1975.
Bastavano due note – due sole note – per farti guardare il mare con occhi diversi. Steven Spielberg aveva solo 28 anni e stava per cambiare per sempre la storia del cinema.
Cinquant’anni dopo, Lo Squalo è ancora lì, vivo, potente, e soprattutto… terrificante. Quel film non è solo un classico: è il punto di svolta che ha dato il via all’idea stessa di “film evento”, un momento in cui l’horror incontra il grande pubblico e lo ipnotizza con qualcosa di profondamente primitivo: la paura dell’ignoto.

Un romanzo, uno squalo e un giovane regista

Tutto comincia con un romanzo, Jaws, pubblicato da Peter Benchley nel 1974. La Universal compra subito i diritti e affida la regia a un giovane Spielberg, fresco del successo televisivo di Duel. Le riprese, effettuate nell’isola di Martha’s Vineyard, si trasformano in un incubo logistico. Il celebre squalo meccanico (ribattezzato Bruce) si rompe di continuo, le riprese in mare aperto sono un incubo tecnico, il budget sfugge di mano, la tensione sul set è palpabile.

Eppure, proprio da queste difficoltà nasce la trovata più efficace del film: mostrare lo squalo il meno possibile. Spielberg capisce che ciò che non si vede può fare molta più paura di ciò che viene mostrato in maniera esplicita. Invece di svelare subito il mostro, lascia che il pubblico lo immagini. La tensione cresce man mano che si avverte la sua presenza, ma senza vederlo. Ogni piccolo segnale – un’ombra sott’acqua, una pinna che emerge, una musica minacciosa – accende l’ansia. È l’attesa stessa a diventare spaventosa. Il terrore nasce dall’invisibile, dall’incertezza, dall’idea che il pericolo possa colpire in qualsiasi momento.

Così, quello che doveva essere un semplice film su uno squalo assassino si trasforma in un capolavoro di suspense psicologica, capace di tenere lo spettatore inchiodato alla sedia senza bisogno di mostrare troppo. Spielberg trasforma un limite tecnico in una scelta stilistica che fa la storia del cinema.

La musica della paura

La musica di John Williams è il collante perfetto. Bastano due semplici note, suonate su un intervallo di semitono e ripetute in crescendo, per evocare un senso di pericolo imminente. Questo motivo musicale, che accelera come un battito cardiaco preso dal panico, si imprime nella memoria dello spettatore e diventa immediatamente riconoscibile.

Spielberg capisce che la musica può evocare una tensione che le immagini, da sole, non riescono a sostenere. È una scelta innovativa: la colonna sonora non serve più solo a creare atmosfera, ma diventa una vera e propria guida emotiva. Lo spettatore impara a collegare quelle due note all’arrivo dello squalo, anche quando non si vede nulla sullo schermo. Il suono anticipa l’azione e genera paura in modo autonomo.

In questo modo, la minaccia diventa mentale prima che visiva: ogni volta che la musica parte, il pubblico immagina subito l’attacco, anche se non accade nulla. È un uso magistrale del non detto e del non mostrato. Il cinema, qui, diventa arte dell’immaginazione: è la mente dello spettatore a costruire l’orrore, guidata solo da poche note e da un ritmo che sa esattamente quando colpire.

La nascita del blockbuster

Il 20 giugno 1975, Lo Squalo arriva nei cinema americani. Per la prima volta un film viene lanciato su scala nazionale in estate, con una campagna marketing pianificata nei minimi dettagli. Spot televisivi, affissioni, merchandising: tutto converge per trasformare l’uscita in un evento. In un’epoca in cui i film venivano distribuiti lentamente, espandendosi da città a città, Spielberg e la Universal cambiano le regole. Il successo è immediato, impressionante: è il primo film a superare i 100 milioni di dollari al box office, aprendo la strada al concetto stesso di “blockbuster estivo”. Da quel momento, Hollywood non guarderà più indietro.

Un’eredità lunga mezzo secolo

Ma il vero lascito de Lo squalo va oltre il successo al botteghino. Questo film ha cambiato per sempre il modo di costruire la tensione, il ritmo narrativo e l’uso degli spazi vuoti o silenziosi per generare suspense. Registi come Quentin Tarantino, Christopher Nolan e M. Night Shyamalan lo hanno citato come fonte d’ispirazione: hanno studiato la precisione con cui Spielberg ha dosato ogni scena, l’alternanza di calma e improvvisa minaccia, il modo in cui lo sguardo dello spettatore viene guidato senza bisogno di spiegazioni.

Uno degli esempi più emblematici è il celebre monologo del personaggio di Quint, in cui racconta il tragico affondamento della USS Indianapolis, un evento realmente accaduto durante la Seconda guerra mondiale. In quella scena non c’è azione, solo parole, ma la tensione è altissima. L’attore Robert Shaw, nonostante problemi personali e una lavorazione complessa, è riuscito a trasformare quel momento in uno dei vertici recitativi della storia del cinema.

Il film che ha cambiato la paura

Nel corso degli anni, Lo squalo è stato omaggiato, parodiato, imitato. Sono stati realizzati tre sequel ufficiali, nessuno dei quali è riuscito ad avvicinarsi anche lontanamente alla forza dell’originale. Dalle profondità dell’immaginario cinematografico sono emersi centinaia di cloni, più o meno espliciti, che hanno cercato di replicarne la formula.

Eppure, il capolavoro del 1975 è rimasto ineguagliato. Non perché fosse solo un film sul terrore che si nasconde in mare aperto, ma perché raccontava qualcosa di più profondo: la lotta dell’uomo contro una natura indifferente e minacciosa, la paura che si diffonde in una comunità, il peso delle scelte individuali di fronte al pericolo.

Era, ed è ancora, cinema allo stato puro, capace di unire istinto e ragione, tensione fisica e riflessione emotiva con una potenza visiva e narrativa che continua a parlare al pubblico di ogni generazione.

Lo Squalo non ha solo insegnato a Hollywood come si crea un successo. Ha mostrato quanto possa essere potente l’immaginazione visiva e sonora, come un limite produttivo possa trasformarsi in virtù narrativa.
Cinquant’anni dopo, resta un’opera viva, studiata e amata, un simbolo di come il cinema possa toccare corde universali e riscrivere le regole del gioco.
E ogni volta che entriamo in acqua, da qualche parte, quelle due note tornano a suonare.

Tag: lo squalo

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