Recensioni roberto recchioni SerieTV
Alla fine del terzo episodio, avevamo lasciato Ellie e Dina alle soglie di Seattle, impegnate nella caccia ai soldati della WLF, colpevoli di aver ucciso Joel. Le ritroviamo qui, in apertura, in un momento visivamente identico a quello del videogioco. L’episodio si sviluppa raccontandoci il primo giorno che le due ragazze passano nella città che ha dato i natali alla musica grunge, approfondendo il loro rapporto e mostrandoci come si sta sviluppando.
In parallelo, viene introdotto Isaac (interpretato da Jeffrey Wright), che vediamo tanto nel suo presente di leader del Washington Liberation Front, quanto nel suo passato, in un flashback piuttosto ben costruito che ci racconta come l’uomo abbia cambiato casacca, tradendo la Fedra, il dittatoriale esercito governativo che abbiamo imparato a conoscere nella prima stagione, in favore dei ribelli. La storia di Isaac trova poi un’eco nelle parole di un Serafita (un gruppo organizzato di religiosi estremisti con il vizio di sbudellare la gente e appenderla), che proprio Isaac sta torturando per ottenere informazioni, e ci mostra con chiarezza come, nel mondo di The Last of Us, basti veramente poco per passare dal ruolo di vittima a quello di carnefice, e come nessuno abbia davvero ragione o torto.
A chiudere, una scena d’azione nei tunnel della metro, che riprende in maniera molto fedele (sia nelle dinamiche che nella messa in scena) un momento analogo del videogame, e poi, ancora Ellie e Dina in un lungo momento di tensione, chiarimenti e (finalmente) amore.
Dello scorso episodio avevo detto che si trattava di una storia di transizione, volta a far sedimentare la morte di Joel nel cuore dei personaggi (e degli spettatori), far respirare il racconto e a costruire un impianto emozionale solido, prima di rimetterci sulla strada. Questo episodio, invece, ha come scopo quello di costruire un nuovo setting, illustrarci con chiarezza le forze in campo, la loro storia, le loro ragioni, i loro torti e, nel frattempo, introdurre un nuovo personaggio, mentre si portano avanti le vicende di quelli già noti.
Riesce anche, e non era facile, a far emergere un tema complesso come quello della WLF, che, da organizzazione ribelle e “nel giusto” (per quanto si possa essere “giusti” nel mondo di TLOU) in lotta contro gli oppressori della Fedra, diventa a sua volta una forza di oppressione, del tutto simile al mostro che aveva combattuto.
È un buon episodio? Lo è, senza alcun dubbio. Costruisce benissimo il nuovo spazio scenico, trasmette moltissime informazioni senza mai essere didascalico e senza sacrificare l’azione e il dinamismo, approfondisce i personaggi e ne presenta di nuovi, conferendo loro subito corpo e peso. Fa succedere molte cose e lo fa con grande equilibrio complessivo.
In più, cosa che non guasta, fa uggiolare di gioia chi ha giocato al videogame per la certosina ricostruzione di alcuni momenti e di certi scenari. È, insomma, un gran pezzo di televisione, nobilitato (vale sempre la pena ricordarlo) da splendide interpretazioni e da una colonna sonora meravigliosa.
Ma allora, se è una puntata così buona, perché non sembro contento? Perché è il quarto episodio dei sette complessivi che compongono questa stagione. Siamo, cioè, oltre la metà della stagione e la storia, sostanzialmente, comincia davvero solo adesso.
C’era un modo per sintetizzare ulteriormente la vicenda raccontata fino a questo punto? No. Anzi, per molti versi si è già sacrificato troppo rispetto al videogame, e non si poteva arrivare a questo punto andando ancora più in fretta di quanto si è fatto. Ma si poteva (anzi, si doveva) prevedere qualche episodio in più, perché sette (e ve lo dico avendoli già visti tutti) sono davvero troppo pochi per raccontare tutto quello che questa stagione doveva raccontare (cioè il primo dei tre atti della storia del videogame).
Il mio scorno è uno “postumo”: nasce cioè dal sapere cosa verrà poi, e dalla consapevolezza di cosa verrà tagliato, omesso, sintetizzato nelle prossime puntate (in particolare nella quinta) per far stare tutto in uno spazio narrativo così insensatamente ristretto.
Ammetto però che questo fastidio ha poco a che fare con la qualità dell’episodio che, lo ripeto, è ottima, e ci ricorda perché amiamo tanto il mondo di TLOU.
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