Cinema

Quella di Wes Anderson è una famiglia cinematografica di cui vorremmo tutti far parte

Nel nuovo film La trama fenicia, Wes Anderson riunisce (di nuovo) un cast titanico. Ma non è una questione di nomi: è questione di volti, di affinità. Di famiglia.

Pubblicato il 19 maggio 2025 di Filippo Magnifico

C’è qualcosa di meravigliosamente prevedibile nell’uscita di un nuovo film di Wes Anderson.
Non solo per lo stile visivo  (quello ormai lo riconosci anche se stai guardando distrattamente un reel) ma per quella sensazione familiare che si prova quando iniziano a scorrere i volti sullo schermo.

Perché sì, ci sono sempre delle new entry. Ma il cuore del cast è quasi sempre lo stesso. Come se ogni film non fosse solo una nuova storia, ma una nuova riunione di famiglia.

Non è una compagnia teatrale, non è una squadra, non è un gruppo pensato da un algoritmo. È proprio una famiglia cinematografica, e si sente. Quella di Anderson è fatta di legami, affinità creative, fiducia reciproca. Di attori che capiscono alla perfezione la grammatica visiva e narrativa del suo mondo  e la abitano con naturalezza, come se ci vivessero da sempre.

In un’industria che spesso sceglie i cast con criteri imperscrutabili, dove il “nome forte” vale più del volto giusto, Anderson fa l’opposto: chiama solo chi sa parlare la sua lingua. Non importa se è una star planetaria o un attore di nicchia: conta solo se può far parte di quel mondo. Il suo mondo.

Ecco perché La trama fenicia, il nuovo film in arrivo il 28 maggio, è l’occasione perfetta per tornare a parlare della vera forza silenziosa del suo cinema: il suo cast. O meglio: la sua gente.

Una grande famiglia (non algoritmica)

Nessuna rincorsa al nome in copertina, nessuna compilation da red carpet: i cast di Anderson sono enormi, sì, ma non casuali.
Funzionano perché ogni volto è scelto con cura, non con calcolo. E il risultato è una coralità sincera, mai artificiale.

Ne La trama fenicia troviamo Benicio del Toro nei panni di Zsa-zsa Korda, uno degli uomini più ricchi d’Europa; Mia Threapleton nel ruolo di sua figlia, Suor Liesl; e Michael Cera, nei panni di Bjorn, il loro tutore.
Una combinazione che già sulla carta suona perfettamente andersoniana.

Accanto a loro, un gruppo di interpreti che definire “stellare” è riduttivo: Riz Ahmed, Tom Hanks, Bryan Cranston, Mathieu Amalric, Richard Ayoade, Jeffrey Wright, Scarlett Johansson, Benedict Cumberbatch, Rupert Friend, Hope Davis. Un cast imponente, ma che non perde mai l’equilibrio.

Quello che colpisce è l’armonia. Nessun nome è lì per moda o per attrazione mediatica: ognuno ha il volto giusto, il tono giusto, la sensibilità giusta. Perché il mondo di Anderson non ammette forzature: o lo capisci, o non funziona.

Attori o “complici”?

Nel cinema di Anderson, gli attori non sono strumenti. Sono interpreti nel senso più nobile del termine: leggono una partitura precisa e la trasformano in emozione.
Non improvvisano, ma neanche si limitano a eseguire. Si muovono dentro i confini del suo mondo con grazia, rispettando le regole senza perdere spontaneità.

È una questione di intesa profonda. Quella che si costruisce solo nel tempo, con fiducia, con ascolto.
Ogni battuta è una nota, ogni pausa è coreografia. E quando funziona, lo spettatore lo sente: sente che lì, sullo schermo, tutti stanno suonando lo stesso spartito.

Del resto, quando fai un film… chi chiameresti, se non le persone che ami?
Fare cinema, per Wes Anderson, è anche un gesto affettivo. Una dichiarazione di stima e di appartenenza.
Chiama chi ama. Chi stima. Chi ha già dimostrato di saper entrare nei suoi mondi senza stravolgerli. E se sono tra i migliori attori del pianeta, tanto meglio.

Niente nostalgia

Non è nostalgia. Non è routine. È fedeltà.
Alla sua visione, ma anche a un’idea di cinema che oggi suona quasi rivoluzionaria: quella in cui la coerenza conta più della sorpresa, e l’affinità conta più del marketing.

E allora sì, La trama fenicia sarà forse simile agli altri film di Wes Anderson.
Ci saranno le simmetrie, i movimenti lenti, le battute caratterizzate talvolta da un umorismo sopra le righe, quasi respingente.
Ma ci saranno anche loro. Quei volti. Quella famiglia. Quel mondo che, ogni volta, ci accoglie come se non fossimo mai andati via.

LEGGI ANCHE: Il mondo di Wes Anderson: simmetrie, malinconia e il comfort di un universo che non cambia mai (per fortuna)

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