C’è una presunta storia vera dietro tutti i tópoi sugli esorcismi, resi celebri nel 1973 dal capolavoro di William Friedkin. In effetti, quando Hollywood ha fame di soggetti riconoscibili, la soluzione è tornare alle radici del nostro immaginario: si racconta la vicenda “reale” (in questo caso le virgolette sono d’obbligo) alla base di un’opera famosa, riproponendone gli aspetti più familiari senza però scadere nel remake. L’intera operazione è così circondata da un’aura più prestigiosa, di ricostruzione storica, un po’ come ha fatto Ron Howard con Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick.
Anche L’esorcismo di Emma Schmidt tenta la medesima strada, e il marketing punta tutto sulla supposta veridicità dei fatti narrati. Intendiamoci, che un rituale sia stato praticato sull’eponima Emma Schmidt (per quanto la vera identità della ragazza non sia chiara) dovrebbe essere indubbio, ma tutto il resto è pura speculazione. Siamo nel 1928 a Earling, in Iowa, dove un convento francescano ospita la giovane Emma (Abigail Cowen), una ragazza che manifesta strani comportamenti da quando è morta sua madre. Poiché qualunque trattamento medico sembra inefficace, la Chiesa ritiene che Emma sia posseduta, e incarica l’anziano prete cappuccino Theophilus Riesinger (Al Pacino) di praticare un esorcismo. Padre Joseph Steiger (Dan Stevens), il parroco del convento, deve assisterlo nel rituale, documentando tutto quello che succede. Inizialmente scettico, Steiger viene messo a dura prova dalle azioni e dalle parole di Emma, come pure le suore del convento.
In effetti, la possessione della ragazza include tutto il campionario degli esorcismi cinematografici: xenoglossia, levitazione, telecinesi, aggressività, reazioni ferine, insofferenza verso l’acqua santa, voci dall’aldilà per confondere i presenti. Il film di David Midell (scritto con Enrico Natale) non fa nulla per rinnovare la formula, nascondendosi dietro l’origine stessa degli stereotipi; come a dire, li ripetiamo perché questa è la storia che li ha generati, le altre sono venute dopo. Fin troppo comodo, anche perché L’esorcismo di Emma Schmidt non prova nemmeno a mettere in discussione i cliché, ma preferisce dare tutto per scontato. Poteva essere una buona opportunità per indagare la vicenda e le sue radici antropologiche, ma la foga dell’intrattenimento ha avuto la meglio. Il risultato è indistinguibile da ogni altro horror sugli esorcismi (sottogenere dove peraltro i buoni film scarseggiano), e l’unica differenza è lo stile di ripresa pseudo-documentaristico: camera a mano, inquadrature mosse, fotografia “naturalistica”, il tutto per restituire un senso di realismo.
L’approccio è però fuori luogo, e anche un po’ compiaciuto nelle sue pretese intimiste. Gli stessi conflitti interiori di Steiger vengono soltanto accennati, come pure l’implicita attrazione fra lui e Sorella Rose (Ashley Greene), una delle suore che partecipano all’esorcismo: appena sembra inoltrarsi in territori interessanti, o un po’ più complessi dei semplici jump scare, il film ci ripensa e torna sulla sua strada. La propensione al puro intrattenimento trova conferma nella ricostruzione storica, poco curata e inverosimile, come si evince da un casting fin troppo “pulito”, soprattutto per le suore. Dan Stevens dal canto suo ci crede parecchio (è coinvolto come produttore), mentre Al Pacino funziona anche col pilota automatico nel ruolo dell’anziano frate cappuccino, accento tedesco compreso. Ma il film non problematizza niente, né si pone domande che possano minare lo “spettacolo”. Se il risultato è questo, meglio una storia d’invenzione.
Vi mostriamo in esclusiva una clip de L'amico fedele. Inoltre, un teaser di One Piece 2 per il TUDUM, le riprese di Voltron e altro ancora.
Il 27 maggio 2005 usciva in sala il primo film della saga, una buddy comedy agrodolce e grottesca unica nel suo genere.