Cinema

Johnny Mnemonic 30 anni dopo: un film che meritava più rispetto

Il 25 maggio 1995 usciva lo scifi cyberpunk di Robert Longo, una profezia distopica e pittoresca sul XXI secolo

Pubblicato il 26 maggio 2025 di Giulio Zoppello

Si fa presto a dire cult. Johnny Mnemonic è uno di quei titoli che hanno definito un genere, la fantascienza, strettamente legata al concetto di visione chirurgica di ciò che sarebbe stato. Basato sul romanzo di William Gibson, questo film è una vera perla visiva e concettuale, che purtroppo a suo tempo fu stroncato da pubblico e critica.

L’incredibile che dopo trent’anni diventa credibile

Doveva essere un b-movie di quelli scalcinati Johnny Mnemonic, ma il materiale di partenza piacque così tanto alla TriStar, che infine si arrivò 30 milioni di dollari e una star in piena ascesa come Keanu Reeves nei panni di lui, di Johnny Mnemonic. Anno 2021, Johny è un Ricordante, uno di quelli cioè che vengono usati come delle vere e proprie banche dati umane, un corriere per trasportare informazioni preziose e pericolose dentro il suo cervello, chirurgicamente modificato. Piccolo problema: il suo nuovo incarico riguarda un software rubato ad una Multinazionale, la Pharmakom, guidata dal pericoloso Takahashi (Takeshi Kitano), che si rivolge alla Yakuza per riaverle indietro. Altro problema: Johnny non ha abbastanza spazio libero sul disco rigido, per così dire, e allora sovraccarica il suo cervello, con conseguenze a dir poco terrificanti.

La sua fuga, assieme alla bella e pericolosa Jane (Dina Meyer), diventa l’incipit ad una strana Odissea dove violenza, distopia, elementi religiosi e anche black humor si uniscono in un calderone sicuramente confuso, a tratti sovrabbondante, ma che Robert Longo gestisce in realtà con grande coerenza. Ma più ancora, Johnny Mnemonic è stato il momento in cui il cyberpunk, da mero sottogenere a basso budget, tentò quel salto verso il pubblico mainstream, che poi si sarebbe concretizzato solo quattro anni dopo, sempre con Keanu Reeves protagonista. Avete ovviamente intuito che si parla di The Matrix delle Wachowksi, che non hanno mai nascosto quanto questo film abbia sicuramente contato molto, moltissimo nel world building e nella costruzione concettuale del mondo di Neo. Ci sarebbe anche Dark City di Proyas da chiamare in causa, altro film all’epoca non abbastanza considerato come meritava. Quel che è certo, è che 30 anni dopo la sua uscita in sala, Johnny Mnemonic merita un rispetto ben più alto e per certi versi inquietante, per come ha saputo predire molto del nostro attuale presente.

Un futuro che è un simbolo deforme del transumanesimo

Johnny Mnemonic ci mostra una realtà fatta di tecnocrazia, che ha trasfigurato anche le idee più radicali di Julian Huxley, il creatore del concetto di transumanesimo, l’idea che l’umanità possa diventare qualcosa di incredibilmente più potente con il diretto uso della tecnologia. Non ci sono limiti etici o morali nel mondo di Johnny, ma soprattutto chi comanda sono le grandi Multinazionali. Fateci caso, polizia ed istituzioni sono assenti, la Yakuza è la longa manus di un colosso, che maneggia in Intelligenza Artificiale e virus ed antidoti connessi alle nuove tecnologie. Pochi film riescono a far capire come questo, quanto progresso e avanzamento tecnologico non siano la stessa cosa. Le magnifiche scenografie di Nilo Rodis-Jamero, unite alla CGI per l’epoca davvero interessante, creano un mondo verticale, dove risplende quella controcultura, che ha sempre fatto rima con cyberpunk e di cui questo film ancora oggi è un simbolo inequivocabile.

Questo è un mondo classista, dittatoriale, in cui la stessa religiosità si è mutata in qualcosa di legato alla tecnologia, come testimoniato dal folle cyborg Karl Honig (Dulph Lundgreen), sorta di mix tra un Predicatore puritano e un Terminator. Ma Johnny Mnemonic grazie alla fotografia di François Protat, ai suoi personaggi, strizza l’occhio anche all’hard boiled, al noir europeo. Troppa grazia? Nello stesso anno esce anche Ghost in the Shell di Oshii, non può essere un caso, siamo infatti a metà del decennio più tecnologico di sempre, manca pochissimo a quel 2000 che in molti temono, senza un perché. Quei timori li rappresenta anche Johnny Mnemonic, non raffinato come Strange Days (quand’è che esce? Esatto nel 1995), non così rivoluzionario come The Matrix, però dotato nella sua squilibrata fantasia, di una capacità unica di mostrarci la verità sul nostro futuro. Un futuro dove non è la tecnologia il vero elemento centrale, ma la dittatura di un capitalismo, che non sa neppure redimersi all’ultimo come Takahashi e dove le AI non sono certamente il nobile spirito di una madre defunta.

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